31/07/2023
Per una maggiore comodità di lettura, MANIFESTO VALORIALE e PROGRAMMA ELETTORALE 2023 puoi scaricare in formato pdf il manifesto valoriale e il programma presentato dal PATT – Partito Autonomista Trentino Tirolese, Autonomisti Popolari e Progetto Trentino per le elezioni provinciali del 22 ottobre 2023.
Manifesto valoriale
del progetto politico che unisce
PATT, Autonomisti Popolari e Progetto Trentino
La politica nazionale e, in alcuni casi, anche locale ci ha ormai abituati alla sempre maggiore mancanza di preparazione, lungimiranza e serietà nelle scelte sia amministrative che politiche. La litigiosità, lo scontro e la prevalenza dell’interesse personale su quello collettivo hanno determinato, di conseguenza, uno svilimento del ruolo della politica tanto più preoccupante in una terra autonoma come la nostra che vede, nella qualità della sua proposta politica, un elemento vitale per la tenuta del sistema istituzionale, economico e sociale. Le cause di tale situazione sono dovute da un lato al venir meno del ruolo dei partiti maggiori quali formatori di nuova classe dirigente, nonché selezionatori degli intelletti migliori e “palestre” in grado di preparare i futuri politici e amministratori alla gestione della cosa pubblica. Dall’altro ad un elettorato sempre più selettivo ed esigente che chiede soluzioni immediate e poco ancorate alle reali possibilità di azione della macchina amministrativa. Le promesse della campagna elettorale restano, quindi, spesso deluse dai fatti e l’elettore si sposta con una certa facilità anche agli estremi dell’arco costituzionale, alla ricerca di movimenti o partiti che soddisfino le sue richieste.
Nemmeno il civismo, che veniva visto come la nuova frontiera in grado di risolvere queste criticità, è riuscito nell’impresa. E questo perché, se nelle piccole comunità è relativamente semplice accordare visioni diverse attorno ad un unico fine amministrativo, salendo di livello verso la Provincia o addirittura il Governo nazionale, l’inclinazione politica dei singoli o la visione ideologica dei contendenti riemergono prepotentemente e pochi sono in grado di anteporre all’ideologia un progetto politico rivolto alla risoluzione dei problemi dei cittadini.
In questo quadro preoccupante si trovano a muoversi il PATT e i movimenti territoriali di ispirazione autonomista e popolare come Progetto Trentino e gli Autonomisti Popolari. Le elezioni politiche, così come le provinciali, hanno dimostrato che c’è lo spazio politico per tradizioni politiche che vantano una lunga e consolidata storia nella comunità trentina, che ragionano in maniera non ideologica e il cui centro di interesse sono le richieste dei cittadini e la possibilità di decidere in casa propria. Ma la vera domanda è se possiamo limitarci a presidiare quello spazio o se, invece, dobbiamo giocare in attacco, allargando il perimetro e, soprattutto, diventando riferimento per una fetta maggiore di elettorato, come ci si aspetta da un vero partito di raccolta. Perché più si fa massa critica e più si diventa protagonisti.
Sia chiaro, partito di raccolta non significa rinunciare ai propri ideali. Le Stelle Alpine, da un lato, sono sulla scena politica trentina da 75 anni, sono la declinazione naturale del simbolo dell’ASAR, rappresentano l’unione con gli autonomisti della SVP ed hanno una riconoscibilità e un valore aggiunto che non può venir meno in un momento in cui gli elettori, già smarriti di loro, cercano punti fermi, affidabili e riconoscibili. Gli autonomisti, inoltre, provengono tutti dalle Stelle Alpine che incarnano la vera storia di quell’autonomismo che si rifà alla storia e alle tradizioni della nostra terra, a quelle radici mitteleuropee che hanno plasmato il carattere trentino e che aprono all’Europa la nostra piccola terra. Quello su cui si deve lavorare, semmai, è l’obiettivo di riaffermare i principi guida che caratterizzano gli autonomisti trentini: l’identità, la storia, la salvaguardia dei piccoli centri e la valorizzazione delle imprese locali, il rapporto città-valli, l’Euregio, la sostenibilità e la tutela dell’ambiente naturale, l’attenzione alle persone, la giustizia sociale. Temi che, tutti insieme, dobbiamo rilanciare e mettere al centro del nostro programma politico, come una bandiera dietro cui marciare compatti. Ma è possibile fare di più, ossia intercettare altre aree politiche che nella storia trentina hanno garantito la tenuta del sistema: l’area popolare rappresentata da Progetto Trentino che condivide con il fronte autonomista la medesima affiliazione politica europea al PPE, il Partito Popolare Europeo, che racchiude in sé i cristiano sociali e i popolari dei vari Paesi del vecchio continente. Ma trova il focus della propria azione e della sua stessa esistenza nell’amore per la propria terra e nell’attenzione per i trentini in quanto persone con esigenze, bisogni e necessità a cui dare risposte, esattamente come vale per gli autonomisti. Dare visibilità e spazio a questa appartenenza non solo ci può aprire ad una fetta di elettorato trentino in cerca di una casa comune, ma ci proietta ulteriormente su una dimensione europea, favorendo anche i rapporti con il Tirolo e l’Austria, ma anche con le Istituzioni comunitarie, attraverso cui vengono declinati non solo il progetto euroregionale, ma anche tutte le politiche che ci riguardano da vicino. È giunto, allora, il momento che l’autonomismo del PATT, espressione del PPTTUE e prima ancora dell’ASAR, dalla cui matrice derivano anche gli Autonomisti Popolari, si allarghi al contributo e all’apporto del popolarismo cattolico di don Sturzo e Alcide Degasperi e unisca le sue forze ai popolari che hanno contribuito a plasmare l’autonomia istituzionale dal 1948 in avanti e a fondare l’idea stessa di Unione Europea. Mantenendo la rispettiva identità, ma puntando sui valori che ci accomunano, possiamo davvero compiere un’impresa straordinaria: essere utili protagonisti del governo del Trentino nella prossima legislatura, ma anche guidare l’Autonomia in quelle a venire. Lo sforzo che dobbiamo fare, in primo luogo, è di investire sui nostri valori per poterli mettere in pratica, affinché siano una base veramente condivisa e non una semplice dichiarazione d’intenti. Dobbiamo nello stesso tempo lavorare sui programmi, affinché non siano una semplice enunciazione di buoni propositi, ma ciò che ci contraddistingue dalle altre forze politiche e che risponde in maniera seria, lungimirante e coraggiosa ai bisogni dei trentini di oggi e di domani. Se vogliamo impegnarci in questa sfida c’è bisogno del contributo di tutti, certi che le idee hanno sempre la precedenza sul destino dei singoli. Riprendere ciò che sta alla base della storia dell’Autonomismo e del Popolarismo cattolico per condividerlo con tutti coloro che hanno a cuore il futuro della nostra terra è il primo passo per aprire il confronto con tutte le forze politiche e le espressioni civiche che vorranno cogliere questa sfida. Un progetto politico serio e lungimirante deve avere una solida base valoriale, che riassumiamo attorno alle parole chiave su cui costruiremo il nostro programma.
LEGATI AI VALORI PER SCRIVERE IL FUTURO:
LE PAROLE CHIAVE PER IL TRENTINO CHE VOGLIAMO
AUTONOMIA
Noi abbiamo voluto la parola «Autonomia» fin nel nome del nuovo progetto perché sappiamo bene con quanta cura e quanta delicatezza dobbiamo difendere quello che – prima ancora che una particolare forma giuridica – è un valore fondante la nostra storia e la nostra identità. Noi, che abbiamo accompagnato nell’ultimo mezzo secolo il cammino del Trentino verso una piena Autonomia, compiuta nelle sue fondamentali parti statutarie e normative, sappiamo bene che essa non si risolve semplicemente in una formula di autogoverno del territorio. Autonomia, infatti, è prima di tutto la consapevolezza che una comunità ha sempre avuto ed ha di sè stessa: delle sue capacità ma anche delle sue fragilità; delle sue enormi potenzialità così come dei limiti fisici, dettati da una geografia a volte aspra e complessa. Autonomia è ciò che rappresenta al meglio l’insieme delle relazioni, delle istituzioni e dell’impegno di chi vive e lavora in questa terra. Come diciamo sempre, l’Autonomia è la «Casa comune dei Trentini». Oggi siamo di fronte a sfide molto complesse; chiudersi a semplice difesa della propria specificità sarebbe un evidente suicidio. Per questo, già da molto tempo, parliamo di «Autonomia integrale e dinamica», ossia di una Autonomia in grado di interpretare i cambiamenti senza snaturare i valori fondanti. Oggi si parla tanto di «resilienza», come della capacità di far fronte alle situazioni più avverse e uscirne vincitori. Noi un modello di resilienza lo abbiamo già ed è appunto la nostra idea di Autonomia: una forza propulsiva per il futuro, capace di valorizzare le identità di valle e urbane, le singole realtà economiche e sociali, proponendosi come modello anche per altri territori. Per noi il mantenimento dell’unicità dello Statuto di Autonomia è un presupposto irrinunciabile. La situazione delicata e politicamente sempre più incerta a livello nazionale fa emergere forte la richiesta di un maggior coordinamento, se non di una vera e propria intesa, fra le due Province Autonome. Partendo dalle proposte riportate nel “Protocollo d’intesa per la realizzazione di iniziative di cooperazione e sinergia, sottoscritto ufficialmente fra la Regione e le due Province autonome ai fini della valorizzazione del ruolo dell’Ente Regione”, è vitale che le due Province trovino, tramite la condivisione in ambito regionale, una posizione comune su tutti i nodi strategici che di volta in volta si trovano ad affrontare e che si pongano con una posizione univoca nei confronti della Conferenza Stato Regioni, del Governo centrale e degli organi nazionali e comunitari.
TRADIZIONE
Ciò che noi siamo è il frutto della nostra storia e della nostra cultura ed è a questo “passato” così prezioso e unico che noi dobbiamo guardare per costruire il futuro, soprattutto in questo tempo di crisi epocali. Dalla tradizione ci arriva la nostra identità declinata in tutela del territorio, delle minoranze linguistiche, della storia, della cultura alpina e dell’economia montana. Se vogliamo davvero guardare all’Europa, confrontarci con altri territori, rinsaldare rapporti di collaborazione transfrontalieri, dobbiamo essere consapevoli di chi siamo e da dove veniamo. La consapevolezza di ciò che siamo stati nella nostra storia legittima, da una parte, un giusto senso di orgoglio nel sentirsi parte di un territorio che ha saputo affrontare in passato notevoli avversità grazie alle capacità, alla tenacia e alla laboriosità dei nostri padri; dall’altra, tutto ciò ci deve indurre a proseguire quel modello di «laboratorio Trentino» che, in particolare negli ultimi cinquant’anni, ci ha fatto distinguere nel panorama nazionale e non solo. È grazie a questa viva e dinamica “tradizionale vocazione” all’apertura, al dialogo e all’innovazione se oggi possiamo proporci, al di fuori dei confini provinciali, come garanzia di capacità di autogoverno, di sostenibilità ambientale, di mantenimento della popolazione in montagna, di operosità delle imprese, di attenzione al welfare, di cooperazione transfrontaliera, di ricerca scientifica e tecnologica. Oggi la competitività economica non si gioca più soltanto fra soggetti singoli – imprese, società, produttori – ma fra territori. È il territorio, con la sua identità, le sue risorse, la sua storia, la sua cultura, a fare la differenza anche sui mercati globali. In questa cornice, l’Euregio Trentino – Alto Adige/Südtirol – Tirolo rappresenta un esempio concreto e una visione realistica di come la nostra Autonomia possa interfacciarsi con altri territori che hanno in comune con noi storia, identità, tradizioni, valori, situazione geografica. La sede operativa di Trento, tanto auspicata, deve assumere una funzione di riferimento per tutte le istituzioni e per tutti i trentini. L’Euregio deve interagire efficacemente in campi strategici per i tre territori, quali la sanità, l’energia, l’istruzione, le infrastrutture, i rapporti con l’Unione Europea. Solo così la nostra Autonomia regionale può trovare le sue motivazioni più forti nello spirito europeo. Guardiamo alle nostre radici per fare grande il Trentino di domani.
SOSTENIBILITÀ
Da sempre, il Trentino è stato in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri: questo è esattamente ciò che si intende per «sostenibilità», un concetto ormai molto diffuso nell’opinione pubblica e che sta cercando di radicarsi anche nelle politiche e nelle prassi amministrative. È evidente che le sfide che la sostenibilità ci presenta, con sempre maggiore gravità e urgenza, sono molto diverse da quelle di un tempo. Tuttavia, le sensibilità che abbiamo maturato e l’amore che abbiamo per il nostro territorio dovranno rappresentare il riferimento imprescindibile per individuare le soluzioni migliori per affrontare questioni inedite e di assoluta e indifferibile gravità. Sostenibilità significa, in ultima analisi, senso di responsabilità. Quella responsabilità che, se applicata al fare politica, deve indurci a guardare non alla stretta quotidianità, ma ad orizzonti temporali di più largo respiro, proiettati verso le nuove generazioni. Territorio per noi non è mai stato sinonimo di «terra», ma un concetto ben più complesso: l’insieme delle relazioni, delle attività e dei mutamenti che una comunità esprime nella sua terra di origine. Abbiamo sempre pensato che una terra vada abitata, prima ancora che coltivata e vissuta. Il territorio come la propria casa, la propria «Heimat»: ecco ciò che ha fatto del Trentino nel passato e lo dovrà fare in futuro: un laboratorio di sostenibilità. Un modello che intendiamo proseguire e sviluppare con l’impegno e la dedizione di sempre.
RESPONSABILITÀ
Oggi, a qualunque livello, la gente esige una classe dirigente credibile. La credibilità si fonda non solo sulla capacità di dare risposte concrete ai bisogni della comunità, ma su un surplus di fiducia che viene assegnata solo a chi abbia dimostrato sul campo di sapere gestire il bene pubblico, di interpretare al meglio le dinamiche contemporanee, di essere il custode di una tradizione e della cultura della propria comunità, di saper costruire modelli di futuro. Tutto questo non lo si può improvvisare. Fare politica è una cosa seria, deve tornare ad esserlo anche agli occhi di quei cittadini – e purtroppo sono molti – che in questi anni se ne sono allontanati. Noi sentiamo la responsabilità di tutto: di essere chiamati ad amministrare la nostra comunità, oggi così come abbiamo fatto nel nostro passato, di corrispondere ai bisogni della nostra gente e di saper meritare la loro fiducia. Ma anche la responsabilità di recuperare quella fetta di delusi dalla politica che nella serietà e nell’affidabilità di una proposta possono ancora trovare la loro «casa». Il nostro modello politico è proprio questo: amministrare il bene pubblico come se fosse la nostra casa, sentendoci tutti responsabili, a tutti i livelli, del futuro che consegneremo ai nostri figli. È un modello che non lascia fuori nessuno: i politici, gli amministratori, la classe dirigente, così come i singoli cittadini. Oggi chi governa deve anche essere in grado di porre le condizioni per una compartecipazione davvero di tutti alla «cosa pubblica».
SUSSIDIARIETÀ
La sussidiarietà è per noi un principio irrinunciabile. I Comuni, le Comunità di valle e anche le ASUC rappresentano i presìdi territoriali di una governance multilivello, che vanno valorizzati dando loro tutti gli strumenti e le risorse necessarie per poter funzionare al meglio nell’ottica della semplificazione amministrativa. I Comuni hanno un ruolo fondamentale nel nostro sistema istituzionale e la loro Autonomia può essere garantita solo con la certezza delle risorse, sia in termini finanziari sia di personale formato e motivato. Le Comunità di valle non possono essere svilite a centri servizi. Quello a cui tendiamo è un Trentino policentrico, capace di esaltare le vocazioni e le collaborazioni tra territori. Dalla vocazione all’innovazione alla cultura della montagna, dall’apertura internazionale all’attenzione alle radici, dalla coesione sociale all’appartenenza al territorio e al mondo della cooperazione: un insieme di valori ed attitudini che consente una feconda coesistenza tra contesto urbano e di valle, tra il centro e le aree periferiche. Lo sviluppo del Trentino dipende infatti dalla capacità di coniugare la crescita e lo sviluppo con il lavoro e la protezione sociale allo scopo di favorire una virtuosa convivenza tra città e valli. Non esistono più sistemi territoriali strutturati in modo gerarchico con centri e periferie, ma territori policentrici che devono favorire le interconnessioni con un approccio di scambio e complementarietà. Il governo dell’Autonomia dovrà essere sempre più in grado di fare sintesi tra queste diverse vocazioni e farsi interprete dei diversi bisogni della società trentina. Per fare questo vogliamo favorire un positivo incontro tra culture politiche ed esperienze civiche, sapendo rappresentare il luogo di incontro tra la tradizione popolare e quella autonomista e al tempo stesso sapendo essere un punto di riferimento solido per una ricca rete di amministratori sul territorio.
