07/03/2022
E’ ormai da molto tempo che ogni Ospedale di valle vive un proprio disagio, che ha come denominatore comune la scarsità di risorse che vengono stanziate per migliorare la situazione e la bassissima attenzione da parte della politica che oggi è al governo Trentino.
Gli investimenti strutturali sono ormai ridotti al lumicino e c’è uno scarso sviluppo dei programmi degli Ospedali di valle all’interno del modello organizzativo dell’Azienda Sanitaria dove si parla esclusivamente di ospedale policentrico senza entrare nel merito di ciò che comporterà avviare questo percorso.
Il grido di denuncia proviene ormai da ogni struttura ospedaliera, poiché ovunque ci sono delle carenze visibili e irrisolte, che sono emerse certamente anche a causa della pandemia ma che non sono state gestite e affrontate in tempo. Basti pensare alla difficoltà diffusa di trattenere il personale sanitario, che sempre più decide di lasciare la sanità pubblica per trovare lavoro fuori regione o nelle strutture private. Questo avviene per la scarsa capacità dell’Azienda sanitaria garantire una prospettiva e di rispondere alle esigenze del personale.
Una delle situazioni più critiche di tutta la sanità trentina riguarda l’Ospedale di Arco, che in campagna elettorale e nei primissimi mesi dall’insediamento dell’attuale Giunta stava particolarmente a cuore alla Assessora Segnana. Quest’ultima, dopo aver promesso che avrebbe fatto tutto il possibile per garantire la riapertura del punto nascita, non ha dato seguito a quanto detto pubblicamente, e addirittura non ha mai considerato né ha intenzione di prendere in considerazione questa ipotesi.
Le problematiche di questo nosocomio non si fermano tuttavia qui. E’ infatti bene mettere in evidenza che da mesi ormai ad Arco non esiste una “camera calda” per i pazienti che vengono trasferiti dall’ambulanza all’interno dell’ospedale. Questo disagio costringe gli operatori sanitari a trasferire i pazienti passando all’aria aperta, creando una situazione paradossale che non è accettabile per un sistema sanitario che ambisce ad essere un’eccellenza nel panorama nazionale ed europeo.
La camera calda infatti è importantissima, poiché ha una temperatura adeguata per il trasporto del paziente, è una zona protetta in caso di emergenza perché il personale può agire tempestivamente sul paziente in caso di emergenza in un ambiente più protetto e inoltre garantisce la privacy necessaria a chi ha bisogno di cure. Anche in questo caso non sono previsti interventi, peraltro chiesti con numerosi atti politici e a completare la beffa è stata anche rimossa la tenda provvisoria che era stata installata per limitare almeno il disagio che causano le intemperie di stagione.
Altra grave carenza ad Arco riguarda il servizio di psichiatria, il così detto SPDC, che fa parte insieme ad altri due dell’offerta provinciale. In questo servizio si gestiscono casi acuti di psichiatria, con persone che vengono seguite anche per problemi derivati dalla situazione pandemica data dal covid 19. L’SPDC di Arco versa in condizione critiche, sia perché non c’è addirittura la possibilità di garantire la divisione fra persone che vengono assistite mentre sono positive a covid19 da quelle negative, che per le carenze strutturali del servizio.
E’ necessario infatti, nei servizi di psichiatria di questo tipo, che gli operatori abbiano una struttura che li tuteli anche dal punto di vista della sicurezza, poiché può accadere che vi siano delle manifestazioni di violenza da parte dei pazienti psichiatrici . Gli operatori sono formati per gestire ogni evenienza ma è previsto dalla normativa che vi siano dei luoghi dedicati alla protezione del personale stesso che invece in questa struttura mancano completamente.
Uno dei sintomi più chiari della situazione in cui versa l’Ospedale di Arco è che sono moltissime le richieste da parte del personale di mobilità verso altri territori trentini, sono molti gli infortuni sul lavoro, le richieste di malattia da parte dei dipendenti e di periodi di aspettativa. Questo è un termometro importante che mostra chiaramente la presenza di un malessere da parte del personale per i problemi di tipo organizzativo che coinvolge trasversalmente moltissimi reparti.
I segnali d’allarme non sono mancati, poiché sono state segnalate tutte le carenze ai responsabili preposti e alla Giunta provinciale, ma a causa della scarsità di risorse anche il tentativo di arginare il problema da parte dei servizi infermieristici non possono andare a buon fine.
E’ chiaro che l’appello più importante va fatto all’assessora Segnana che è carente nel cercare di porre rimedio al problema.
L’unico segnale positivo sembra essere la volontà di creare all’interno della APSS una struttura semplice infermieristica dedicata alla gestione dei Servizi Psichiatrici che dovrebbero mettere in rete tutti i servizi che vengono offerti.