23/05/2019
Vista dal Parlamento questa campagna elettorale per le elezioni europee di domenica prossima assomiglia molto ad una Formula Uno, con partiti che all’ultimo giro fanno l’azzardo, cercano il sorpasso, si giocano tutto pur di superare l’avversario, anche all’interno della propria squadra.
In realtà, tutti sanno di correre sulla stessa pista con un traguardo che va costruito. L’Unione Europea è una storia, la nostra, che non può che continuare ad essere scritta da noi.
Come? Credendoci, con le persone giuste che abbiano una visione ben radicata sui territori ma aperta e negoziale. Dalla mia esperienza, come membro nella Commissione Politiche Europee in Parlamento, mi sono accorta di quanto poco europeo sia ancora il nostro Paese nelle istituzioni. Solo un dato: mentre il Parlamento tedesco ha 20 funzionari dedicati a Bruxelles, ciascuno per settore strategico, noi come italiani uno soltanto. Mentre ai tavoli di lavoro, ho visto anche sette Ministri di paesi europei riunirsi su problemi strategici, il nostro paese mandava un sottosegretario, il quale mandava in sua vece un funzionario. Spesso nei progetti europei i nostri rappresentanti non vengono ascoltati al loro rientro nei Ministeri, rendendo vane le loro presenze in gruppi di lavoro con la Commissione europea. Uno dei punti che, come rappresentante di una forza autonomista territoriale e transfrontaliera come la nostra sto portando avanti è proprio quello di migliorare quel processo di ascolto a Bruxelles delle nostre istanze. Un processo previsto nelle procedure ma poco praticato nella realtà. È bene sapere per esempio, che tutte le direttive europee, prima di diventare vincolanti, vengono inviate a ciascun stato membro per raccogliere pareri e raccomandazioni. In concerto poi con i propri parlamentari, e spalleggiati dalla Conferenza delle Regioni, ciascun paese ha sempre il compito e la possibilità di far valere e influenzare, con le proprie condizioni, quelle che saranno decisioni poi comuni e vincolanti. Ebbene, questi pareri dal nostro paese per la maggior parte non vengono mai predisposti, inviati solo post-, ovvero quando si è costretti a recepire le direttive. Un lungo lavoro, durato sei mesi, di cui mi sono fatta promotrice, è stata la riscrittura del Regolamento della Commissione Politiche UE, al fine di incardinare proprio in questa Commissione tutta la fase di lavoro dei pareri a Bruxelles, la fase ascendente (dall’Italia verso Bruxelles) che sarebbe la vera fase di costruzione e propositiva delle direttive. Ecco dunque quello che avrebbe bisogno il nostro paese. Attivarsi ed investire veramente in Europa, attraverso tutti gli strumenti che abbiamo e con le persone giuste. Ovvero, persone capaci di negoziare, che conoscono le lingue, che portano una visione territoriale ma anche più ampia europea comune perché per negoziare non basta conoscere cosa vuoi tu, ma cosa vogliono anche gli altri e sopra tutto quasl é un comun denominatore. Come candidato proposto dal nostro Partito Autonomista Patt in alleanza con la Svp, l’europarlamentare Herbert Dorfmann rappresenta, per autorevolezza e competenze maturate in questi anni a Bruxelles, una garanzia per portare la visione del nostro territorio, con le sue potenzialità, dentro un progetto più ampio, europeo, al tavolo con i nostri partners. Un progetto che dovrà basarsi su una più stringente applicazione del principio di sussidiarietà, ovvero dal basso verso l’alto, dai territori verso le regioni e poi alla dimensione di mercato comune europeo, sociale economico e culturale, con gli stati membri come facilitatori di questo processo e non come ostacoli, o peggio ancora, gabbie nazionalistiche. La mobilità di idee e di persone, di merci e di forza lavoro, deve poter avvenire in un contesto di messa in sicurezza che non può passare attraverso nuove frontiere. Dazi e tariffe doganali da ripristinare, come sento qui in Parlemento in ogni discussione trattasi di Europa, sarebbero la miccia per accendere una concorrenza tra gli stati membri a discapito di tutta la forza motrice che abbiamo stando insieme. Le scelte che ha davanti a sé il nostro continente non sono semplici, non c’è la ricetta già pronta, questo è il punto. Va costruita e sperimentata una nuova Unione Europea post globalizzazione, un’Europa come alleanza tra persone, tra territori, tra idee. La rigidità di un soggetto statale, astratto, autoritario, centralistico, è un pericolo per tutti, soprattutto perché non porta a soluzioni flessibili geograficamente, declinati sui bisogni veri e sulle vocazioni specifiche dei territori. Per intenderci, il nostro Trentino Alto Adige, non per ideologia ma per geografia e cultura, è più simile ai territori europei alpini che alla Sicilia.
Per questo per noi Herbert Dorfmann è un candidato che proponiamo con fiducia, perché vive il nostro territorio ma è capace di guardare di là dai nostri confini, sostiene le autonomie e le condivisioni.