DINAMICITÀ
Una società dinamica è una società che è in grado di adattarsi alle sfide e ai cambiamenti del mondo. Una società che promuove l’innovazione, la creatività e la collaborazione ed è orientata al futuro. Nella storia di questa terra, in molte occasioni cruciali il dinamismo della sua gente ha saputo trasformare un problema, un limite, un evento drammatico in altrettante opportunità di rinascita e di ripartenza. Basti pensare al secondo dopoguerra, ai primi anni Cinquanta, ad un Trentino già profondamente segnato da una forte arretratezza economica e sociale. Ma proprio quell’immediato Dopoguerra ha rappresentato un trampolino di lancio, assicurando un benessere diffuso e potenzialità di sviluppo. Questo significa essere una società dinamica: noi lo abbiamo sempre fatto, anche in virtù di un’Autonomia aperta, moderna, dinamica, nei suoi assetti istituzionali e nelle sue politiche. Per questo parliamo di laboratorio, quale il Trentino è stato in questi decenni: una vocazione che andrà coltivata anche in futuro perché solo così sarà possibile tutelare e giustificare la nostra stessa Specialità. Avere una mentalità aperta e orientata al futuro significa soprattutto investire nelle risorse umane, oltre che nelle tecnologie e nel know-how. È da qui, dalla propria gente, dai talenti e dal patrimonio umano che il Trentino deve ripartire per ottenere competitività e successo. Per noi al centro di tutto sta la persona, come soggetto promotore della storia del nostro territorio nonché espressione di quel popolo che non è la somma di individui ma l’insieme di uomini e donne con eguali diritti e doveri, primi fra tutti la cultura, il lavoro, la dignità nella malattia, la famiglia. Parlare di persona significa anche chiamare il politico e l’amministratore all’ascolto delle esigenze che emergono dal territorio. Significa per coloro che sono stati eletti al governo del territorio rispondere agli abitanti delle città e delle valli, significa essere disponibili all’ascolto delle loro voci, delle loro richieste di aiuto e assistenza, significa non porre barriere fra l’elettore e l’eletto. Persona e ascolto rimangono, allora, valori fondanti il popolarismo e l’autonomismo così come sono sempre stati interpretati dalla cultura trentina e regionale, dunque anche altoatesina, a partire dagli inizi del ‘900.
INCLUSIVITÀ
Un ambiente inclusivo promuove la diversità, l’uguaglianza e l’equità, permettendo a tutte le persone di sentirsi accettate e di partecipare pienamente alla vita sociale, culturale ed economica. Il Trentino può ben rappresentare – pur nelle luci e ombre e nelle difficoltà tipiche di un territorio di montagna – un ottimo esempio di inclusività perché da sempre espressione di un forte senso di comunità capace di aprirsi a comunità e territori diversi. Terra di montagna, sì, ma terra di passaggio, cerniera, ponte fra il Mediterraneo e la Mitteleuropa. Se il Trentino avesse praticato una forzata esclusività avrebbe compromesso le proprie chances di futuro. La presenza vitale e preziosa delle minoranze storiche, Ladine, Mochene e Cimbre, nel grande alveo della pacifica convivenza con le comunità sudtirolesi e italiane dell’Alto Adige, costituisce un patrimonio da tutelare, ma anche da reinvestire sul futuro. Per questo, garantire l’accessibilità, promuovere la diversità culturale e favorire il senso di comunità sono tutti elementi fondamentali per creare un ambiente inclusivo fondato sul reciproco rispetto e sul valore dei beni comuni. Di tutto questo noi oggi siamo gli eredi. Ma l’inclusività non è un dato acquisito per sempre; al contrario è un’attitudine – corroborata da precise prassi amministrative e da coerenti comportamenti sociali – in costante cambiamento ed evoluzione. Questo vale soprattutto oggi, in un tempo in cui le pesanti ripercussioni della crisi economica dell’ultimo decennio, aggravata dalla pandemia da Covid, hanno ampliato la forbice tra chi ce la fa e chi non riesce ad arrivare alla fine del mese, anche nel Trentino del benessere diffuso. Larghe sacche di popolazione, in particolare quelle più fragili e, qui il pensiero va alle persone con disabilità fisiche o psichiche, chiedono alla politica di prestare loro ascolto. Molti non si sentono più «inclusi», ma ai margini della vita sociale. Dobbiamo perciò ritornare ai nostri fondamentali: fare comunità, sviluppare senso di appartenenza e ascolto, costruire politiche che restituiscano dignità e piena cittadinanza a tutti.
INNOVAZIONE
Malgrado gli stereotipi che circolano da sempre sulla gente di montagna, il Trentino ha saputo imporsi all’attenzione nazionale e internazionale anche per la sua capacità di creare innovazione. Ne sono un esempio i vari centri di ricerca, da FBK alla Fondazione Mach, divenuti ormai qualificati punti di riferimento nel circuito della ricerca scientifica e tecnologica mondiale. Altri esempi riguardano l’Università, ma anche i musei come il Muse o il Mart. Sono tutte «finestre» aperte sul mondo, in grado di elevare il tasso di innovazione di questa terra, portandola a dialogare alla pari con molti altri territori di eccellenza. L’innovazione è ormai divenuta un tema centrale anche nella gestione e nell’amministrazione del territorio. È fin troppo banale e scontato dire che le città e le Comunità di valle devono essere in grado di rispondere ai cambiamenti e alle sfide del mondo moderno e che l’innovazione, appunto, può svolgere in questo senso un ruolo cruciale. Una grande sfida che non può essere certo delegata esclusivamente ad alcuni poli di eccellenza che, per quanto all’avanguardia, rischiano di non coinvolgere il territorio e di non trasferire adeguatamente i risultati delle loro ricerche. L’innovazione nell’amministrazione del territorio può assumere diverse forme. Ad esempio, può riguardare l’adozione di nuove tecnologie per migliorare la comunicazione e l’interazione tra i cittadini e le istituzioni, o l’implementazione di nuovi processi di pianificazione territoriale e di sviluppo della realtà sia urbana sia rurale. Anche sotto questo aspetto il Trentino ha saputo rappresentare un’eccellenza nel panorama nazionale: basti pensare, ad esempio, alla prima pianificazione urbanistica provinciale, sul finire degli anni Sessanta. Un’esperienza di grandissimo spessore, proseguita poi nei decenni successivi, e che oggi va certamente ripresa e coltivata alla luce delle nuove esigenze del territorio. L’innovazione richiede una cultura di apertura al cambiamento e alla sperimentazione, nonché l’adozione di un approccio collaborativo che coinvolga tutte le parti interessate, cittadini, istituzioni e imprese.
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Questo è il modello di Trentino a cui puntiamo e che vogliamo valorizzare e rafforzare assieme a tutti i Trentini e alle Trentine che ci credono e che, come noi, sentono forte e irrinunciabile la responsabilità dell’Autonomia.
LE NOSTRE PROPOSTE PER IL TRENTINO DEL FUTURO
Per una politica autenticamente autonomista con i cittadini al centro
Per rispondere al grave rischio di impoverimento delle nostre competenze legislative e amministrative è necessario il massimo sforzo da parte del PATT+Autonomisti+Popolari, che ha l’Autonomia al centro dei propri obiettivi politici, per promuovere e affermare le linee di indirizzo e di intervento ritenute essenziali per salvaguardare le nostre potestà di autogoverno e lo sviluppo culturale, sociale, economico e territoriale del Trentino, delle sue valli e delle sue città. Potenziare la nostra Autonomia costituisce un impegno concreto da affrontare con grande responsabilità: la parola d’ordine dev’essere coraggio: di sperimentare, di scegliere, di prendere una direzione. Non delegando a Roma le decisioni sulle sorti del Trentino. “Idee, Impegno, Identità, Tradizione, Semplicità, Cooperazione, Sostenibilità, Responsabilità, Sicurezza”, concetti ed obiettivi che sentiamo sempre più attuali e che ci portano ad essere continuamente impegnati e propositivi, con fiducia, sempre al servizio degli ideali autonomisti e popolari. La nostra è una sollecitazione a fare in modo che la politica sia lo strumento che si prende in carico i problemi delle persone e della comunità cercando di dare risposte concrete e lungimiranti. L’Autonomia è lo strumento fondamentale per sfuggire all’omologazione e poter garantire l’Autonomia Integrale e il più completo autogoverno, superando limiti fisici, socioculturali, ideologici e mettendo sempre la persona al centro, valorizzando la nostra identità, il senso di appartenenza, il nostro modo di essere, la capacità di riconoscerci nel nostro territorio ma anche di confrontarci con gli altri, senza rincorrere logiche che non ci appartengono. Per noi l’Autonomia è declinata come capacità di interpretare ed esercitare autenticamente l’autogoverno, assumendosi la responsabilità delle scelte. Un’Autonomia non solo istituzionale, finanziaria e giuridica, ma anche e soprattutto politica. Un’Autonomia condivisa nelle decisioni e nelle scelte, che nascono e si sviluppano sul territorio e che sono frutto di un dialogo costante con le diverse espressioni della società e con l’intera comunità trentina. Un’Autonomia capace di interpretare concretamente i bisogni dei cittadini, di valorizzare la propria cultura, la propria storia e le proprie tradizioni, di sapersi distinguere e di saper essere un modello unico in grado di mettersi in stretta relazione con le persone e con le loro aspettative, grazie alla profonda conoscenza e comprensione dei nostri valori e della nostra specialità. Mai dare l’Autonomia per scontata. L’Autonomia è una responsabilità, non un privilegio, e può diventare un modello di buongoverno esportabile solo se si è in grado di dimostrare, con i risultati, la buona gestione del territorio e delle sue risorse. Per questo è necessario, ora più che mai, spiegare, in maniera chiara e documentata, alle giovani generazioni e a tutto il Paese la nostra storia, la nostra esperienza di territorio e di comunità che ha gestito le proprie risorse e che ha scelto in autonomia; un’Autonomia che rifiuta di essere tacciata come privilegio, ma che significa invece responsabilità di decidere e di rispondere ai propri cittadini e che, come tale, può costituire un valido e utile modello anche per altri territori. Un’Autonomia che ha visto il popolo trentino-tirolese organizzarsi volontariamente con un sistema di autodifesa territoriale, rappresentato dalle Compagnie degli Schützen. L’Autonomia trentina si rafforza solo con una visione che va oltre i nostri confini e in un contesto aperto ed europeo: è l’aggancio internazionale che protegge la nostra Autonomia. È il rapporto con l’Euregio che rafforza il sistema stesso e che ci permette di essere il ponte che storicamente fa dialogare il mondo tedesco con quello italiano. È il raccordo di costruttiva collaborazione tra Trento e Bolzano che riconosce la Regione come istituzioni di coordinamento e di indirizzo alla base del nostro essere “speciali”. È un rapporto leale e sintonico con la SVP che condivide e accompagna il nostro diritto all’autogoverno. Per un Trentino del buongoverno, che sappia essere sempre più incisivo nelle scelte e chiaro nelle priorità, che non lasci indietro nessuno, che sappia assumere decisioni coraggiose, anche impopolari, ma sempre motivate e finalizzate al bene collettivo, che sappia diffondere la cultura, il valore e la storia dell’Autonomia e creare relazioni, rapporti ed alleanze fruttuose con il Governo nazionale e con l’Unione Europea. A questa fondamentale esigenza il PATT+Autonomisti+Popolari risponde con il sostegno leale e convinto al candidato presidente Maurizio Fugatti e alla coalizione che lo sostiene e che si impegna a portare avanti le proposte operative e i programmi politici sottoscritti.
IL CONTESTO ISTITUZIONALE
Autonomie speciali e Autonomia differenziata.
Gli Autonomisti e i Popolari non possono che salutare con soddisfazione il processo di autonomia differenziata, avviato a livello nazionale con l’approvazione dello schema di disegno di legge quadro presentato dal Governo, i cui effetti si manifestano soprattutto a favore delle Regioni a statuto ordinario. Per noi, la possibilità di autogestirsi in casa propria, assumendo tutte le responsabilità anche a livello finanziario, rappresenta un assunto irrinunciabile. Per noi, l’Autonomia rappresenta un modello di sviluppo per l’intero Paese, in grado sia di rispondere alla richiesta di partecipazione della popolazione e alla necessità di contrastare la disaffezione e l’antipolitica, sia di affrontare efficacemente le sfide del presente e del futuro. A chi continua a vedere nelle autonomie un pericolo, rispondiamo che l’autonomia non è il problema dell’Italia, ma, viceversa, può costituire un fondamentale strumento di responsabilizzazione e di crescita. Se vogliamo puntare in alto e al miglioramento dei nostri livelli di sviluppo, le inefficienze di alcune regioni non possono essere il pretesto per non affidare responsabilità e opportunità a quelle più virtuose. Il processo che porterà all’autonomia differenziata non ha a che vedere con le ragioni storiche e con il percorso politico, giuridico e istituzionale delle Autonomie speciali e, nel nostro caso, specialissimo per il suo aggancio internazionale. L’aver messo in campo la sfida dell’autonomia differenziata può costituire l’occasione per far comprendere meglio la nostra Autonomia speciale e a non farci apparire strumentalmente come dei privilegiati, bensì come degli esempi di successo che sono lì a dimostrare che quando i territori possono autogovernarsi, e lo fanno bene, possono mettere in campo politiche di sviluppo e di crescita che vanno a beneficio dell’intera popolazione. La posta in campo è talmente alta che sarà necessario seguire da vicino e con spirito costruttivo l’evoluzione della riforma e tutte le fasi del suo percorso, monitorandolo ad ognilivello, sia politico che parlamentare, sia amministrativo che culturale, in totale intesa con la Provincia autonoma di Bolzano, affinché:
1. non si vada in alcun modo a confondere il percorso delle Autonomie speciali con quello delle regioni ordinarie che si sviluppa con l’articolo 116 della Costituzione, ribadendo in ogni occasione utile la particolarità e la specificità della nostra Autonomia;
2. sia rispettato il carattere “dinamico”, e quindi di crescita evolutiva, della nostra Autonomia speciale, pretendendo che non siano unilateralmente messi in discussione i livelli standard di qualità e di efficienza fin qui raggiunti;
3. nel momento in cui si fissano, con decreti adottati d’intesa con la Conferenza Unificata, i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) e i relativi costi standard non devono essere interpretati come vincoli di spesa e non deve essere limitata la nostra competenza nel definirli e gestirli, perché la nostra condizione di territorio di montagna impone standard, misure e investimenti finanziari adeguati e specifici per la nostra realtà;
4. venga applicata la clausola di maggior favore, prevista dall’art. 10 della Legge Costituzionale n.3/2001 e ripresa nella proposta del Governo, secondo la quale, sino all’adeguamento dei rispettivi statuti, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, si applicano le disposizioni previste per le Regioni a statuto ordinario nelle parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite, purché sia però ben distinto il procedimento normativo con cui vengono attribuite e i due percorsi non si sovrappongano e non possano essere confusi;
5. si ripristini la valenza originaria delle competenze in capo alla nostra Regione e alle due Province Autonome, erosa dopo la quietanza liberatoria del 1992 e soprattutto dopo la riforma costituzionale del 2001, a causa delle reiterate sentenze della Corte Costituzionale che hanno ridimensionato le nostre prerogative, interpretando come esclusive dello Stato le cosiddette materie trasversali. Ciò, infatti, ha avuto implicazioni negative in molti settori cruciali, tra i quali i lavori pubblici (limitati dalla competenza trasversale della tutela della concorrenza), la tutela del paesaggio e l’ordinamento del personale pubblico (limitati dalla competenza trasversale in materia di diritto civile).
Chiediamo, inoltre che, congiuntamente alla Provincia Autonoma di Bolzano, sia costituita una Commissione Regionale per l’Autonomia differenziata, con la funzione di controllare che la definizione dei LEP (Livelli essenziali di prestazione) e le norme che li regolamentano soprattutto per i limiti di spesa non vadano ad erodere ulteriormente le competenze dell’Autonomia speciale della Regione e delle due Province. L’autonomia differenziata andrà a incidere su quelle attribuzioni che includono una serie di materie trasversali esclusive dello Stato (Ordinamento del personale, Lavori pubblici, Tutela del paesaggio e così via). La Commissione dovrà lavorare in modo da ripristinare e/o ridurre l’erosione che hanno subito le competenze attribuite all’autonomia speciale. E, infine, chiediamo che si metta in campo ogni tentativo utile affinché:
1. siano portate ad approvazione definitiva le norme di attuazione esaminate ed approvate dalla Commissione dei Dodici;
2. in parallelo all’iter della legge di attuazione dell’autonomia differenziata, vengano portate avanti, in accordo con il Governo, iniziative legislative finalizzate a:
a) introdurre nello Statuto di autonomia della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol il principio dell’intesa necessaria per la modifica delle norme statutarie e, quando possibile, il riconoscimento istituzionale dell’Euregio Trentino-Alto Adige-Tirolo;
b) adeguare lo Statuto di Autonomia, come previsto dall’art.10 della Legge Costituzionale 3/2001, integrando le competenze legislative della Regione, di cui agli articoli 4 e 5 dello Statuto, e delle Province autonome, di cui agli articoli 8 e 9;
c) definire in maniera precisa la ripartizione, nell’art.117 della Costituzione, delle competenze tra lo Stato e le Regioni e Province Autonome;
d) istituire un tavolo di lavoro delle Giunte della Regione e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con il Governo centrale per promuovere e seguire direttamente le procedure di modifica delle norme statutarie e, se le condizioni politiche lo consentiranno, procedere alla revisione completa dello Statuto di Autonomia.
