19/05/2020
Di seguito, riportiamo integralmente l’intervento del Consigliere Autonomista Ugo Rossi sul quotidiano L’Adige pubblicato il giorno mercoledì 13 maggio 2020.
Egregio Direttore,
Approfittando della sua cortesia e stimolato dal suo fondo di domenica, con il quale ci invitava a riflettere su una certa tendenza del Presidente della Provincia ad adottare, a volte, approcci, diciamo così, differenziati. Non è la prima volta che lo fa notare per la verità, perché ricordo quando nell’autunno scorso scriveva del volto “buono” e del volto “meno buono” del presidente.
Le chiedo questo spazio per una riflessione e spero non me ne vorrà, se colgo il suo stimolo per indirizzarlo non tanto nel dare risposta alla sua domanda (presidente di lotta o di governo?) ma per affrontare un tema che mi è caro e che si intreccia con alcune delle tematiche poste nel suo fondo e oggi quanto mai attuali.
Mi riferisco alla questione della riapertura di alcune attività economiche, rispetto alla quale si è sviluppato in queste settimane un dibattito e anche una contrapposizione fra autonomie regionali e governo centrale.
La riflessione che propongo di seguito vale anche, e forse in misura ancora superiore, per altri aspetti legati agli effetti della pandemia, quali per esempio la riapertura delle scuole dell’infanzia e degli asili nido, questione rispetto alla quale non vi sono state prese di posizione pubbliche del Presidente della Provincia di Trento, come nel caso dei negozi, ma che sono egualmente all’attenzione dei cittadini, in particolare delle famiglie con bambini.
Il ragionamento è semplice e al tempo stesso anche secondo me preoccupante. Ne anticipo la conclusione: quando non si esercitano le prerogative di un’autonomia speciale la si mette in grave pericolo. E il pericolo è ancora maggiore quando, come nel caso del Trentino, accade che di fronte alla stessa problematica la Provincia di Bolzano le eserciti, in maniera piena e inequivocabile, addirittura legiferando in materia.
Bolzano ha prima sollevato il problema nei confronti dello Stato e poi ha legiferato prendendosi la responsabilità di definire requisiti di sicurezza (che dallo Stato non arrivano) e date di apertura. Lo ha fatto per attività economiche e per scuole dell’infanzia e asili nido. Su questi aspetti la competenza delle due provincie autonome è identica e identiche sono le problematiche che scaturiscono dal complicato rapporto fra queste competenze e quelle statali. Rapporto sempre complicato in tempi normali ma ancor di più di fronte a una produzione di normativa statale di emergenza come in questo momento. Stessa autonomia. Competenze identiche ma approcci molto diversi.
Non entro negli aspetti di merito che riguardano la scelta delle date di apertura e dei requisiti da adottare per la sicurezza poiché tali aspetti essendo inevitabilmente condizionati dalla differenza fra i due territori, in termini di diffusione del contagio e di organizzazione delle attività avrebbero potuto essere disciplinati in maniera diversa.
Non è questo il punto. Il punto è che di fronte allo stesso problema le due autonomie speciali si presentano davanti allo Stato con un approccio molto diverso, non sui contenuti ripeto, ma diverso nel modo di intendere l’autonomia speciale e suoi rapporti con lo Stato.
Purtroppo, non è la prima volta in questa legislatura che ciò accade, si ricordi al riguardo l’avvento del reddito di cittadinanza, fatto prevalere a Trento rispetto al nostro strumento del reddito di garanzia, ridotto a elemento aggiuntivo, cosa invece non accaduta a Bolzano ove l’analoga misura continua ad esistere senza modifiche. Ma anche senza evidenziare le differenze di approccio in termini comparativi si ricorderà la clamorosa “chiamata” di Fugatti all’ Università di Padova per aprire una sede staccata di medicina, scelta che avrebbe potuto mettere a repentaglio la competenza piena in tema di università e per fortuna sventata dall’ opportuna e provvidenziale reazione del nostro rettore e di tutto l’ateneo.
Aggiungo anche la scelta di demandare automaticamente alla legge nazionale sul reddito di cittadinanza la definizione dei requisiti per l’accesso alle case Itea rinunciando a legiferare in proprio per “approfittare” del fatto che lo Stato nella norma citata aveva previsto i dieci anni di residenza.
Cominciano quindi ad essere troppo ricorrenti i casi in cui, di fronte a una problematica la Provincia di Trento sembra dimenticarsi di essere una provincia “autonoma”, dotata di un’autonomia non solo speciale rispetto alle ordinarie, ma anche “specialissima” perché basata su un unico fondamento storico, statutario e costituzionale che condividiamo con il Sudtirolo.
Questo aspetto è centrale perché il mantenimento di questo fondamento unico passa non solo dall’azione unitaria delle due provincie per la sua tutela quando lo Stato lo mette in pericolo, ma anche da un esercizio condiviso e pieno delle competenze, in particolare nei momenti, come quelli che stiamo vivendo, in cui questo esercizio è messo a dura prova dal rapporto con lo Stato e ci espone inevitabilmente al rischio di contenziosi.
Andava fatto anche stavolta, accettando il rischio di legiferare al limite della “costituzionalità”. Purtroppo lo ha fatto solo Bolzano.
In questi momenti avere lo stesso approccio fra Trento e Bolzano è indispensabile e necessario e rafforza entrambi, come del resto sempre è accaduto nella storia positiva della nostra autonomia.
Per il Trentino è molto pericoloso che anche in termini di percezione esterna passi l’idea (spesso presente ormai in molte analisi e convinzioni comuni) che la “specialità” sia prerogativa giustificata solo per un pezzo della nostra regione.
Per il Sudtirolo è altrettanto pericoloso, per lo stesso motivo, che si diffonda invece la percezione di una terra che esercita l’autonomia perché persegue il distacco dallo Stato.
Allora cerchiamo, anche in questi tempi difficili, di non perdere le buone abitudini e di camminare insieme.
Ugo Rossi