24/08/2021
Esattamente un secolo fa, l’11 agosto 1921, il Parlamento italiano approvò la legge n. 1075 concernente «la sepoltura in Roma, sull’Altare della Patria, della salma di un soldato ignoto caduto in guerra».
Nelle scorse settimane lo Stato Maggiore dell’Esercito ha inviato una nota a tutti i Comuni italiani in cui chiede la concessione della cittadinanza onoraria per il Milite Ignoto in occasione del centesimo anniversario dalla sua deposizione. L’iniziativa mira a raccogliere questo riconoscimento da parte di tutti i municipi italiani; anche se alcuni comuni hanno già fatto emergere i loro dubbi e molto probabilmente non procederanno con l’iter, facendo venir meno il senso dell’iniziativa.
Ma perchè dovrebbero esserci divisioni su un atto di questo tipo? Sicuramente a livello simbolico un soldato senza nome strappato dall’oblio della morte al fronte per essere portato a perenne memoria di tutti coloro che hanno subito la stessa sorte racchiude in sè una forza evocativa che dovrebbe accomunare tutti i morti dimenticati della prima guerra mondiale. E fra questi, in particolare, dovrebbero a pieno titolo esserci quelli trentini: quasi 12.000 soldati (sui 60.000 richiamati) la cui memoria è stata tramandata nell’intimità della famiglia in quanto non era consentito ricordarli né con monumenti, nè con momenti pubblici dato che erano “rei” di aver vestito l’uniforme sbagliata. Quella austro-ungarica.
E qui, probabilmente, sta il nodo del problema: non si può ignorare il fatto che proprio il milite ignoto sia stato, suo malgrado, per anni simbolo non di tutte quelle persone che ne hanno condiviso la sorte, ma di quel nazionalismo che stava alla base della retorica ammorbante che per tanto tempo ha contraddistinto la storia italiana. Lo stesso nazionalismo alla base di tutti e due i conflitti mondiali e della dittatura fascista.
Insomma, l’operazione di chiedere la cittadinanza onoraria per il milite ignoto rischia di tradursi in un’operazione “di moda” in questo momento, ma che non porta nulla di più né alla memoria collettiva del primo conflitto mondiale, né alla necessità di perpetuare un messaggio di pace e fratellanza fra i popoli europei. Anzi, corre il rischio di apparire più divisivo che altro. Infatti, nel sito del Ministero della Difesa, nella sezione Onor Caduti, si legge:
“Quel giorno, 4 novembre 1921, il ‘Soldato Ignoto’ diventava il simbolo dei 650.000 caduti della Grande Guerra e di tutti coloro che si erano sacrificati per amor di Patria.”
Dove è la storia di quei caduti trentini (e di tutti gli altri che fortunatamente tornarono vivi a casa)? E di quelli giuliani e triestini? Essi non sono compresi nei 650.000 perché erano “dall’altra parte” del fronte. Non c’è, quindi, il rischio concreto che la nostra storia particolare venga nuovamente insabbiata, proprio ora che, faticosamente, è tornata alla luce grazie alle tantissime persone che per anni hanno custodito gelosamente la memoria dei loro cari e grazie all’impegno di tutti coloro che si sono dedicati alla ricerca, andando a visitare cimiteri di guerra, archivi, schedari, ecc.?
Prima della cittadinanza onoraria per il milite ignoto servirebbe, insomma, un’operazione a livello nazionale per accettare e condividere tutte le sfaccettature del primo conflitto mondiale lasciando la retorica e i trionfalismi da una parte. É forse il caso di concentrare gli sforzi su iniziative che siano realmente di pace e di fratellanza e che mirino a costruire ponti e non a rinforzare muri.
Anche perchè molti dei 650.000 morti italiani, così come di tutti gli altri eserciti in campo, sono attribuibili alle scellerate decisioni dei capi militari che letteralmente fecero morire migliaia di persone in una guerra di posizione priva di qualsiasi logica (basti pensare alle battaglie di Verdun o della Somme, ma si pensi anche alla figura del generale Luigi Cadorna).
Ecco perchè i Comuni trentini che non hanno ancora affrontato l’argomento dovrebbero mettere in campo una riflessione seria: non serve creare polemiche, ma magari rilanciare con qualcosa di più inclusivo. Ma soprattutto con qualcosa che susciti emozione: non una fredda cittadinanza onoraria frutto di un freddo atto burocratico (che peraltro è lo stesso atto che fu riservato a Mussolini durante la dittatura). In tal senso una lezione l’ha data il Presidente Mattarella nel 2018 quando si raccolse per qualche momento davanti al monumento ai caduti austro-ungarici nel cimitero di Trento: prima volta per un Presidente della Repubblica italiana, ma soprattutto la prima volta che la massima carica dello Stato certificava l’esistenza di quei soldati troppo a lungo dimenticati.
Se veramente si vuole rendere omaggio ai caduti, all’inutilità della guerra, si studino iniziative inclusive, che ricordino tutti indistintamente, che pongano l’accento sull’inutile strage (così come la definì papa Benedetto XV). Se c’è qualcosa da esaltare, semmai, è l’essere riusciti, dopo due conflitti mondiali, a trovare le ragioni dello stare insieme pacificamente, all’interno dell’Europa. Ecco il Trentino in questo campo ha molto da insegnare perchè i luoghi in cui un tempo si combatteva sono diventati luoghi di pace, fratellanza e incontro. Pensiamo, ad esempio, alle iniziative in occasione del centenario della Grande Guerra, identificate con lo slogan evocativo “dalla guerra alla pace”, pensiamo alla “Festa della Fratellanza” che ogni anno si svolge a Passo Paradiso sul ghiacciaio Presena, oppure alla legge che istituisce la giornata del ricordo delle sofferenze del popolo Trentino e prevede la realizzazione del Memoriale per tutte le vittime della nostra terra.
Insomma, se vogliamo davvero guardare avanti, pensiamo a un’iniziativa in tal senso: le nostre montagne restituiscono ancora oggi, dopo più di cento anni, i corpi di poveri soldati che non tornarono mai a casa. Il prossimo che verrà trovato potrebbe essere onorato con una cerimonia e un monumento che vadano oltre le singole nazionalità o cittadinanze. Perché le lancette della storia non tornino indietro più.
Trento, 11 agosto 2021
Simone Marchiori – Segretario politico PATT
Roberta Bergamo – Vicesegretaria PATT
Franco Panizza – Presidente PATT
Lorenzo Conci – Vicepresidente e Responsabile Enti Locali PATT