La Regione utile anche alle due Province: prospettiva da valorizzare.
La Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol ha vissuto nel corso degli anni una progressiva evoluzione, che l’ha vista trasferire gradualmente le competenze amministrative fino ad assumere una funzione più di raccordo politico, ancora non adeguatamente compiuto, tra le due Province. Presupposto indispensabile è il mantenimento dell’unicità dello Statuto di Autonomia. La situazione delicata e politicamente sempre più incerta a livello nazionale fa emergere forte la richiesta, da parte dell’opinione pubblica e dei mondi più rappresentativi della nostra comunità, di un maggior coordinamento, se non di una vera e propria intesa, fra le due Province Autonome. Per questo è assolutamente vitale che le due Province trovino, tramite la condivisione in ambito regionale, una posizione comune su tutti i nodi strategici che di volta in volta si trovano ad affrontare e che si pongano con una posizione univoca nei confronti della Conferenza Stato Regioni, del Governo centrale e degli organi nazionali e comunitari, anche attraverso una sempre maggiore collaborazione tra i rispettivi uffici distaccati di Roma, che in futuro potrebbero arrivare ad essere ospitati significativamente in un’unica sede.
Fra i temi di interesse regionale, ma anche euroregionale, si evidenziano, anche sulla scorta delle proposte e delle iniziative riportate nel Protocollo d’intesa per la realizzazione di iniziative di cooperazione e sinergia, sottoscritto ufficialmente fra la Regione e le due Province autonome ai fini della valorizzazione del ruolo dell’Ente:
● la sostenibilità e le politiche energetiche, la gestione dei grandi carnivori, la promozione e la gestione turistica delle Dolomiti Patrimonio Unesco;
● il modello regionale di welfare, la pianificazione delle politiche sanitarie e delle specializzazioni ospedaliere per garantire alla comunità regionale la possibilità di accedere ad eccellenze in tutte le più importanti divisioni della medicina e perché siano sviluppati accordi per una fruizione comune delle strutture ad alta specializzazione, come ad esempio la protonterapia;
● la collaborazione tra la nuova Facoltà di Medicina a Trento e il Corso di laurea in Medicina e Chirurgia di Bolzano, i rapporti tra le due Università e lo sviluppo coordinato della ricerca scientifica;
● la mobilità e la politica dei trasporti interregionale ed europea, il tunnel ferroviario del Brennero, il rinnovo e la gestione della concessione dell’Autostrada del Brennero;
● i rapporti con l’Unione Europea e il rafforzamento dell’Ufficio di rappresentanza di Bruxelles, lo sviluppo di progetti concreti dell’Euregio e della Strategia delle Alpi EUSALP;
● la promozione della cultura dell’Autonomia e della storia comune;
● la valorizzazione delle minoranze linguistiche, anche rafforzando il percorso di avvicinamento delle comunità di lingua ladina extraregionali.
Anche per dare una prospettiva di piena dignità istituzionale alla Regione, in accordo con la SVP va valutata l’opportunità di eleggere un Presidente sganciato dall’attuale rotazione dei Presidenti delle due Province. A tale scopo è prioritario riallineare i due sistemi elettorali. In attesa dell’istituzionalizzazione dell’Euregio, in presenza dell’attuale assetto giuridico, dovrà essere perseguita una maggior interazione nei campi strategici e propedeutici allo sviluppo dell’Euregio. Si propone anche l’istituzione di un apposito Assessorato con competenza specifica agli Affari euroregionali e alla riforma statutaria. Dobbiamo procedere senza indugi anche nel rafforzamento dei rapporti con i Comuni un tempo tirolesi di Pedemonte, Magasa e Valvestino, che devono essere sostenuti nel loro obiettivo di ricongiungimento alla patria storica, ma anche nella predisposizione di iniziative storico-culturali comuni e nei progetti strategici che puntano a collegarli con il Trentino, come il tunnel della Valvestino e i fondi ODI. Questi ultimi devono rappresentare un’occasione di crescita reciproca e non uno spreco di risorse, perché il Trentino non è un salvadanaio da cui attingere, ma un territorio collaborante di cui non approfittare. A tale scopo, all’interno dell’organo che decide sui progetti va verificata la possibilità di prevedere il potere di veto in capo alle due Province autonome. Per i tre Comuni del Trentino storico va riconosciuto un trattamento di favore prevedendo un “Fondo Annuale Comuni Confinanti”, aperto agli investimenti strategici, in un’ottica di sviluppo transregionale. Va inoltre garantita, come previsto dalla deliberazione approvata dal recente Dreier Landtag, la partecipazione e la rappresentanza dei tre Comuni ai tavoli consultivi attivati in ogni contesto euroregionale.
L’Euregio nel nostro futuro.
Per il PATT+Autonomisti+Popolari la Regione e l’Euregio costituiscono riferimenti culturali, storici ed istituzionali imprescindibili, a cui fare riferimento. L’Euregio rappresenta un esempio concreto e una visione realistica di come la nostra Autonomia possa interfacciarsi ed implementarsi attraverso quella di altri territori che hanno in comune con noi storia, identità, tradizioni, valori, situazione geografica, prospettando risultati futuri positivi, al di là dei confini nazionali. Molto è stato fatto in questa legislatura per rendere l’Euregio più operativo e tangibile, ma tanto rimane da fare per realizzarne gli obiettivi resi possibili dalla sua recente riforma istituzionale. Dal novembre 2021 l’Euregio ha finalmente una sede operativa con funzioni informative e di coordinamento anche a Trento, che non deve essere solo una vetrina, ma – in simbiosi e sinergia con le istituzioni provinciali – deve al più presto diventare un punto di riferimento per tutte le istituzioni della Provincia Autonoma di Trento e per tutti i Trentini, interagendo efficacemente in tutti i campi strategici per i tre territori ed in particolare nei rapporti con l’Unione Europea. Nell’ultima riunione del 14 giugno 2023 a Riva del Garda, il Dreiter Landtag ha approvato la Deliberazione n. 2 con cui “le assemblee legislative della Provincia autonoma di Bolzano, del Land Tirolo e della Provincia autonoma di Trento
1. esprimono e sottolineano la propria volontà di potenziare la collaborazione transfrontaliera approfondendo la possibilità di sviluppare le forme di collaborazione definite dall’attuale quadro giuridico;
2. concordano pertanto sull’opportunità di approfondire, in particolare, eventuali strumenti che consentano alle tre realtà territoriali di uniformare le proprie norme di regolamentazione in settori di reciproco interesse (economico, sociale, sanitario, culturale, ecc.) nella consapevolezza che ciò consentirebbe di fare crescere notevolmente il carattere sovranazionale della cooperazione in essere;
3. in relazione ai punti 1 e 2 invitano il Presidente del GECT a promuovere uno studio approfondito sulla tematica, con l’obiettivo di individuare un possibile percorso per consentire un’armonizzazione delle regole in determinati settori, che tenga conto dei vincoli derivanti dall’ordinamento europeo e dagli ordinamenti nazionali e descriva le possibili azioni per poterli superare, dove indispensabile”.
Il GECT Euregio, in sintonia con le istituzioni provinciali e sulla base dei contenuti derivanti dalla Convenzione sottoscritta nel Comune di Brennero in data 22 agosto 2021 dai tre Presidenti Platter, Kompatscher e Fugatti e dagli spunti contenuti nello Studio “Monitoraggio delle Competenze legislative e amministrative delle Regioni e del GECT dell’Euregio Tirolo – Sud Tirolo – Trentino” commissionato dall’Euregio, dovrà consolidare il percorso che porterà in modo graduale, ma soprattutto estremamente concreto, alla istituzionalizzazione anche politica dell’intero territorio del Tirolo storico, compresi quindi gli ambiti di Magasa-Valvestino, Casotto-Pedemonte e del Souramont con i territori di Livinallongo/Col di Lana, Colle Santa Lucia e Ampezzo, che da danni, con referendum democratici, chiedono di farne parte. In tale prospettiva, occorre attivarsi politicamente ad ogni livello perché l’Euroregione Tirolo-Trentino-Alto Adige trovi, appena possibile, il riconoscimento istituzionale anche nello Statuto di Autonomia. Tanti sono gli ambiti in cui già adesso si vedono le prime collaborazioni concrete, ma altrettanti sono quelli in cui si deve fare di più, ad esempio nell’ambito dell’energia, con particolare riferimento all’idroelettrico, della viabilità e dei trasporti pubblici e privati, del comparto sanitario, della prevenzione e dell’emergenza, della scuola, del turismo, della cultura, coinvolgendo sempre di più i cittadini, le associazioni, gli enti e le istituzioni. Una sanità senza confini. Si propone la costituzione di una commissione permanente tecnico-politica che valuti progetti e attui scambi di informazioni e di personale medico, infermieristico e sociosanitario. Tra gli interventi possibili, solo a titolo di esempio, l’incentivazione della mobilità dei pazienti, specie per le prestazioni altamente specializzate, le convenzioni con strutture private, il potenziamento e l’istituzionalizzazione della collaborazione per il trasporto urgente, l’elisoccorso e i sistemi di protezione civile. Il progetto della nuova Facoltà di Medicina di Trento andrebbe inserito anche in un contesto euroregionale, con la condivisione ed il coinvolgimento delle realtà presenti sul territorio (centri di ricerca, Università di Bolzano e Clinica universitaria di Innsbruck) con la possibilità degli studenti di medicina dell’Euregio di svolgere il servizio attivo ai fini della specializzazione nelle strutture ospedaliere dell’intero ambito euroregionale, analogamente agli studenti delle diverse scuole e facoltà di scienze infermieristiche e delle scuole OSS. Interscambio scolastico. Va promosso e incentivato l’interscambio fra istituti scolastici di ogni ordine e grado. Si propone la frequenza a piccoli gruppi presso un istituto scolastico euroregionale, con contributi finanziari alle famiglie che aderiscono, ma anche finanziando la presenza di insegnanti con il compito di accompagnare e supportare i ragazzi per rendere proficua la diversa frequenza scolastica. Vanno incentivati anche gli scambi con insegnanti all’interno dell’Euregio. Storia, cultura, rapporti scolastici. Nel territorio dell’Euregio vanno sviluppate maggiormente le proposte storico-culturali disponibili nelle due lingue, con indicazioni e informazioni utili, e soprattutto le visite scolastiche degli alunni delle Scuole Elementari e Medie, tramite l’istituzione di un fondo economico che assegni un adeguato incentivo agli istituti che aderiscono. A questo scopo va predisposta una guida bilingue dedicata ai luoghi di valenza storica e culturale euroregionale. I Comuni dell’Euregio protagonisti. Vanno favorite le iniziative propedeutiche a collaborazioni concrete fra i Consorzi dei Comuni dei tre territori. Tante sono le tematiche sviluppabili, a partire dall’incentivare i gemellaggi in ambiti trasversali, dando il giusto supporto tecnico ed economico ai Comuni interessati. Ad esempio, incentivando lo scambio fra Associazioni ed in particolare tra i Vigili del Fuoco Volontari – Freiwillige Feuerwehr. Energia Idroelettrica. L’acqua bene comune. Si propone di strutturare, in collaborazione con Eusalp e Argealp, un’apposita Convenzione per governare la gestione ed il mantenimento del patrimonio più grande che il nostro territorio possiede, l’acqua! L’acqua è un bene da tutelare sotto tutti i punti di vista, in prima istanza per l’enorme produzione di energia idroelettrica che tutto il mondo ci invidia e, in seconda battuta, per l’altrettanto invidiata bellezza che dona al nostro ambiente. Viabilità e ambiente. Il tema dell’impatto ambientale, generato dal crescente incremento del traffico di transito lungo l’asse autostradale del Brennero da Borghetto a Kufstein, continua ad essere di attualità. Accanto alle iniziative per fornire soluzioni sostenibili riferite al trasporto merci su gomma, è opportuno proporre soluzioni percorribili anche in riferimento al traffico leggero (veicoli di peso inferiore alle 3,5 tonnellate), che ha un ruolo non trascurabile per l’impatto sulla qualità dell’aria e sulla viabilità. La mobilità sostenibile attraverso le Alpi è un tema su cui si incentrano varie problematiche, che vanno dall’ambiente alla tutela del clima, per cui va ricercata una soluzione comune che punti alla riduzione dinamica della velocità lungo l’Autostrada del Brennero da Borghetto a Kufstein, questo per ridurre le criticità legate alle emissioni di ossidi di azoto e degli inquinanti in genere. Si propone inoltre, per incentivare la conoscenza del territorio, l’istituzione di una Vignetta a prezzo calmierato, da mettere a disposizione dei residenti nel territorio euroregionale. Archivi storici. Non solo Euregio. Si propone di affinare ed integrare le collaborazioni già in essere fra i diversi archivi storici esistenti sul territorio euroregionale ampliandole agli Archivi Storici Nazionali e agevolando lo scambio di dati, materiali e documenti. Si dovrà incentivare e sostenere la digitalizzazione su ampia scala e, soprattutto, la messa in rete dei documenti, avvalendosi anche di fondi europei transfrontalieri dedicati. In questo modo, studiosi, storici, ricercatori ed appassionati avrebbero la possibilità di accedere ai documenti (o almeno ai dati) anche a distanza, con ulteriore valorizzazione dei preziosi fondi archivistici euroregionali, contribuendo anche alla loro conservazione. Inoltre, contribuirebbe all’incremento e all’ottimizzazione di tutte le attività specifiche deputate agli archivi e agli archivisti, diminuendo i carichi di lavoro a cui sono soggetti almeno per la parte derivante dalla notevole mole di ricerche documentali svolte su richiesta. 1939-1945: Minoranze e Opzioni. Le minoranze linguistiche dei tre territori sono un patrimonio culturale fondamentale, che l’Euregio deve valorizzare attraverso progettualità dedicate. Una delle idee potrebbe essere la rielaborazione comune della storia delle opzioni che ha coinvolto le popolazioni sudtirolesi e trentine con le minoranze mochene e cimbre. Per questo è importante recuperare questa storia: una delle tante, piccole e grandi vicende che rendono così speciale ed unica la nostra Euroregione. Va implementata, aggiornata e divulgata la documentazione esistente e proveniente da numerosi archivi, come ad esempio l’Archivio Diocesano Tridentino o l’Archivio Federale di Stato di Berlino. Esistono anche interviste a testimoni che sino ad ora quasi nessuno ha avuto modo di ascoltare. Questo importante contributo servirebbe a colmare, almeno in parte, una lacuna della storia contemporanea. Turismo: un logo comune. Il territorio euroregionale si contraddistingue per l’enorme mole di infrastrutture turistiche, al top a livello mondiale per l’accoglienza e la qualità dei servizi offerti. Si propone la realizzazione di un logo che richiami l’Euregio, da studiare in collaborazione con le strutture competenti, per commercializzare e vendere il prodotto turistico in modo più razionale e selettivo. Si potrebbero inoltre sviluppare notevoli sinergie nel campo infrastrutturale, anche ripensando il sistema, in particolare quello alberghiero, con uno sviluppo nel campo delle professioni collegate e la conseguente creazione di una scuola universitaria a livello euroregionale con sede a Trento.
La governance provinciale.
Da sempre il PATT+Autonomisti+Popolari sostiene l’opportunità di modificare la legge elettorale a turno unico che prevede l’elezione diretta del presidente, che ha dimostrato tutti i suoi limiti, ha provocato la disaffezione dei cittadini per il voto ed ha determinato nelle istituzioni un clima che non favorisce il confronto. Una nuova legge elettorale, più rispondente ai criteri di rappresentatività degli elettori, porterebbe ad un maggior coinvolgimento della popolazione, ora sceso ai minimi storici. Non si costruiscono buone politiche con i voti di protesta e solo con i voti dei pochi che intendono ancora avvalersi di questo fondamentale principio di democrazia partecipativa. Per questo, chiediamo l’impegno della coalizione ad intervenire sul sistema elettorale. Noi riteniamo fondamentale tornare ad un sistema elettorale proporzionale (seppure con una congrua soglia di sbarramento), simile a quello della Provincia autonoma di Bolzano (l’uniformità del sistema elettorale delle due Province rafforzerebbe in maniera sostanziale l’unità del quadro regionale) o, in alternativa, puntare ad un sistema elettorale a doppio turno sul modello previsto per i Comuni oltre i 3.000 abitanti (così da garantire che chi vince rappresenti realmente più della metà degli elettori). Riteniamo fondamentale anche procedere ad un aumento delle preferenze previste sulla scheda elettorale: quattro preferenze, come in Provincia di Bolzano, mantenendo l’attuale normativa sul voto di genere. Questo provvedimento garantirebbe anche alle valli più piccole o meno rappresentate, così come ai giovani che si avvicinano alla politica, di poter ambire ad una rappresentanza in Consiglio Provinciale, evitando assenze di rappresentatività.
