16/09/2019
È arrivato il fatidico 12 settembre, e nelle scuole di tutto il Trentino tornano a suonare le campanelle della prima ora: un nuovo anno scolastico è iniziato.
Ma come ci eravamo lasciati prima che sabbia, mare e ombrellone prendessero il posto dei libri e dei quaderni?
Erano usciti da pochi giorni i risultati nazionali delle prove Invalsi, strumento di valutazione interregionale dei livelli di competenza degli studenti italiani. L’esito? Un vero e proprio orgoglio per la scuola trentina che, per l’ennesima volta, si è piazzata al vertice della classifica nazionale. Il dato che colpisce maggiormente è quello relativo alle competenze linguistiche, che pone la scuola di Trento al livello delle migliori e più avanzate esperienze europee. Il 75% dei maturandi trentini, infatti, ha raggiunto almeno il livello B2 (livello designato come obiettivo da parte del MIUR) del QCER, a fronte del 51% del resto d’Italia.
Particolare merito per questi risultati va sicuramente riconosciuto alla nostra classe insegnante: sia ai docenti di disciplina, sia a quelli che, con tante ore di studio e formazione, si sono impegnati nell’attuare la metodologia CLIL.
Un riconoscimento che era arrivato anche dall’Assessore Bisesti, il quale aveva dichiarato tutta la propria soddisfazione per questi risultati, che “premiano il lavoro di tutti coloro che quotidianamente si impegnano nei contesti scolastici provinciali per garantire ai nostri giovani e alle nostre comunità prospettive di crescita appropriate e qualificate”. Non solo, Bisesti aveva promesso di impegnarsi al fine di “migliorare ulteriormente le prestazioni degli studenti trentini, confrontandosi con le eccellenze europee del settore”.
Eppure, nei corridoi delle scuole si mormora, con un po’ di stupore, che forse quest’anno non ci sarà nessun insegnante di CLIL. “Non funziona”, hanno scoperto dalle dichiarazioni della locale giunta leghista. Eppure, i questionari di gradimento che le varie classi avevano compilato erano tutti positivi.
Un vero e proprio mistero, una decisione inspiegabile e particolare di cui non si riesce davvero a comprendere il senso e la visione.
Cosa significa, infatti, smettere di investire fatiche e risorse nell’insegnamento delle lingue straniere nella scuola? Che senso ha rinnegare anni di studio e formazione proprio ora che iniziavano a dare i loro frutti? Con che prospettiva si può iniziare un nuovo anno scolastico con l’unica indicazione ai Dirigenti di fare ciò che ritengono meglio e con l’organico che hanno già a disposizione?
Innanzitutto, si traduce con l’incapacità di proporre una visione futura di Trentino. Una terra di confine, ma che con le proprie politiche euro regionali e la propria economia basata sull’export, necessita di scoprirsi cerniera con il resto d’Europa e del mondo, non certo una muraglia invalicabile. Smettere di credere nell’importanza dell’insegnamento delle lingue straniere significa imporre ai nostri ragazzi un futuro mediocre all’interno di un contesto economico che non può davvero permettersi di formare giovani analfabeti. L’investimento sul trilinguismo è infatti quanto di più generoso e utile possa essere fatto per le nuove generazioni.
Proprio per queste ragioni, i giovani più volenterosi si ritroveranno, un domani, mossi dal bisogno di lavorare, a dover apprendere le lingue in modo autonomo, gravando sulle economie delle loro famiglie.
Insomma, fare un passo indietro nel Trilinguismo, e quindi congelare l’insegnamento in metodologia CLIL, equivale a negare un diritto fondamentale dei nostri ragazzi: il diritto alla conoscenza!
E perché, allora, si è scelto di lavorare in questa direzione? Per proporre un’alternativa nuova e innovativa? Probabilmente no, anzi. Il motivo si riduce ad una semplice e becera capitalizzazione del consenso, nella speranza di raccogliere i voti di alcuni insegnanti smarriti di fronte ad un mutamento così radicale che ha riguardato, negli ultimi anni, la scuola locale.
Una difficoltà comprensibile, che non va certo colpevolizzata, ma alle quali è necessario dare risposte. Proprio per questa ragione, oltre 300 docenti locali possono usufruire ogni estate, grazie ai progetti di mobilità docenti FSE, di soggiorni-studio gratuiti (con il vantaggio di non lasciare scoperta nessuna classe, differentemente dai progetti Erasmus+) in Austria, Germania, Irlanda e Regno Unito. Un progetto molto apprezzato dalla classe docente trentina, che vede in esso la possibilità di una formazione di qualità e adeguata, ma il cui finanziamento, quasi completamente sulle spalle dell’Europa, scade nel 2020. Quali saranno le scelte dell’Assessore Bisesti, nei prossimi mesi, in tal senso?
Si tratta di una domanda alla quale, prima o poi, con fatti e parole, questa “giunta del cambiamento” dovrà rispondere. La speranza è quella di non dover assistere al baratto del futuro dei nostri ragazzi per l’aumento del consenso in occasione dei prossimi appuntamenti elettorali.
Quello che noi giovani del PATT davvero abbiamo a cuore, non avendo abbandonato i banchi da abbastanza anni per esserci dimenticati cosa voglia dire essere uno studente, è che la giunta metta da parte gli slogan e pensi all’unica cosa che conta veramente quando parliamo di formazione e futuro: i ragazzi.
Movimento Giovanile PATT