06/09/2019
Clara Marchetto, donna tanto discussa quanto indissolubilmente legata alla sua terra natia. Combattente per l’autonomia ha pagato con il carcere ed il confino il suo impegno politico.
Figura di riferimento nell’Asar, nell’ultimo congresso del 1948 presenta una mozione per portare avanti l’idea e la volontà di fondersi con SVP e successivamente co-fondatrice del Partito del Popolo Trentino Tirolese.
Eletta nel Consiglio Regionale nel 1948, fu estromessa quasi subito da questa carica e dalla vita pubblica per l’aver combattuto contro il regime negli anni 1939 e 40 cioè quando l’Italia ancora non era belligerante e per questo venne considerata una delinquente e non eroina come gli antifascisti post 1943. Fu oggetto di una violenta campagna a mezzo stampa, con una incredibile escalation di delegittimazione, onta e disprezzo che arrivò fino alla minaccia di morte ma lei, fieramente trentina e antifascista, non ha mai mollato, ha sempre creduto in un progetto politico di autogoverno e di autonomia della nostra terra, un progetto da anteporre alle logiche dei partiti nazionalisti e neonazisti.
Nonostante la mozione presentata dal PATT al Consiglio Regionale il 23 marzo 2011, si fa ancora fatica a riconoscere il valore e impegno politico di Marchetto, nemmeno nei testi che ripercorrono l’impegno politico delle donne nell’ultimo secolo viene valorizzato il suo impegno, al massimo è menzionata per la sua nomina invalidata.
Cosa rimane dunque del suo esempio? In modo particolare in prossimità alla Giornata dell’Autonomia?
Il bagaglio di valori insito nel suo impegno di donna e di patriota trentina tirolese, di autonomista. Un bagaglio che parla di militanza attiva, alto senso di responsabilità, e coraggio. Quel coraggio che ad una donna in politica occorre in misura molto maggiore rispetto ad un uomo, perché come le vicende della Marchetto dimostrano ma anche stando ai tanti, troppi esempi attuali, quando si parla di avversario politico da distruggere, se esso è donna; specialmente se è donna, si attacca pesantemente soprattutto sul piano della persona, molto prima che della carica politica.
Siamo chiamate quindi, oggi come allora, a sentirci in prima linea nella difesa dei valori insiti la nostra Autonomia. Perché essa non significa soltanto l’applicazione seria e consapevole di quanto contenuto nello Statuto attraverso l’uso degli strumenti che lo stesso Statuto e la Costituzione sanciscono, ma è anche insieme di strumenti e funzioni sociali che, specialmente attraverso l’impegno di noi donne, migliora e qualifica il welfare, si avvicina e si affianca alle esigenze di anziani e bambini, permette forme più concrete di pari opportunità. Questo significa benessere diffuso, significa, come diceva Tina Anselmi, tranquillità per i vecchi e speranza per i giovani. Significa “pace”. E chi meglio di una donna incarna per vocazione e natura la capacità di proteggere: proteggere i figli, la famiglia, la casa e dunque la nostra autonomia!
Grazie alle tante autonomiste in prima linea nella difesa della nostra specificità!
Patrizia Pace – coordinatrice movimento femminile PATT