I Comuni e le Comunità di valle: presìdi territoriali in una governance multilivello.
Dobbiamo ridare voce ai nostri territori evitando il centralismo di Trento sulle valli. È giusto e doveroso valorizzare i presidi territoriali, Comuni e Comunità di valle, dando loro tutti gli strumenti e le risorse necessarie per poter funzionare al meglio. La Provincia deve tornare ad essere un soggetto regolatore e di controllo di un potere esercitato dai territori: alla Provincia la regia, la definizione degli obiettivi e degli indirizzi; ai Comuni la gestione delle loro competenze. Si deve produrre una forte riorganizzazione della macchina provinciale, prestando particolare attenzione alla sburocratizzazione e alla semplificazione amministrativa, con un percorso, che si può definire rivoluzionario rispetto al passato, che non può prescindere dalla condivisione da parte della dirigenza e dai quadri provinciali. I Comuni devono ritornare ad essere il secondo perno della nostra Autonomia. La rappresentanza politica ed amministrativa delle singole comunità deve rimanere in capo ai Comuni. Dobbiamo riportare le competenze proprie e delegate in capo ai Comuni, restituendogli la competenza urbanistica e la gestione del territorio. Ai Comuni dovrà essere restituito il potere amministrativo delle Comunità di valle. Si dovrà produrre una nuova articolazione della struttura provinciale specchio della nuova organizzazione, con strutture di riferimento delle Comunità che hanno il compito di fare sintesi amministrativa dell’azione delle Comunità di valle nei confronti della Provincia e viceversa. I Comuni hanno un ruolo fondamentale nel nostro sistema istituzionale. La loro autonomia può essere garantita solo con la certezza delle risorse, sia in termini finanziari che di personale formato e motivato. Non può esserci autonomia se non c’è certezza di risorse. Si deve di conseguenza ritornare alla determinazione di una percentuale fissa delle entrate della Provincia da trasferire ai Comuni, a cui spetterà, attraverso il Consiglio delle Autonomie, determinare le modalità di una distribuzione equa. Inoltre:
– vanno garantiti trasferimenti certi e adeguati di parte corrente per mantenere e possibilmente ampliare i servizi ai cittadini;
– ai Comuni, soprattutto ai piccoli e medi, va garantito uno standard minimo di personale con le relative risorse;
– vanno garantite a tutti, proseguendo in maniera regolare con i corsi concorsi, le figure dei Segretari Comunali;
– vanno adottate iniziative per il riconoscimento del ruolo del personale, lasciando la possibilità, in determinati settori, del lavoro agile;
– vanno tutelati i Comuni, soprattutto i piccoli, che troppo spesso si vedono “rubare” i dipendenti (magari appena assunti tramite concorso) dai Comuni più grandi o dagli enti provinciali e regionali;
– occorre garantire risorse certe anche per gli investimenti, a partire dalla riproposizione del budget di legislatura;
– è necessario prevedere un budget anche per progetti di sviluppo sovracomunale, gestiti con la regia delle Comunità di valle assieme alla Conferenza dei Sindaci;
– occorre rafforzare il ruolo del Consorzio dei Comuni, affinché possa farsi carico, assieme alla Provincia, di alcuni adempimenti amministrativi e burocratici e di particolari attività che per i piccoli Comuni sono di difficile gestione;
– vanno sostenute ed incoraggiate le gestioni associate su forma volontaria.
L’autogoverno va promosso e declinato a tutti i livelli rispetto alla Provincia: le Comunità di valle non possono essere svilite a centri servizi e i Comuni, che si fanno carico dell’ascolto dei territori, possono essere propulsori di coesione sociale, di condivisione di obiettivi e progettualità, di sviluppo delle valli. Va portata vanati la riforma dei Segretari comunali e data certezza delle risorse umane operanti all’interno dei Comuni. Ogni Comunità di valle potrà costituire una propria società in house (se non già esistente) per la gestione dei servizi non imprenditoriali (centrale unica di committenza, gestione del ciclo delle acque, gestione delle infrastrutture non concessionate, raccolta porta a porta dei rifiuti, informatica, gestione calore, parcheggi, ecc.).
Un Trentino policentrico.
Pensiamo ad un Trentino policentrico, capace di esaltare le vocazioni e le collaborazioni tra territori. Dalla vocazione all’innovazione alla cultura della montagna, dall’apertura internazionale all’attenzione alle radici, dalla coesione sociale all’appartenenza al territorio: un insieme di valori ed attitudini che consente una feconda coesistenza tra contesto urbano e di valle, tra il centro e le aree periferiche. Lo sviluppo del Trentino dipende infatti dalla capacità di coniugare la crescita e lo sviluppo con il lavoro e la protezione sociale e di favorire una virtuosa convivenza tra città e valli. Siamo in un contesto in cui dobbiamo promuovere collaborazioni tra singole realtà territoriali. Non esistono più infatti sistemi territoriali strutturati in modo gerarchico con centri e periferie, ma territori policentrici che devono favorire le interconnessioni con un approccio di scambio e complementarità. Il governo dell’Autonomia dovrà essere sempre più in grado di fare sintesi tra queste diverse vocazioni e farsi interprete dei diversi bisogni della società trentina. Per fare questo vogliamo favorire un positivo incontro tra culture politiche ed esperienze civiche, sapendo rappresentare il luogo di incontro tra la tradizione popolare e quella autonomista e al tempo stesso sapendo essere un punto di riferimento solido per una ricca rete di amministratori sul territorio.
UN TRIANGOLO DI IDEE PER UNA VISIONE DI FUTURO
Siamo tutti consapevoli che le condizioni di vita di una parte consistente di cittadini trentini stanno peggiorando perché le retribuzioni attuali, sia ai livelli iniziali che negli avanzamenti di carriera, per un’ampia fascia di occupati non sono più in grado di garantire livelli adeguati. L’incremento dei salari, una maggior disponibilità e l’accessibilità anche economica di asili nido e di abitazioni, una sanità e un welfare efficienti e a portata di tutti, questi i cardini su cui si gioca la nostra possibilità di crescere e progredire. In un “Triangolo di idee”, tre tematiche distinte sono collegate da un fil rouge che le unisce e le accresce in sinergia. I tre lati del triangolo sono formati da mobilità e interconnessioni infrastrutturali, edilizia abitativa ed abitare giovane, spopolamento e denatalità. Iniziando con il primo lato, la mobilità rappresenta un tassello fondamentale per la visione del territorio che spazia ben oltre l’orizzonte di legislatura. Ci si prospetta davanti un periodo molto importante e ricco di cambiamenti, pensando ad esempio allo sforzo collegato al contrasto ai cambiamenti climatici. Per noi un territorio interconnesso significa ripensare le attuali strutture di collegamento viario, specialmente per quanto riguarda i collegamenti viari tra città e valli, zone periferiche e centrali, e rappresenta una via effettiva per valorizzare e dare nuove prospettive a territori distanti. Questo concetto è articolabile in diverse maniere, innanzitutto pensando ad una prospettiva di efficientamento delle infrastrutture esistenti o la modifica della viabilità per rendere il traffico più scorrevole e possibilmente estrarlo dai centri abitati. Vale anche la pena di pensare ad arterie che possono cambiare radicalmente il paradigma di collegamento tra zone, come i progetti di nuovi tratti ferroviari. Si tratta di progetti ambiziosi e molto costosi, ma importanti e fattibili se inseriti in una strategia coerente che guardi non solo alla legislatura ma ad una prospettiva di più lungo respiro. Viene dunque naturale trovare il collegamento con il secondo lato del “Triangolo programmatico”, ovvero un focus sullo spopolamento delle aree più distanti dal centro provinciale. Vallate periferiche che negli anni hanno visto la diversificazione lavorativa e settoriale tante volte perdersi sotto il peso della monocultura turistica, che, seppur importantissima contribuente e attrice dello sviluppo economico, risulta talvolta non del tutto sostenibile per gli equilibri sociali delle realtà più periferiche. Per tale motivo, unitamente a collegamenti efficienti e rapidi verso i centri decisionali più importanti, andrebbe improntato un progetto a 360 gradi per contrastare con ogni mezzo lo spopolamento delle zone decentrate, che però si strutturi in maniera organica e non si limiti alla semplice concessione di incentivi con il contagocce. Seguendo il principio economico dei moltiplicatori, è necessario investire in infrastrutture che vadano a creare il necessario “contorno” che permetta alla popolazione locale di rimanere a vivere nelle vallate, come ad esempio un’infrastruttura di rete ad alta velocità che vada a coprire tutte le aree montane, una rete di servizi completa ed efficace, un’istruzione terziaria e universitaria maggiormente integrata coi tessuti produttivi territoriali e che permetta agli studenti di sviluppare competenze utili alla realtà locale. Gli incentivi sulla base di crediti di imposta per coloro che riescono ad assumere neolaureati locali, o per coloro che invece di trasferirsi decidono di utilizzare le loro competenze sul territorio di origine o su uno periferico, possono essere vie perseguibili da parte del pubblico per fermare l’emorragia verso il centro. Importante è anche favorire una prospettiva che permetta nelle aree più remote di superare la monocultura del turismo. Investire perché le aziende si adeguino tecnologicamente permette di rimanere al passo con la concorrenza, anche se distanti dai grandi poli di aggregazione, e di fornire nuove prospettive al mercato del lavoro, soprattutto nell’ambito delle nuove professioni. Non va trascurata, poi, anche l’emergenza abitativa che soprattutto negli ultimi tempi impone, in particolare alle generazioni più giovani, un conto aspro da pagare. Soprattutto nelle zone ad alta frequenza turistica, gli immobili disponibili aumentano di prezzo ad un ritmo vertiginoso, alimentato dalla crescente domanda da parte di turisti di residenze ad uso ricreativo e dagli alti profitti spuntati dagli alloggi a scopo turistico rispetto a quelli ad uso abitativo primario. A Trento e dintorni, per la presenza dell’Università e per i crescenti utilizzi come B&B e Airbnb, è quasi impossibile trovare abitazioni in affitto. L’emergenza abitativa finisce, quindi, per toccare maggiormente i giovani e chi desidera emanciparsi dall’ombrello della presenza genitoriale. La Provincia, attraverso i suoi enti strumentali come ITEA Spa, dispone di importanti leve che potrebbero aiutare i Comuni a fare rete per gli alloggi comunali e quantomeno ad alleviare questa annosa situazione. Va assolutamente pensato un nuovo piano straordinario, attraverso il quale realizzare nuovi alloggi per far fronte alle richieste delle famiglie meno abbienti (ne servono almeno tremila), razionalizzare gli alloggi pubblici, valorizzando le strutture sfitte ed al contempo sistemando gli edifici, aumentandone l’efficienza energetica in un’ottica di sostenibilità. Gli edifici così ottenuti successivamente potranno essere affidati a giovani single e a giovani coppie (naturalmente previa definizione di appositi requisiti) che sempre più faticano a trovare alloggi a canoni abbordabili per programmare il loro futuro. In questo modo si investirà sugli immobili già di proprietà ITEA, fornendo risposte ai territori e anteponendo obiettivi imprescindibili come ripopolare il territorio montano, recuperare il patrimonio abitativo, riqualificare urbanisticamente il territorio. Proposte che non devono essere orientate esclusivamente a categorie considerate indigenti, ma che devono rivolgersi in primis alle nuove generazioni. Vanno portati avanti i progetti “Co-living: collaborare, condividere, abitare” e “Casa nel cuore delle Alpi”, avviato con buoni risultati (a Luserna e a Canal San Bovo) per invertire la tendenza allo spopolamento della montagna, proponendo soluzioni abitative per valorizzare il patrimonio ITEA non utilizzato e creare per le giovani coppie le condizioni ottimali per diventare autonome e costruire un progetto di vita che al contempo contribuisca allo sviluppo e alla vita di un territorio montano. Serve una nuova legge provinciale per ricompattare il patrimonio abitativo parcellizzato e non più utilizzato da anni, per sostenere le costruzioni, anche utilizzando la formula cooperativa. Vanno studiate specifiche agevolazioni per il recupero degli immobili,soprattutto in centro storico: non il Superbonus nazionale al 110%, ma una misura comunque significativa, bancabile, attuata anche con la collaborazione delle Casse Rurali e del credito locale, che possa essere spalmata su più anni, aiutando chi ne ha effettivamente bisogno ed evitando le speculazioni. Una misura che può, inoltre, contribuire al rilancio dell’economia locale. Il recupero degli immobili ha il duplice vantaggio di non consumare territorio e di valorizzare ciò di cui già disponiamo. Ad esempio, i locali chiusi, originariamente commerciali, possono essere valorizzati con progetti globali e messi a disposizione di iniziative di giovani o per i giovani. Possono essere messe in circolo risorse pubbliche e private, con lo scopo di raccogliere sul territorio per restituire idee e progetti, senza fossilizzarsi sull’esistente. Un’efficace infrastrutturazione del territorio, seguendo il principio economico dei moltiplicatori, determina sicuramente un terreno fertile per lo sviluppo di un territorio sano e fiorente e, a lungo andare, può portare all’inversione del trend negativo delle nascite, che affligge il Trentino quanto il resto del Paese.
UN TRENTINO REALMENTE SOSTENIBILE
Nel 2018 a livello europeo è stato concordato l’obiettivo di una quota del 32% del consumo energetico da fonti rinnovabili entro il 2030. Nel luglio 2021, alla luce delle nuove ambizioni dell’Unione in materia di clima, è stato proposto ai legislatori di innalzare l’obiettivo, portandolo al 40%, sempre entro il 2030. Il Trentino, che nei secoli ha sempre saputo trasformare la complessità e la fragilità tipiche del territorio montano in opportunità di crescita e sviluppo, può e deve fare molto anche in materia di energie rinnovabili. Noi crediamo che sia solo la somma di tante azioni virtuose, anche piccole e soprattutto dei singoli cittadini, imprese, cooperative, associazioni con la loro innata naturale intraprendenza, che consentirà il raggiungimento anche del più ambizioso degli obiettivi. La Provincia ha adottato già da qualche anno la Strategia Provinciale per lo Sviluppo Sostenibile (Spross) ed ora l’emergenza climatica, che di anno in anno si aggrava e si appalesa, rende necessario attuare gli obiettivi previsti, privilegiando ogni politica, sia in campo sociale che ambientale ed economico, finalizzata al risparmio di energia, alla produzione e al consumo di energia rinnovabile, alla riduzione dei rifiuti e alla promozione dell’economia circolare, al contenimento degli sprechi di risorse naturali. La responsabilità dell’Autonomia ci impone di assumere oggi scelte che, oltre a soddisfare le esigenze del presente, guardano al benessere delle generazioni future. Le politiche indicate nella Strategia provinciale devono condizionare il modo di vivere e di produrre dei cittadini trentini e dei suoi ospiti, attribuendo alla nostra Provincia un marchio chiaro e riconoscibile di sostenibilità e caratterizzandone l’immagine di un territorio che crede e investe sullo sviluppo sostenibile; una terra capace di cogliere, anche sotto l’aspetto produttivo, tutte le opportunità offerte da nuovi modelli di sviluppo. Va incentivato lo spirito cooperativo, che ha fatto crescere la nostra terra, per stimolare la coesione sociale, promuovere la condivisione di obiettivi e di progettualità innovative in uno spirito di sussidiarietà e di sistema. La cooperazione è un partner strategico, competente e capillare sul territorio, sia per il sistema produttivo, in particolare per quello agricolo, che per l’ampia gamma di servizi che è in grado di organizzare a tutti i livelli. Ogni iniziativa orientata alla sostenibilità, sia da parte degli enti pubblici che delle famiglie, del volontariato e delle imprese, va convintamente sostenuta e incentivata con sgravi fiscali e contributi, assegnando priorità e corsie preferenziali all’interno delle politiche pubbliche, anche al fine di rendere il Trentino un territorio sempre più apprezzato e riconoscibile per la sua vivibilità e per la qualità ambientale. Occorre trovare soluzioni per rispondere alla “tempesta perfetta” che vede i costi dei consumi energetici moltiplicati con la conseguente difficoltà di enti, società e cittadini a far quadrare i propri bilanci. Ci rendiamo conto che in questo momento servono scelte coraggiose e forse anche impopolari, ma dobbiamo comunque riservare un’attenzione particolare alle famiglie, agli anziani, alle persone fragili e alle piccole imprese che sono in difficoltà economica per l’aumento sconsiderato dei costi energetici, anche se recentemente in parte rientrati. Tutti i Comuni trentini sono oggi in difficoltà a chiudere i bilanci di previsione a causa dei consumi energetici. Va introdotta un’azione di supporto che eviti alle municipalità di dover ricorrere ad iniziative drastiche, come l’aumento dell’IMIS sulle seconde case o, peggio ancora, l’addizionale IRPEF che toccherebbe i redditi di tutti. Il sostegno agli investimenti per migliorare l’efficienza energetica ed i conseguenti risparmi di energia primaria devono essere una priorità nella politica energetica della provincia. Vanno quindi ampliati sia il tipo che le percentuali dei contributi per l’efficientamento energetico degli immobili e allo stesso tempo vanno anche sostenuti gli investimenti per il miglioramento energetico dei processi produttivi. E ciò affiancando agli incentivi statali anche nuovi ed efficaci incentivi provinciali che abbiano una caratteristica fondamentale di stabilità sia nel tempo che nell’importo, anche per evitare le “bolle” a cui abbiamo assistito in questi anni causate da misure spot e non strutturali. Le nuove infrastrutture devono essere declinate in un’ottica di sostenibilità, promuovendo e favorendo l’ecosostenibilità e le politiche green, partendo da una forte azione divulgativa rivolta agli amministratori e alla popolazione perché siano condivise. Nelle pratiche agricole vanno adottate il più possibile tecniche poco impattanti e nella zootecnia vanno privilegiati gli impianti a biogas e i centri di raccolta della biomassa. Il Trentino, con il completamento dell’infrastruttura a banda larga, deve essere totalmente interconnesso anche a livello digitale, un territorio smart per garantire servizi sempre più veloci ed efficienti a tutte le varie comunità.
AZIONI E PROPOSTE
Valorizzazione della risorsa acqua e la rendita idroelettrica.
Sempre più l’acqua sta diventando e si conferma un bene prezioso da non sprecare. All’interno del PGUAP, il Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche, devono essere previsti, oltre alle misure di salvaguardia delle risorse disponibili, specifici interventi di efficientamento del sistema idrico e di reperimento di nuove fonti di approvvigionamento. Per ottimizzare l’utilizzo, si devono al più presto realizzare invasi per trattenere l’acqua a scopo irriguo e finanziare un piano interventi degli acquedotti (alcuni realizzati negli anni ‘60-‘70) per ridurre le perdite di acqua potabile, che interessano ancora una parte consistente del territorio provinciale. Si tratta di una priorità assoluta, a cui dare risposta entro tempi non più procrastinabili.
Piano decennale per la sistemazione degli acquedotti comunali.
Considerati i cambiamenti climatici in atto e in particolare la forte riduzione delle precipitazioni piovose e nevose sull’intero arco alpino, sempre maggior attenzione necessita la gestione senza sprechi della risorsa naturale dell’acqua anche nel nostro territorio. Secondo stime dell’Agenzia Provinciale per le Risorse Idriche e l’Energia (APRIE) del 2022, gli acquedotti trentini perdono tra il 30% e il 40% della loro portata. Serve con urgenza un piano di intervento, che proponiamo decennale, di manutenzione e sostituzione delle condutture per limitare le perdite. Sono necessari interventi di manutenzione e pulizia del tessuto idraulico (rivi e torrenti) del territorio provinciale e dei bacini di accumulo esistenti, ripristinando i volumi di invaso (capacità) originari al fine di assicurare una protezione idraulica del territorio, evitando situazioni critiche di piene e alluvioni. La regolare manutenzione dei bacini e un osservatorio sul loro status permettono di sopperire alla carenza d’acqua, consentendo una gestione più accorta, e garantiscono un primo presidio verso calamità naturali sempre più frequenti e in caso di incendi sul territorio. Si propone al contempo un piano di realizzazione di nuovi bacini su tutto il territorio provinciale/regionale, che coniughi al contempo esigenze di tutela ambientale, di protezione del territorio, di valorizzazione del turismo e di risposta alle istanze dell’agricoltura.
Concessioni idroelettriche.
La grande disponibilità di acqua in movimento che offre il nostro territorio è un potenziale ancora non totalmente espresso e per questo è prioritario introdurre ogni politica atta ad efficientare la sempre più strategica risorsa idroelettrica, che rappresenta la risorsa fondamentale per lo sviluppo e la qualità ambientale di un qualsiasi territorio, tanto più per una provincia montana come la nostra.L’attuale impostazione dello svolgimento delle gare per le concessioni va modificata. È di tutta evidenza che l’obiettivo politico primario della Provincia non può che essere quello di mantenere sul territorio la più alta percentuale possibile della rendita idroelettrica diretta ed indiretta. Un risultato che si potrà raggiungere solo focalizzandosi sull’obiettivo di mantenere sostanzialmente invariato l’attuale assetto complessivo – anche dei concessionari
– mediante una proroga della scadenza delle piccole e grandi derivazioni, pur sapendo che la proroga, anche se breve, deve essere negoziata con lo Stato e con la Commissione Europea al fine di evitare l’attuale stato di incertezza che limita i necessari investimenti. Sarà preciso impegno e compito di una “politica alta” saper spiegare e far condividere a tutti gli interlocutori le buone ragioni della montagna trentina – e di tutte le popolazioni di montagna
– della difesa del “diritto naturale” a gestire, usufruire e beneficiare direttamente della risorsa idroelettrica e ciò per scongiurare che alle comunità locali rimanga solo l’inevitabile danno che ne deriva.
Va confermato e salvaguardato, per la sua natura di soggetto prevalentemente pubblico, il ruolo del Gruppo Dolomiti Energia e vanno perseguite, migliorate ed ampliate tutte le possibili sinergie fra il territorio ed il Gruppo, che per la sua esperienza maturata, quale primo gestore del servizio idrico e concessionario della risorsa idrica ai fini della produzione idroelettrica, riveste un innegabile ruolo strategico di presidio economico, tecnico e soprattutto di competenze e saperi nell’uso della risorsa acqua, nella tutela dell’ambiente e nella gestione dei servizi pubblici fondamentali per lo sviluppo del nostro territorio. Va quindi garantita la gestione diretta delle piccole derivazioni di cui i Comuni sono concessionari e che consente alle nostre piccole comunità di introitare risorse e operare risparmi di spesa. A tale scopo, è necessario garantire le proroghe delle piccole concessioni idroelettriche che alimentano i bilanci dei nostri Comuni e dei nostri Enti territoriali, come pure dovrà essere perseguita la proroga delle grandi concessioni idroelettriche per garantire le ricadute sia dirette che indirette sul territorio. Se verrà imposto il modello della gara ordinaria per il rinnovo delle concessioni, l’obiettivo della Provincia autonoma quale ente concedente dovrà essere quello di riservare a favore della comunità trentina il massimo della ricchezza possibile prodotta dalle grandi derivazioni. L’unica strada percorribile in questo caso è quella di agire sull’entità dei canoni demaniali e/o aggiuntivi aumentandoli rispetto agli attuali (preferibilmente in misura fissa), lasciando ai concessionari la loro proposta competitiva sui progetti di investimento per il miglioramento ed ottimizzazione degli impianti, al fine di migliorarne l’efficienza e la redditività future e per garantire il miglioramento dell’ecosistema fluviale ed in generale dell’ambiente.
I cittadini e la risorsa idroelettrica: le nostre proposte.
Oggi, purtroppo, i cittadini trentini sono al margine della partita energetica, non sono direttamente coinvolti perché è difficilmente praticabile un azionariato diffuso e popolare nelle società concessionarie o nella holding Dolomiti Energia e una soluzione di questo tipo sarebbe comunque appannaggio di chi possiede già importanti disponibilità finanziarie. L’accesso dei cittadini trentini alla rendita idroelettrica non è nemmeno fattibile distribuendo per “cassa” la risorsa. Per questo motivo si propone che i canoni demaniali introitati, anche aggiuntivi, trovino una chiara destinazione di scopo nel bilancio della Provincia a favore dei Trentini, in modo che questi possano comunque averne accesso in modo indiretto.
Nello specifico si propone di:
1. creare un primo fondo strutturale da finanziare annualmente con parte dei canoni idroelettrici a beneficio delle persone e delle famiglie deboli e bisognose per attenuare, o azzerare se occorra, l’onere del costo energetico ed eventualmente, nei casi meno gravi, per finanziare a titolo di contributo gli eventuali oneri di rateizzazione del debito maturato nei confronti delle società commerciali, al fine di evitare distacchi delle utenze, disagi e maggiori oneri;
2. creare un secondo fondo strutturale, sempre da finanziare con parte dei canoni idroelettrici, per erogare, in aggiunta alle eventuali agevolazioni statali, contributi in conto capitale e a fondo perduto a favore delle famiglie e cittadini che investono in altre fonti rinnovabili, quali geotermia, fotovoltaico, biomasse, pompe di calore, o nell’efficientamento energetico e con ciò diminuire in modo strutturale i consumi energetici delle famiglie;
3. creare un terzo fondo strutturale, da finanziare anch’esso con parte dei canoni demaniali, per erogare, in aggiunta alle eventuali agevolazioni statali, contributi in conto capitale e a fondo perduto per le imprese e le comunità energetiche che investono in fonti di produzione rinnovabile e nell’efficienza dei loro processi produttivi;
4. destinare effettivamente l’attuale canone ambientale o parte dei canoni di spettanza della Provincia ad investimenti nel settore ambientale, al fine di mitigare effettivamente l’impatto che le grandi derivazioni a scopo idroelettrico hanno sul territorio, mediante la trasformazione di parte dell’attuale canone ambientale in opere da realizzare sulla base di piani di investimento pluriennali obbligatori nel settore ambientale, di iniziativa e a carico dei concessionari e finalizzati all’effettivo miglioramento e alla manutenzione degli alvei e dei corsi d’acqua (oggi il canone ambientale richiesto ai concessionari non ha una destinazione di scopo per il miglioramento dell’ambiente e viene utilizzato dagli enti per le più disparate finalità).
La mobilità.
Per quanto riguarda il tema della mobilità urbana ed extraurbana, il mezzo pubblico è attrattivo solo se è ampio nell’offerta, funzionale, effettivamente fruibile, facilmente accessibile e se risponde alle aspettative degli utenti. Più mobilità pubblica significa meno traffico e meno inquinamento. Va incentivata con convinzione la mobilità elettrica, favorendo e sostenendo l’acquisto di mezzi elettrici e promuovendo la realizzazione di una capillare rete di ricarica per autovetture e biciclette elettriche. Va inoltre completata la rete provinciale delle piste ciclabili per favorire l’uso della bicicletta anche per spostamenti giornalieri oltre che turistici.
Gestione rifiuti: è giunta l’ora della responsabilità.
La situazione dello smaltimento rifiuti in Provincia di Trento è ormai fuori controllo. Privi di un impianto industriale per lo smaltimento dei rifiuti a causa di una storica miopia ambientalista, la situazione, com’era prevedibile, è implosa. Ora va assolutamente chiuso il ciclo dei rifiuti. Non si può più aspettare; è giunto il momento di decidere e di fare. Un tema improcrastinabile riguarda lo smaltimento della frazione indifferenziata dei rifiuti: il virtuosismo della nostra Provincia nell’ambito del riciclo, del riuso e dell’economia circolare non ci sottrae dalla necessità di evitare soluzioni non responsabili oltre che costose, quali l’esportazione dei rifiuti fuori provincia (che è deprecabile anche dal punto di vista etico) o altre scelte impattanti dal punto di vista ambientale (apertura di nuove discariche che hanno il solo merito di lasciare in eredità ai nostri figli oltre che il problema anche un ambiente inquinato). Per questo chiediamo che si proceda concretamente e celermente verso l’individuazione della soluzione migliore e più sicura, che sia un termovalorizzatore o un gassificatore, per smaltire i rifiuti prodotti sul nostro territorio, anche quelli oggi ancora stoccati nelle discariche, per non lasciare in eredità ai nostri figli vere montagne di rifiuti, producendo energia e vagliando l’ipotesi di abbinare la possibilità del teleriscaldamento, in un’ottica di ottimizzazione delle risorse energetiche a nostra disposizione. Ovviamente l’impianto dovrà essere realizzato nella massima sicurezza, prevedendo adeguate misure di compensazione in servizi utili alle comunità che dovessero risultare penalizzate dal traffico di mezzi pesanti o dall’aria maleodorante. Risulta inoltre necessario individuare un sistema di raccolta differenziata dei rifiuti unica e standard su tutta la Provincia, in modo da creare le condizioni per la realizzazione di effettive economie di scala e di collaborazioni strette fra le aziende trentine che si occupano della raccolta. Occorre sostenere sistemi di raccolta differenziata più semplici, finalizzati sempre ad una corretta separazione del rifiuto, anche per semplificare la vita a cittadini ed imprese, valutando l’individuazione di sistemi industriali di differenziazione anche a valle della raccolta in strada.
Un nuovo modello di turismo.
Le mutate esigenze del turista ci impongono di pensare, già da subito, a nuove strategie di sviluppo turistico. Serve un cambio di passo e di maggiore celerità e decisione nell’adottare le scelte, in parte già prese, per un’offerta più diversificata e più sostenibile, coerente con le vocazioni dei territori e, al contempo, competitiva e attrattiva anche in futuro. I cambiamenti climatici e il conseguente innalzamento delle temperature, che stanno interessando anche il nostro territorio, ci impongono di studiare, almeno per le stazioni più a rischio di tenuta, proposte e soluzioni innovative. Consci del ruolo apicale che il settore turistico riveste per la nostra Provincia, la parola chiave anche in questo ambito deve essere “sostenibilità”, che non si deve però limitare alla mera sostenibilità ambientale, che già è di cruciale importanza non solo per questo settore, ma anche a quella sociale ed economica. Un modello di turismo che deve sapersi integrare con il tessuto sociale e culturale delle comunità che lo ospitano, sapendo mediare tra esigenze della popolazione locale e di quella ospite. Un’opportunità, quella offerta dalla proposta turistica, che sia sentita come positiva e valorizzata dai residenti, perché plasmata su caratteri identitari autentici, alimentata dai valori comunitari e dalle iniziative del volontariato, che trasmetta la percezione di un territorio vivo, aperto ed accogliente. Sostenibilità declinata, ad esempio, sulla possibilità che le giovani generazioni di locals possano permettersi di vivere e lavorare anche su un territorio dove il turismo è l’unica monocultura economica, limitando il numero di alloggi ad uso turistico che saturano il mercato, rendendo i prezzi degli alloggi proibitivi. Questo obiettivo non va lasciato al caso, ma normato in maniera dettagliata e precisa soprattutto dal punto di vista urbanistico, e, per non lasciare i territori sguarniti di offerta, deve accompagnarsi a interlocuzioni estese con le realtà locali, di modo che possano introdurre soluzioni di alloggio alternative per fare fronte alla domanda, senza compromettere il tessuto sociale delle varie realtà. Al contempo, la strada della sostenibilità si articola attraverso l’arricchimento di un’offerta più responsabile, che sappia valorizzare la qualità che è intrinseca nel nostro territorio e in ciò che ha da offrire. Questo risponde in maniera dettagliata alla sempre crescente richiesta da parte del turista di trascorrere le proprie vacanze in territori green che facciano dell’eccellente gestione del territorio e delle sue risorse la loro bandiera. Un turismo innovativo e un maggiore raccordo con il contesto agricolo rappresentano aspettative nuove, provocate dalla pandemia, ma anche opportunità di ideare soluzioni originali, senza per questo rinnegare il turismo tradizionale, a condizione che sia praticato dove sussistono presupposti e prospettive reali (clima, acqua, viabilità, strutture e ricettività). L’obiettivo a lungo termine deve essere quello di una riduzione del turismo di massa in favore di meno presenze ma con più capacità di spesa e meglio gestibili dal territorio. Per alcune zone ad alta intensità turistica, non attrezzate a gestire grandi numeri, non sono per questo da escludere contingentamenti o ingressi scaglionati. Questo si deve accompagnare a forti azioni di promozione di sistema, per comunicare come parte dell’offerta complessiva anche elementi non ancora utilizzati, come ad esempio l’energia verde (idroelettrica) che fa funzionare gran parte della provincia a zero emissioni. Per seguire questo percorso, è utile una forte collaborazione interregionale e transfrontaliera che permetta di condividere le best practices tra territori simili, come all’interno dell’Euregio e nel resto delle Alpi. In tale contesto, i già attivi organismi di cooperazione transnazionale, quali il GECT Euregio, EUSALP o la Convenzione delle Alpi, offrono spunti importanti per dare indirizzi strategici comuni nella direzione di un turismo responsabile in primis verso coloro che lo utilizzano. Un esempio di questa strada, che sta avendo seguito nelle azioni, è il Protocollo di attuazione della Convenzione delle Alpi per l’ambito del turismo, che da oltre trent’anni traccia le linee guida per “uno sviluppo sostenibile del territorio alpino grazie ad un turismo che tuteli l’ambiente, mediante specifici provvedimenti e raccomandazioni che tengano conto degli interessi della popolazione locale e dei turisti”. Questo tipo di sviluppo è perseguibile potenziando in primis le infrastrutture sul territorio, che possono andare a vantaggio sia dei turisti sia dei residenti. Infrastrutture viarie e nuovi collegamenti ferroviari, funiviari o potenziamenti degli esistenti possono fornire una giusta risposta a questa necessità, contribuendo ad aumentare la versatilità dei servizi offerti e, al contempo, eliminando inquinante traffico veicolare dalle principali arterie. Esiste uno stretto legame tra turismo ed agricoltura, che, come dimostrato in altre località, può favorire nuove dinamiche nelle economie turistiche locali, legate anche ai processi di produzione e trasformazione agricola. L’integrazione del territorio con la produzione locale tradizionale, in tutti i diversi settori dall’agricoltura, all’artigianato, ai servizi, e le reti tra i diversi attori del sistema economico possono agevolare la riconversione dell’offerta produttiva territoriale e favorire lo sviluppo di progetti innovativi che integrano ed arricchiscono l’offerta turistica attuale, la rendono riconoscibile e competitiva rispetto al resto del mercato. Occorre lavorare sulla cultura del turismo e dell’accoglienza, per fare in modo che l’intera comunità trentina sia consapevole dell’importanza del turismo per la tenuta dell’intero sistema economico provinciale. Occorre puntare su una promozione di sistema, che comunichi il Trentino nella sua offerta complessiva, valorizzando le singole eccellenze e le peculiarità specifiche dei territori, per dare della nostra Provincia un’immagine di qualità e la garanzia di serietà e affidabilità. Occorre infine risolvere l’annoso problema degli esami per nuove guide turistiche, oggi assolutamente insufficienti, superando l’assurdo blocco nazionale con una specifica norma di attuazione che attribuisca la competenza in capo alle Province autonome. Andrebbe poi studiata la possibilità di valorizzare i poli termali, anche recuperando, ove sostenibile, le antiche stazioni termali realizzate dall’Impero asburgico. L’agricoltura e l’allevamento, presidi primari della montagna. Dobbiamo valorizzazione l’agricoltura di montagna attraverso una seria politica di ripopolamento delle valli con misure concrete atte ad evitare il loro abbandono, aiutando la permanenza e il nuovo insediamento di realtà agricole che, vivendo la realtà montana, concorrono alla conservazione del paesaggio alpino e alla tutela idrogeologica dell’ambiente montano. A tal fine servono misure di supporto tecnico e gestionale alle realtà esistenti e a coloro che intendono avvicinarsi e insediarsi in tali luoghi. Devono essere perseguiti strumenti di semplificazione burocratica e di assistenza-consulenza alle diverse aspettative imprenditoriali locali, capaci di coniugare agricoltura, artigianato locale e turismo, favorendo misure di garanzia e di integrazione al reddito. L’agricoltura trentina è attesa da importanti sfide. La più impegnativa riguarderà l’adattamento ai cambiamenti climatici in atto che non sono più un’ipotesi ma una concreta realtà. Sicuramente vi sarà la necessità di fare sistema, coinvolgendo tutti gli esponenti più rappresentativi del mondo agricolo provinciale (dalla Fondazione Mach a CoDiPrA, APOT, Consorzio vini, alle organizzazioni professionali) che, attraverso una regia politica, possano muoversi per indirizzare le risorse economiche a mitigare gli effetti del clima che cambia. Pensiamo alla necessità di un uso parsimonioso e di recupero dell’acqua impiegata per l’irrigazione agricola, puntando su piccoli e medi bacini di accumulo che consentano di raccogliere nei momenti di maggiori precipitazioni le piogge e l’acqua dei torrenti per garantire nei periodi di siccità l’approvvigionamento idrico alle culture. Pensiamo anche alle piante stesse che dovranno essere coltivate in un clima più caldo, con la conseguenza di una maggiore patogenicità di alcuni tipi di insetti e l’arrivo probabilmente di specie che in passato non si sarebbero adattate ai nostri climi. Per questo sono fondamentali il ruolo svolto dalla ricerca e dalla genomica, che la politica può incanalare sulle esigenze trentine, l’impegno ormai consolidato nel solco della sostenibilità ambientale con la riduzione dell’impiego di prodotti fitosanitari, l’impiego di varietà resistenti, l’agricoltura di precisione 4.0 per la distribuzione dei prodotti chimici e dei concimi nei momenti di reale necessità. Occorre proseguire nel costante miglioramento delle pratiche colturali indirizzate al contenimento dell’uso degli agrofarmaci e all’ottenimento di prodotti agricoli di alta qualità, supportando la ricerca e l’innovazione del settore. Con il 2023 ci accompagnerà per i prossimi cinque anni il nuovo PSR – Piano di Sviluppo Rurale, che ha l’obiettivo di sostenere il reddito e la competitività del settore agricolo con nuovi impegni di sostenibilità ambientale, sociale e alimentare. Anche qui dovremo essere pronti come sistema per riuscire a intercettare tutte le risorse a disposizione senza lasciar cadere importanti possibilità di incentivi che possano far crescere le nostre aziende agricole e con esse l’occupazione di personale e il benessere dei territori creando un circolo positivo. Saranno importanti anche i bandi e le risorse che la Provincia metterà a disposizione sulle leggi provinciali di settore, che consentiranno di intervenire in maniera mirata su alcuni settori dell’agricoltura trentina, sostenendo le nostre attività e le nostre eccellenze. Risulterà quanto mai importante evidenziare e divulgare in maniera trasparente i passi enormi fatti dalla nostra agricoltura in ambito di salubrità. I nostri agricoltori sono abituati al “fare”, ma dovremo essere in grado anche di passare al “comunicare” quanto ottenuto in termini di sostenibilità in questi anni, in particolare con lo sviluppo e l’affinamento della lotta integrata che ha permesso di ridurre considerevolmente l’impatto degli anticrittogamici. Aziende del mondo agricolo molto importanti, infatti, hanno deciso di presentare un loro bilancio di sostenibilità, certificato da organismi terzi, che fa capire che la strada intrapresa è quella giusta. Il nostro territorio si sta caratterizzando sempre più da una forte e radicata tradizione agricola, ma accompagnata da un deciso impiego di nuove tecnologie e mezzi tecnici che consentono di ottenere la massima salubrità dei nostri prodotti agroalimentari, la conservazione e la salvaguardia del territorio, nonché il suo presidio. In agricoltura molto si è fatto anche per la sostenibilità sociale, ovvero tutte quelle pratiche che consentono un impiego di manodopera senza sfruttamento, con l’adozione dei CCNL di settore, l’offerta di alloggi dignitosi, di paghe congrue e di orari di lavoro concordati. Va ricordato poi il ruolo svolto dall’agricoltura in ambito di presidio del territorio. In molte zone interne italiane si è assistito a un abbandono completo dell’attività agricola con conseguenze quantificabili in aumento dell’erosione del suolo, imboschimenti incontrollati, frane e smottamenti. La pubblica amministrazione deve riconoscere questa peculiarità che solo il settore agricolo può garantire, riconoscendo incentivi per mantenere l’agricoltore sul territorio, specie nelle aree più difficili e a rischio spopolamento. La frutticoltura e la viticoltura trentina esportano in tutto il mondo. Fondamentale è mettere in campo un’efficace promozione, finalizzata a far conoscere i nostri prodotti a livello locale, ma capace anche di aprire nuovi sbocchi commerciali e di conquistare nuovi mercati. Vanno inoltre promosse l’interazione e le sinergie fra turismo e agricoltura, valorizzando il consistente flusso turistico che interessa il Trentino come mezzo di promozione per il consumo di prodotti locali.
In sintesi serve:
– la predisposizione, sul modello adottato dalla Provincia autonoma di Bolzano, di un Piano
strategico per l’agricoltura e di un Piano d’azione per l’agricoltura di montagna;
– rafforzare la cooperazione e la sinergia tra le istituzioni pubbliche al fine di analizzare il
comparto trovando utili strategie di sviluppo e valorizzazione del territorio montano e delle
sue possibilità;
– la creazione e il potenziamento di uffici pubblici di consulenza alle aziende agricole ed in
particolare di uno Sportello Amico;
– progetti sinergici tra turismo, agricoltura e piccolo commercio;
– la rivisitazione delle piattaforme informative in agricoltura che consenta agli imprenditori di disporre di informazioni chiare e precise.
Anche in funzione della necessità di conservare e valorizzare in chiave turistica l’enorme patrimonio di boschi e alpeggi della nostra Provincia, dobbiamo individuare ogni intervento perché siano garantite un’adeguata manutenzione e una corretta gestione. Le difficoltà che si incontrano nell’affidare la gestione dei pascoli e delle malghe impongono la necessità di sostenere gli allevatori locali e le realtà cooperative ed associative che storicamente ne hanno assunto la gestione, anche semplificando al massimo le norme che regolano la trasformazione e la consumazione dei prodotti in malga. Mettendo in campo, infine, ogni misura utile per proteggere gli alpeggi dalle razzie dei grandi carnivori che, oltre a provocare danni economici ingenti, mettono in pericolo e scoraggiano gli allevatori. Allo scopo di salvaguardare e promuovere l’allevamento ovino e la pastorizia d’alta quota, vanno tutelate e ripristinate, ove necessarie, le vie tradizionali della transumanza, nel 2019 dichiarata Patrimonio UNESCO dell’umanità.
Incentivare l’economia di montagna.
Il Trentino è territorio in massima parte montano e per questo, evitando inutili e improduttive contrapposizioni con i centri urbani, devono essere individuate specifiche politiche di sostegno per la montagna. Diventa importante, in particolare, incentivare la presenza sui territori montani di imprenditorialità diffusa: artigianato, commercio, agricoltura, turismo e servizi sono presenti in tutte le valli della nostra Provincia e garantiscono un presidio territoriale e opportunità occupazionali stabili anche negli ambiti più periferici. È necessario favorire azioni di progettazione e sinergie e predisporre linee di indirizzo comuni sui principali temi di interesse per l’economia montana: politiche infrastrutturali, mobilità integrata, tutela e valorizzazione dell’ambiente e del paesaggio. Vanno considerate e premiate maggiormente la complessità e la specificità dell’esercizio dell’attività d’impresa negli ambienti montani, sostenendo le imprese che operano in condizioni logistiche e territoriali sfavorevoli rispetto alle strutture di pianura, attraverso provvedimenti finalizzati a ridurne le condizioni di svantaggio. Sempre nell’ottica di rafforzare i territori di montagna, considerato che il turismo determina ricadute fondamentali per tutti i comparti, va resa effettiva un’offerta integrata con artigianato, piccolo commercio, agricoltura e servizi.
Una montagna viva e sicura.
Anche sulla base dei risultati forniti dagli Stati Generali della Montagna, vanno sviluppate politiche mirate di attenzione alla montagna e alle valli periferiche in un’ottica di maggior raccordo col fondovalle e di riequilibrio territoriale. L’utilizzo e la frequentazione attiva della montagna, per i Trentini ma anche e soprattutto per i turisti, richiedono un comportamento culturalmente responsabile, in termini di rispetto dell’ambiente naturale, di consapevolezza della sua fragilità rispetto ai territori urbanizzati di pianura, di percezione dei rischi e dei pericoli che possono insorgere praticandola. Gli alpeggi in quota e le tradizionali attività silvo-pastorali, praticate da secoli, costituiscono una componente storicamente significativa dell’offerta agricola trentina, non solo per il valore e la qualità della produzione, ma anche per la conservazione del paesaggio coltivato e il mantenimento di presìdi umani su territori e strutture (dagli alpeggi alle strade forestali e alle malghe) che, una volta abbandonate, sarebbero destinate al declino. Per questo occorre tutelare e valorizzare (anche economicamente) il nostro patrimonio silvo-pastorale, sostenere le attività e i progetti delle ASUC e delle proprietà collettive, perché costituiscono uno degli elementi caratterizzanti della vitalità della montagna trentina, della varietà della nostra offerta turistica e dell’originalità dello stesso marchio “Trentino”. In questo contesto va finalmente regolamentata la presenza dei grandi carnivori, che, grazie al processo di reintroduzione, non sono più in pericolo di estinzione. La loro consistenza deve essere contingentata e i soggetti pericolosi vanno rimossi per non mettere in pericolo la vita delle persone e la sopravvivenza dei capi allevati. Gli ultimi drammatici episodi dimostrano che il quadro normativo in vigore e le procedure finora adottate non siano sufficienti a garantire la sicurezza della popolazione attiva in montagna e a preservare gli alpeggi e le attività economiche, compresa quella turistica, nelle aree montane. L’alpeggio e la pastorizia sono, ormai da diversi anni, minacciati dalla crescente presenza dei grandi predatori. La vicinanza dei grandi carnivori ai paesi, alle abitazioni e alle stalle, unitamente alle predazioni su animali da reddito da parte dei lupi e alle aggressioni, di cui una tragicamente mortale, all’uomo da parte degli orsi e soprattutto la previsione di un aumento consistente del loro numero impongono urgentemente un intervento normativo di controllo e contrasto, al fine di garantire la sicurezza delle persone e prevenire ulteriori gravi danni alle colture e agli allevamenti. Vi è la necessità urgente di un contingentamento delle due specie in sovrannumero e con una crescita annua ormai fuori controllo. Gli Autonomisti hanno presentato una specifica proposta di legge che introduce la possibilità per la Provincia autonoma di Trento di usufruire delle deroghe gestionali ammesse dalla Direttiva habitat europea e che ha lo scopo di definire un sistema di controllo e di intervento locale a gestione autonoma sulla base di un Piano di controllo, elaborato e gestito dalla Provincia, con cui il controllo faunistico dei grandi carnivori può essere esercitato da persone, oltre che dagli agenti preposti alla vigilanza, adeguatamente formate ed in possesso di licenza per l’esercizio venatorio. Il Piano definisce il contingente dei grandi carnivori in rapporto alle esigenze di sicurezza pubblica, al contesto socioeconomico e al mantenimento della popolazione vitale della specie, il numero di soggetti catturabili, l’arco temporale previsto, le aree di intervento, le azioni ammesse (cattura per captivazione o prelievo) e l’individuazione dei soggetti problematici e pericolosi. Al contempo, va promossa, in ogni sede deputata a decidere, l’approvazione di una norma di attuazione che attribuisca alle due Province le competenze sulla gestione dei grandi carnivori.
UN NUOVO MODELLO URBANISTICO PER IL TRENTINO
È giusto e sacrosanto valorizzare i presidi territoriali, Comuni e Comunità di valle, dando loro strumenti concreti ed efficaci per operare pianificazioni aperte e stimolanti per gli imprenditori che saranno i primi a condividere progetti di perequazione e condivisione, se i vantaggi saranno reciproci. Si deve avere il coraggio di guardare oltre la pura salvaguardia, che è e rimane importante, stabilendo con maggiore precisione ciò che merita di essere salvaguardato. Nei centri storici serve intervenire con schedature che evidenzino i caratteri architettonici da salvaguardare negli interventi di demolizione e ricostruzione, anche parziale, che dovranno essere implementati per permettere un loro migliore utilizzo ed efficientamento energetico. Se non si saprà farlo, non saremo gli artefici della tutela, ma coloro che non progrediscono perché frenano eccessivamente. I territori più virtuosi della Mitteleuropa lo stanno già facendo. La qualità imposta nell’impostazione architettonica, spesso già praticata, si deve ampliare come modello operativo a tutto l’agire della società. Per definizione le normative urbanistiche regolano la trasformazione del territorio delineando una strategia per il futuro volta da un lato alla tutela delle peculiarità del territorio stesso, dall’altra ad un miglioramento dell’assetto urbanistico e della vita del cittadino. In un’unica parola, la pianificazione deve garantire la sostenibilità. E proprio la strategia per un futuro sostenibile risulta carente nella normativa provinciale attuale.
La revisione del Piano Urbanistico Provinciale.
Il Piano Urbanistico Provinciale (PUP), approvato nel 1967 come ambizioso strumento di rilancio economico ed infrastrutturale di un Trentino che faticava a crescere rispetto al resto del territorio nazionale ed era soggetto ad un forte spopolamento, mirava principalmente a stabilire un equilibrio tra città e valli, attraverso l’estensione alle zone periferiche di una serie di servizi di base in precedenza fruibili soltanto nei centri urbani maggiori (scuole, assistenza sanitaria e sociale, opportunità di impiego), la realizzazione di grandi arterie viarie come volano per l’economia e contestualmente introducendo per la prima volta dei vincoli di salvaguardia del territorio e del paesaggio. Nelle revisioni successive si assiste alla definizione e perfezionamento degli strumenti di pianificazione per il governo del territorio, attraverso l’articolazione dei tre livelli di pianificazione (PUP, Piani sovracomunali e Piani Regolatori Comunali), con l’intento di creare un coordinamento fra orientamento strategico complessivo e autonomia gestionale dei singoli territori e dei Comuni, contenendo i processi di consumo di suolo e favorendo la riqualificazione urbana e territoriale. Gli obiettivi in parte sono stati raggiunti anche per il consolidamento, nella mentalità delle persone, della consapevolezza della necessità di risparmiare e difendere il territorio, visto sempre più come risorsa fondamentale per il futuro. Ed è proprio verso questa direzione che la politica urbanistica provinciale dei prossimi anni deve orientarsi: rivedere in chiave sostenibile lo strumento urbanistico generale, il PUP, per garantire un futuro che tuteli i trentini e consolidi il tessuto sociale. Serve rafforzare l’immagine di un territorio curato, vissuto ed utilizzato in maniera corretta e rispettosa dell’ambiente naturale e del paesaggio tradizionale, tutelato dalla speculazione edilizia e dall’edificazione selvaggia. Serve mettere in sicurezza il futuro del Trentino sotto l’aspetto ambientale, sociale ed economico, garantire l’equilibrio e la vivibilità del territorio, prevenire e contrastare i cambiamenti climatici, lo spopolamento della montagna e l’abbandono dell’attività zootecnica e di alpeggio, modificando i nostri modelli di sviluppo per evitare la marginalizzazione del turismo e delle altre attività economiche, preservando l’identità del nostro paesaggio tradizionale di montagna. Un Piano Urbanistico Provinciale, infine, in armonia nei criteri della pianificazione generale con gli altri territori dell’Euregio per una visione omogenea di utilizzo e di sviluppo alpino.
Un nuovo sistema urbanistico.
Appare evidente come nel nostro territorio vi siano sostanzialmente tre contesti diversi: le città, le zone turistiche e i centri minori nelle valli e nelle zone verdi; contesti che richiedono un’attenzione e una programmazione urbanistica diversa all’interno, però di un’unica sostenibile visione futura. In tutti tre i contesti, ma soprattutto nelle città e nelle zone turistiche, serve principalmente garantire un utilizzo consapevole e socialmente equo del suolo in tutte quelle aree in cui gli interessi economici rischiano di minare le basi del tessuto sociale cittadino, di snaturare i luoghi stessi e di renderli invivibili per la popolazione locale. Serve, da parte dell’amministrazione pubblica, tutelare il cittadino per consolidare il tessuto sociale attraverso un sistema di limitazione della speculazione edilizia, soprattutto nelle zone dove l’aumento del costo del terreno è smisurato, e garantire il diritto all’abitazione anche alle classi meno abbienti su tutto il territorio provinciale, comprese le città e le zone turistiche. Determinante, a questo scopo, potrebbe essere una politica di partenariato pubblicoprivato con un’attenta regia da parte del pubblico e regole ben chiare. Ogni trasformazione urbanistica che implichi incrementi di valore fondiario e immobiliare deve essere realizzata solo a seguito di un accordo con gli operatori privati sull’assunzione dei costi sostenuti dai rispettivi Comuni per opere di urbanizzazione e servizi effettivamente realizzati. Contemporaneamente si devono introdurre norme che facilitino la presentazione e la realizzazione di proposte di sviluppo immobiliare su aree private e soprattutto predisporre misure volte finalizzate a controllare e calmierare il valore unitario di acquisto dei terreni oggetto dell’intervento. Questa misura troverà applicazione nei centri maggiori e nelle aree altamente turistiche mentre nelle altre zone edificate del Trentino tale proposta potrebbe essere definita su specifiche zone all’interno dei Piani Regolatori (aree per edilizia popolare).
Gli obblighi ai proponenti di un progetto di edificazione possono essere assolti in tre modi:
– attraverso il pagamento di un corrispettivo monetario a metro quadrato, acquisito per incrementare i servizi ai cittadini tramite la realizzazione di infrastrutture e attrezzature sociali (ad esempio asili, scuole, parchi giochi, ciclabili, ecc.);
– tramite la cessione di terreno e/o la realizzazione diretta di servizi (verde pubblico inteso come parchi pubblici o verde di compensazione);
– con la realizzazione di una percentuale di insediamento volumetrico, una quota del 30-40% di edilizia abitativa a prezzi calmierati.
Tali obblighi vengono registrati giuridicamente in un contratto tra Comune e proponente del progetto, in cui vengono definite anche le tempistiche di realizzazione e le garanzie per l’ente pubblico (es. fideiussione bancaria).
Da parte dell’amministrazione, che deve garantire coesione sociale e servizi, servirà definire una pianificazione urbanistica attraverso master plan approvati dagli organi comunali, con vincoli di realizzazione anche nel caso di cambio della leadership politica (politiche di coesione sociale). I masterplan delineano i principali obiettivi della crescita urbana sul lungo periodo, attraverso progetti guida di trasformazione del tessuto territoriale, influenzando inequivocabilmente anche lo sviluppo dell’edilizia privata. Serve, infine, introdurre il principio di ripartizione equilibrata delle destinazioni d’uso di un suolo, divisa in proporzioni uguali tra abitazioni, terziario/industria e verde, che, in una visione di futuro sostenibile e soprattutto in un contesto cittadino, è comunque fondamentale (politiche ambientali). Un’equilibrata politica urbanistica fra pubblico e privato contrasta un irrazionale incremento urbanistico, con il conseguente peggioramento delle condizioni di vita dei cittadini, e facilita il mantenimento di un ordine urbanistico finalizzato alla tutela dell’ambiente, ma anche a favorire il diritto dei cittadini all’abitazione (edilizia convenzionata) e, per le piccole attività locali, il diritto di disporre di un idoneo luogo di lavoro. Tutto questo è possibile grazie ad una programmazione a lungo termine degli interventi e al mantenimento degli obiettivi fissati anche nei momenti di crisi, senza preoccuparsi di ottenere risultati nell’immediato. Fondamentale è impostare un legame diretto fra pianificazione urbanistica e politiche sociali (mantenimento della coesione tra i cittadini, aumento dei servizi sociali, incremento delle politiche ambientali), i cui benefici, già iniziati, si manifesteranno ulteriormente negli anni futuri.
Semplificare il linguaggio.
La legge urbanistica provinciale rappresenta il principale strumento di regolamentazione e pianificazione progettuale, data la competenza esclusiva su tale tema. Accanto a questa legge vi sono però diversi rimandi normativi a cui fare riferimento, a volte anche nazionali o risultanti da sentenze giuridiche, che per la fragilità dell’attività edilizia non è possibile ridurre. Sarebbe però utile semplificarne il linguaggio, evitare i continui rimandi, eliminare i diffusi e molteplici contraddittori e non entrare nello specifico dei diversi casi possibili, ma delineare le linee guida e demandare alla professionalità dei progettisti la discesa di scala. Occorre, quindi, introdurre le modifiche necessarie per disporre di una legge urbanistica stabile, chiara, completa dei rimandi e difficilmente impugnabile in chiave giuridica, che riesca, oltre a regolamentare le trasformazioni del territorio, a definire e valorizzare le peculiarità territoriali, sociali ed economiche del territorio di riferimento, nel breve e soprattutto nel lungo periodo, e che possibilmente non dipenda da esiti e continue mutazioni di leadership politiche. Lo scopo è arrivare ad un unico regolamento edilizio e uniche norme di attuazione nei comuni dell’intero territorio provinciale.
La sfida culturale: mettere al centro il progetto architettonico.
È riconosciuta la netta diversità della qualità architettonica attualmente registrata tra il territorio trentino e quello confinante altoatesino. Se è vero, da un lato, che la legge urbanistica della Provincia di Bolzano risulta a tratti più snella di quella di Trento, dall’altro lato si registrano molteplici punti in comune. L’innegabile differenza che si riscontra, perciò, non è imputabile alla legge urbanistica, ma è invece da attribuirsi ad una questione culturale che riguarda principalmente i committenti e il personale della pubblica amministrazione. Serve un processo di arricchimento culturale dal punto di vista architettonico, che investa in primo luogo le persone che abitano e vivono il territorio, accompagnato anche da un adeguamento in tal senso dei professionisti che operano nei diversi enti locali e che hanno il compito di giudicare e avvallare i diversi progetti presentati. Al fine di raggiungere un’elevata qualità architettonica degli interventi, serve agevolare ed indirizzare la committenza verso gli esempi virtuosi che si riscontrano nei territori limitrofi sudtirolesi, viste le affinità morfologiche e strutturali della nostra Provincia. Questo attraverso le attività del progettista e soprattutto attraverso incentivi della pubblica amministrazione. L’obiettivo è di accrescere culturalmente, dal punto di vista progettuale e architettonico, la popolazione che vive il territorio, cercando di valorizzare lo spirito identitario e di appartenenza al territorio stesso. Serve formare dal punto di vista normativo i progettisti e dal punto di vista progettuale i dipendenti della pubblica amministrazione, con l’obiettivo comune di ridurre al minimo possibile i tempi di approvazione dei progetti ed elevarne la qualità di contenuto. È necessario mettere al centro il progetto architettonico, cercando di instaurare un dialogo e una collaborazione tra progettista ed ente pubblico, con l’unica finalità di perseguire e raggiungere un alto livello di progettazione prima e di realizzazione poi.
Il Centro storico.
Il tema è una maggiore flessibilità negli edifici in risanamento con possibilità della demoricostruzione per fini energetici e distributivi; l’edificio in centro storico dovrà conservare i tratti formali e architettonici storici anche dopo la ricostruzione, ma allo stesso tempo deve avere la libertà di essere rivisto nella distribuzione spaziale interna senza le attuali limitanti prescrizioni e regole.
Semplificare per migliorare.
È sempre più urgente procedere nel processo di semplificazione burocratica, attraverso l’unificazione e l’omogeneizzazione della documentazione in modo da renderla univoca su tutto il territorio provinciale, attraverso alcune ulteriori azioni:
– creare una piattaforma aperta di dialogo tra progettisti e pubblica amministrazione, al fine di perfezionare le procedure con conseguente riduzione temporale dell’iter approvativo;
– favorire tempi certi nei processi autorizzativi, anche attraverso un dialogo fra tecnici comunali e servizi provinciali più snello e in forma prioritaria, e corsi di formazione costanti al fine di una interpretazione omogenea dei regolamenti;
– un numero minimo di personale tecnico presente nei Comuni, con “soccorso” di personale provinciale nei Comuni carenti;
– superare alcune difficoltà di accesso e lettura delle norme e delle regole edilizie attraverso il miglioramento del sito web urbanistico della Provincia autonoma di Trento, che risulta essere poco immediato e di non semplice utilizzo non solo per meri visitatori, ma anche per gli esperti del settore.
LE INFRASTRUTTURE STRATEGICHE
Il Trentino dovrà affrontare nei prossimi anni scelte importanti e strategiche in campo di viabilità, infrastrutture e grandi opere. Le scelte che verranno prese in vari settori potranno dare risposte alle esigenze dei cittadini, oppure limitare lo sviluppo di intere zone per decenni. È importante, a questo scopo, adottare un metodo nuovo per evitare incomprensioni, immotivate preoccupazioni e proteste capaci di minare fin dall’inizio i progetti e la loro realizzazione. In tal senso, la Provincia deve impegnarsi a informare i cittadini e coinvolgerli nella programmazione degli interventi. Non si deve, chiaramente, evitare di esercitare il potere decisionale che compete ad organi democraticamente eletti, ma fare in modo che questo possa basarsi e contare sul supporto dell’espressione popolare e dell’opinione pubblica. Andando nello specifico, al netto della necessità di recuperare la competenza in materia di appalti (anche per agevolare la partecipazione delle imprese locali), che attualmente è limitata dalle norme relative alla libera concorrenza contenute nel codice appalti nazionale, il PATT+Autonomisti+Popolari impegna la nuova Amministrazione provinciale sui progetti di seguiti indicati. Opere viarie e manutenzione regolare delle strade di secondo livello per migliorare i collegamenti con le valli più periferiche e con i principali centri urbani (variante di Rovereto e dell’Alta Vallagarina, tangenziale di Trento, galleria Loppio-Busa, circonvallazioni di Cles, Pinzolo, Riva del Garda Ovest e Torbole, miglioramento delle vie di comunicazione esistenti, la previsione di un collegamento diretto del Primiero con il territorio trentino, valutando la fattibilità di un tunnel da Canal San Bovo alla Valsugana). Vanno migliorati e aumentati i collegamenti con le valli su strada e rotaia, perché favorendo un veloce collegamento evita lo spopolamento e favorisce il pendolarismo (ad esempio, in Primiero). Fondamentale anche il nuovo collegamento funiviario col Monte Bondone. Ciclovia del Garda: va completata nei tratti mancanti con un indirizzo progettuale univoco per caratteristiche e tipologia. Completamento della Valdastico: fatta salva la necessità di migliorare il collegamento con il Veneto, la posizione delle Stelle Alpine è la stessa da lungo tempo. Il collegamento è valutabile solo se condiviso dalla popolazione e vantaggioso per il Trentino. In particolare, la nuova arteria stradale deve sgravare dal traffico pesante la Valsugana, per la quale si deve valutare la possibilità di introdurre, in accordo con gli organismi nazionali competenti, un pedaggio selettivo. Collegamenti ferroviari e ciclopedonali: la mobilità green e i mezzi di trasporto su rotaia possono rappresentare un valido volano turistico, nonché soluzioni sostenibili in grado di soddisfare adeguatamente le esigenze degli utenti e dell’ambiente. Lo studio e il convinto supporto a queste iniziative diventano non solo prioritari, ma anche strategici. L’elettrificazione della ferrovia della Valsugana deve essere in cima alle priorità; è un passo necessario per il potenziamento infrastrutturale dell’intera tratta Trento-Bassano del Grappa che porterà numerosi vantaggi in termini di sostenibilità e di numero di collegamenti con i territori limitrofi, favorendo la connessione elettrica tra la linea della Valsugana con quelle di Bassano e Trento. Il passaggio da treni alimentati a gasolio a quelli a trazione elettrica avrà poi un impatto positivo sulle emissioni inquinanti. La ferrovia dovrebbe provare a fare rete tra strutture ricettive e impianti ed eventi, anche con carrozze storiche finalizzate alla promozione turistica. Altrettanto importante, anche per lo strategico collegamento diretto con Monaco di Baviera e la Germania, è la nuova Ferrovia Rovereto-Riva del Garda, recentemente inserita nei piani RFI, per la quale va definita la progettazione preliminare, con i relativi costi di realizzazione e di gestione, per poi procedere alla decisione finale. La Ferrovia Trento-Malé va trasformata da Mezzolombardo a Trento e prolungata fino a Rovereto in metropolitana di superficie, aggiungendo nuove corse a quelle esistenti.
LE IMPRESE: RISORSA DELLA COMUNITÀ E DELL’AUTONOMIA
La struttura produttiva del territorio della Provincia di Trento è caratterizzata, analogamente alla vicina Provincia di Bolzano, da una larga presenza di microimprese (ovvero realtà con meno di dieci addetti) che rappresentano il 93% del totale delle unità produttive presenti ed impiegano circa il 46% degli addetti complessivi e di converso da una quota particolarmente modesta di imprese di maggiori dimensioni (oltre 50 addetti: meno dell’1% delle imprese e il 31% degli addetti (dati da fonte Info statistica 01/2022 “Progetto congiunto ISPAT-ASTAT I sistemi produttivi delle Province autonome di Trento e di Bolzano” – “Il sistema delle relazioni nelle microimprese del Trentino” aprile 2022). Le microimprese attive sul territorio rappresentano la struttura portante del sistema produttivo e contribuiscono in maniera importante alla creazione di posti di lavoro e alla formazione della ricchezza (cfr. medesime fonti). Con riferimento alle dimensioni, quattro imprese su cinque hanno meno di tre addetti. Ciò considerato, appare chiaro come questo segmento prezioso e vitale, sia per la ricchezza che per l’occupazione creata, debba essere maggiormente oggetto di politiche mirate ad evitare la loro chiusura e di converso favorirne lo sviluppo e la crescita. Politiche poco accorte hanno determinato una massiccia fuoriuscita e mobilità di risorse professionali da queste imprese verso realtà più grandi, spesso anche fuori Provincia. Viene così depauperato il know-how di piccole realtà e le eccellenze con competenze e know-how specifici presenti in azienda anziché crescere, muoiono. Risulta quindi necessario varare misure mirate per garantire la crescita professionale di tali realtà, favorendo le sinergie tra di loro in un ciclo virtuoso continuo. Mantenere alta l’occupazione consente la loro concorrenzialità, la possibilità di espansione e la loro capacità di assorbire ed accogliere i giovani che terminano i cicli scolastici presenti sul territorio, dagli istituti professionali agli istituti tecnici sino ai percorsi universitari. Le imprese che operano sul nostro territorio meritano un’attenzione particolare, perché dal loro stato di salute dipende la tenuta sia dello stato sociale, sia dell’equilibrio finanziario della nostra Autonomia. Per questo occorre sostenerle, favorendo la loro partecipazione ai piccoli e grandi appalti, fornendo loro servizi adeguati, promuovendo l’accesso ai servizi innovativi, al mondo della conoscenza e della ricerca scientifica, premiando la qualità e lo spirito imprenditoriale, mettendo a loro disposizione il sistema formativo pubblico e privato e tutti gli strumenti disponibili per collegare la domanda e l’offerta di lavoro. In particolare, le piccole e medie imprese vanno sostenute nei processi di crescita e di ricerca di nuovi mercati perché possano aumentare la loro competitività e di conseguenza la redditività. Tutte le imprese, in particolare quelle più piccole e dotate di meno mezzi, che investono per crescere e migliorare la loro competitività devono essere messe nella condizione di accedere al credito. A questo scopo vanno utilizzati al massimo tutti gli strumenti offerti dalle organizzazioni di categoria, a partire dai Confidi, e il proficuo rapporto di partnership instaurato con la Cooperazione Trentina e con il credito locale. Negli ultimi anni il mondo delle Casse Rurali Trentine ha conosciuto un forte processo di accorpamento con lo scopo di dare vita ad istituti finanziariamente più solidi, più competitivi sul mercato, maggiormente in grado di rispondere anche alle richieste finanziariamente più impegnative. Oggi esiste il pericolo che questo processo, pur nelle buone intenzioni di chi l’ha portato avanti, snaturi l’essenza cooperativa del movimento e lo renda sempre più simile al capitalismo bancario. Pur non essendo competenza diretta delle istituzioni autonomistiche, occorre vigilare, intervenendo anche in sede nazionale, perché il secolare patrimonio del credito cooperativo trentino, pur nel naturale adattamento ai cambiamenti del sistema, conservi inalterati i suoi principi fondanti e le sue peculiarità: l’essere espressione del territorio e dei soci a cui deve rispondere, l’avere come obiettivo primario il servizio agli utenti e alle comunità e non l’utile fine a se stesso, il comportarsi come un sistema solido e competitivo, unito, solidale tra le singole Casse Rurali e non divisivo pur di conquistarsi posizioni di potere.
Favorire il reperimento e la formazione di nuova manodopera.
La carenza di personale è diventata la principale preoccupazione degli imprenditori trentini e degli artigiani in particolare. In questi due anni post pandemia le aziende, soprattutto quelle più strutturate, hanno trovato un’enorme difficoltà nel reperire nuova manodopera, anche quando l’intenzione di assumere nuovo personale nella maggioranza dei casi riguarda dei dipendenti da inserire con contratti a tempo indeterminato. A livello provinciale vanno quindi individuate e messe a terra in tempi rapidi politiche di attrazione di nuovi lavoratori, anche stranieri, determinando vantaggi competitivi rispetto ai territori limitrofi. Un ulteriore elemento di primario interesse, su cui è necessario lavorare con celerità, riguarda il potenziamento della formazione professionale, che oggi non è in grado di preparare un numero sufficiente di giovani pronti ad inserirsi nel mercato del lavoro.
Favorire il passaggio e il ricambio generazionale nelle imprese.
Sono numerosi i mestieri artigianali che rischiano l’estinzione, con conseguente perdita di valore economico, sociale e di tradizioni per il nostro territorio. Per evitarlo, occorre incentivare il passaggio e il ricambio generazionale grazie a progetti intergenerazionali che possano coniugare la tradizione del maestro artigiano con progetti di digitalizzazione realizzati da giovani alla fine del percorso formativo. A tale scopo, dovrebbero essere avviate una serie di misure da individuare e declinare opportunamente, in collaborazione diretta con le Associazioni di categoria rappresentative sul territorio.
Strumenti più efficaci e procedure semplificate per rendere le risorse europee a misura di piccola impresa.
Lo strumento degli incentivi deve rimanere un fattore di politica economica imprescindibile per l’ammodernamento, la qualificazione e lo sviluppo delle imprese e dell’economia. D’altro canto, il calo delle risorse provinciali induce a rafforzare il ricorso ai fondi comunitari, destinati a sostenere gli investimenti innovativi. Per quanto riguarda le risorse europee gestite direttamente dalla Provincia (bandi FESR/FSE e fondi PNRR) è necessario il massimo sforzo per cercare di attivare bandi a misura di piccola impresa. Considerate le difficoltà che si pongono, si propone di prevedere bandi destinati a finanziare progetti di sistema, che possano essere gestiti delle Associazioni datoriali, nella veste di Organismi Intermedi privati, che si assumerebbero il ruolo e la responsabilità di interfaccia tra la pubblica amministrazione e la singola, micro o piccola impresa beneficiaria.
Misure a supporto della riqualificazione energetica, strutturale ed estetica del patrimonio edilizio esistente.
Tutti gli strumenti di incentivazione a sostegno della riqualificazione in edilizia sono stati utilizzati in modo diffuso ed oculato nella nostra Provincia che si colloca sempre ai primi posti nazionali per numero di interventi realizzati. Ora, l’effetto generato dalla straordinarietà dello strumento Superbonus si sta avviando ad esaurimento, ma all’orizzonte, con gli obiettivi della Direttiva Europea Case Green, si sta per avviare una nuova fase di riammodernamento in chiave energetica del patrimonio edilizio esistente che sarà ancora più significativa di quella post pandemia. È estremamente utile attivare da subito in ambito provinciale un percorso condiviso che individui ulteriori strumenti di incentivazione e semplificazione per imprese e cittadini, anche alla luce del fatto che tutte le indagini segnalano come gli investimenti in edilizia sono in grado di generare un fattore di positività generale a livello di sistema economico (aumento dell’occupazione, aumento della redditività delle imprese e quindi della fiscalità, esternalità positive per ambiente, riduzione dei consumi energetici, maggiore sicurezza , ecc.).
L’artigianato: settore trainante dell’economia trentina.
Le specificità del mondo dell’artigianato, che per sua natura è complesso e diversificato, richiedono risposte dedicate e su misura. Il comparto, infatti, riveste un ruolo determinante non solo in termini economici e di PIL, ma soprattutto a livello sociale, perché una presenza capillare dell’artigianato in tutte le valli trentine garantisce occupazione stabile e presidio territoriale anche negli ambiti di montagna più periferici. È utile che a livello di politiche pubbliche di supporto all’economia vi sia una stretta sinergia tra l’artigianato e il turismo, l’agricoltura o il commercio. Da parte del settore artigianale è però molto avvertita la necessità di disporre di un’adeguata considerazione anche in ambito pubblico con interlocutori politici e tecnici dedicati.
Commercio: attenzione ai centri storici e ai servizi periferici.
In un contesto complesso per storia ed orografia, com’è il Trentino, anche il fenomeno commerciale risulta necessariamente molto articolato, con una buona integrazione tra formati di vendita e tra settori merceologici e in cui l’elevata frammentazione e la complessità del suo territorio non permettono sempre un equilibrato sviluppo della rete dei servizi commerciali primari. La messa in discussione delle nostre competenze autonomistiche, come evidenziato nel paragrafo “Autonomie speciali e Autonomia differenziata”, dipende anche dall’assorbimento di molte materie tra le competenze trasversali, riconosciute come prerogative esclusivamente statali. Anche la disciplina del commercio è infatti, secondo una giurisprudenza costituzionale ormai consolidata, limitata dalla competenza trasversale della tutela della concorrenza e pertanto normata dallo Stato. L’auspicio è che la nuova Commissione dei Dodici emani la norma di attuazione in materia di commercio per consentire al Trentino di poter programmare autonomamente le proprie aperture. Ma i territori non sono tutti uguali e presentano bisogni ed esigenze diverse: un paese di montagna con pochi abitanti non è come una città; un piccolo negozio di paese in un’area periferica non è un megastore in una zona turistica; i luoghi storici del commercio non sono un centro commerciale. Non vi è alcun dubbio che la competizione rappresenta la linfa vitale per lo sviluppo, però libera concorrenza non significa assenza di regole. Non sempre, infatti, il mercato è in grado da solo di generare efficienza ed è proprio per questo e per favorire la regolare competizione economica che sono necessari interventi legislativi. Il pluralismo distributivo è una ricchezza del nostro territorio, ma nei piccoli centri va garantito, anche attraverso incentivi che considerano gli effetti economici, sociali ed ambientali. Il Trentino si deve dotare di un modello capace, per i piccoli centri, di coniugare libertà di impresa e ruolo sociale del commercio attribuendo una forte autonomia agli enti locali e dando loro la possibilità di graduare le aperture dei negozi nel corso dell’anno secondo schemi flessibili e duttili in considerazione delle diverse vocazioni territoriali. Non dobbiamo creare conflitti tra esigenze diverse, ma lavorare ad un modello capace di integrare formati di vendita e settori merceologici e di sviluppare in modo equilibrato sul territorio la rete dei servizi commerciali. Per fare questo il ruolo della programmazione pubblica risulta fondamentale. Una programmazione che deve incentivare maggiormente gli investimenti nella rete dei piccoli negozi nelle aree periferiche e nei nostri centri storici e favorire la pianificazione di insediamenti che puntano sulla qualità.
Altre misure proposte.
– Trentino Sviluppo deve prestare forte attenzione ai vari bandi provinciali (con qualsiasi oggetto, dal contributo per finanziamento alla formazione), adottare severe procedure di verifica e controllo per evitare le speculazioni, snellire le procedure alleggerendo il carico documentale richiesto all’impresa, ad esempio con deleghe alla Provincia per il reperimento (attraverso il commercialista della società) o con l’onere a carico della stessa Provincia del reperimento interno (ad esempio per i bilanci), evitando la necessità di ricorrere a soggetti terzi che gestiscono la pratica e che lucrano sulla misura.
– Vanno applicati sgravi fiscali in particolare alle aziende ad alto contenuto tecnologico, High Tech e a tutte le aziende del settore terziario che fanno crescere la produttività. Questa azione avrebbe un doppio impatto positivo: il primo è che società che si occupano di queste tipologie di business non hanno un grosso impatto ambientale e occuperebbero tutti i palazzi o immobili inutilizzati in città. In secondo luogo, verrebbero attratti o mantenuti sul territorio lavoratori qualificati che vanno a ricoprire posizioni di maggiore responsabilità e che generalmente percepiscono retribuzioni più alte. Per attrarre queste tipologie di impresa si potrebbero orientare le policy finalizzate alla collaborazione con fondazioni ed enti di ricerca di eccellenza che operano nella nostra provincia per sviluppare progetti e partnership comuni che hanno l’effetto di attrarre investimenti e personale qualificato sul territorio creando un circolo virtuoso per il tessuto economico e sociale.
– Va implementata la collaborazione tra istanze delle associazioni di categoria e vertici delle fondazioni o partecipate della Provincia creando tavoli permanenti e periodici per area tematica al fine di soddisfare le esigenze e le problematiche di ciascun settore. L’obiettivo è l’accrescimento della dimensione media d’impresa che, secondo i recenti studi Ispat, è una delle principali cause, insieme al timore della perdita di autonomia decisionale, che non permette proficue collaborazioni tra imprese dello stesso settore.
– Occorre fare ogni sforzo per alzare gli standard minimi di salario, soprattutto alla luce dei recenti studi in materia di mercato del lavoro e differenziazione salariale tra varie zone dell’Italia e dell’Alto Adige, in particolare nei settori della ricezione e ristorazione, dell’agricoltura, del terzo settore, delle attività professionali e tecniche, fondamentali per l’economia locale anche in considerazione dell’elevato numero di persone occupate.
PIÙ LAVORO, MENO RENDITE
Esiste oggi nella nostra Provincia una vera e propria emergenza lavoro che deve essere al più presto affrontata, pena la crisi del nostro sistema economico e una drastica riduzione del gettito fiscale che finanzia la nostra autonomia.Di seguito alcune proposte di politica del lavoro per individuare una strategia politica che dia impulso allo sviluppo sostenibile dell’occupazione secondo i seguenti principi:
● il lavoro viene visto come ogni occupazione concreta e costruttiva finalizzata alla creazione di valore per il territorio;
● ogni cittadino ha diritto a ricevere il supporto necessario affinché le proprie competenze e capacità possano svilupparsi ed esprimersi tramite un’occupazione creando valore all’interno di una società organizzata;
● cercare lavoro è un lavoro e, come tale, va supportato in proporzione all’impegno dedicato dal cittadino.
1. Aumento delle tutele sulle assunzioni con contratti a termine. In uno scenario economico e di mercato ogni giorno più dinamico, il lavoro a termine deve essere riconsiderato per la sua capacità di fornire manodopera per un periodo di tempo prevedibile e circostanziato. Infatti, da quando con il jobs act si sono riviste le logiche di ingaggio e gestione dei rapporti a tempo indeterminato, il contratto a tempo determinato è diventato uno strumento a rischio di obsolescenza che può tuttavia essere rivalutato in relazione ad esigenze di manodopera circostanziate e finalizzate allo svolgimento di attività ben identificate in termini temporali e di obiettivi. In questa rivalutazione, si ritiene opportuno applicare criteri già in uso nei paesi del Nord-Europa, secondo i quali, a parità di mansione, un lavoro a termine debba essere maggiormente retribuito rispetto alla medesima occupazione svolta secondo un contratto a tempo indeterminato.
2. Introduzione del contratto di sostituzione malattia. Gli insegnanti non di ruolo ingaggiati tramite microcontratti per la sostituzione di colleghi in malattia è giusto che godano di una retribuzione maggiorata in virtù della natura estremamente ridotta e temporanea dell’incarico ricevuto. Allo stesso modo, tutte le altre categorie soggette a regimi di contrattazione simili a quelli citati nel caso degli insegnanti.
3. Incentivi per l’assunzione dei giovani. Per il ruolo formativo e di costruzione di competenze, che si riflettono in valore sociale, l’azienda che assume un giovane a meno di due anni dal termine degli studi può godere di agevolazioni fiscali cumulabili con quelle previste dal contratto di apprendistato (ad esempio, la concessione di un credito di imposta pari alla contribuzione e alla tassazione applicata al lavoratore per i primi sei mesi di lavoro).
4. Incentivi per l’assunzione di figure manageriali di genere femminile. È opportuno prevedere agevolazioni fiscali per le aziende che assumono figure di profilo manageriale di genere femminile (ad esempio, la concessione di un credito di imposta pari alla contribuzione e alla tassazione applicata al lavoratore per i primi sei mesi di lavoro).
5. Bonus fiscale per l’organizzazione di attività formative finalizzate alla creazione di competenze e alla valorizzazione del personale senior. Vanno previsti bonus fiscali alle aziende che organizzano, a beneficio di disoccupati o giovani, anche nell’ambito di programmi di alternanza scuola lavoro, programmi di formazione finalizzati a trasferire conoscenze e competenze sulle specificità e le problematiche di un determinato ambito produttivo. Attività che possono essere svolte dai dipendenti senior, che, per limiti fisici o per limitato impegno nelle regolari attività produttive, possono essere impegnati nella trasmissione di competenze o nella creazione di valore al di fuori dei confini dell’azienda.
6. Reinterpretazione del ruolo dei Centri per l’impiego. Il ruolo dei centri per l’impiego, importante riferimento per chi è alla ricerca di lavoro, deve essere rafforzato e migliorato. Se trovare un’occupazione è diventato sempre più difficile, i Centri per l’impiego hanno la funzione di filtro e di supporto alla domanda e all’offerta e pertanto vanno implementati affinché le risposte siano celeri. In particolare, oltre a corsi di formazione, al controllo durante il periodo di disoccupazione e all’erogazione del relativo sussidio, è importante migliorare e velocizzare tutti gli strumenti utili ai corsi e alla formazione del lavoratore, soprattutto come azione mirata all’ingresso nel mondo del lavoro, snellendo e accelerando l’iter burocratico per quelle categorie che, avendo le competenze ed essendo inserite in una categoria di invalidità, hanno la possibilità di essere assunti presso enti o privati che hanno bisogno di risposte in tempi brevi (vedi Legge 68).
7. Formazione all’imprenditorialità per disoccupati. Le persone disoccupate potranno accedere, contestualmente alle attività finalizzate a sviluppare occupazione, a percorsi formativi finalizzati allo sviluppo dell’imprenditorialità e alla valorizzazione delle competenze in un’ottica imprenditoriale.
8. L’imprenditorialità come strumento per la creazione di valore condiviso. In maniera sinergica col territorio e gli attori che vi operano, si possono organizzare corsi, laboratori e incubatori finalizzati allo sviluppo di impresa e dell’imprenditorialità per giovani o aspiranti imprenditori. Le imprese del territorio, attraverso opportuni canali e strumenti, potranno segnalare specifiche tipologie di impresa di cui avvertono il bisogno sul territorio per realizzare progetti innovativi, abbattere costi logistici o disporre di partner sul territorio per fare rete e accrescere il valore complessivo prodotto.
9. Attività finalizzate all’inserimento e all’inclusione sociale degli immigrati. A seguito di opportuni accertamenti, gli immigrati ospitati presso i centri di accoglienza saranno incentivati a dedicare almeno 20 ore a settimana ad attività socialmente utili, coordinate e monitorate dai centri per l’impiego. In questo modo potranno semplificare ed agevolare – sia dal punto di vista burocratico che dei tempi – il processo di inserimento sociale e di acquisizione del permesso di soggiorno.
10. Favorire l’inserimento dei lavoratori extracomunitari. Per far fronte alla carenza di manodopera specializzata e per evitare che le aziende debbano sospendere la propria attività per l’impossibilità di garantire i servizi richiesti, vanno urgentemente creati percorsi di inserimento dei lavoratori extracomunitari e vanno ripristinati i percorsi di lingua italiana. I corsi per assistente alla persona (le cosiddette “badanti”) vanno ripresi e le liste devono essere al più presto rinnovate. La situazione va risolta partendo dal livello nazionale, mantenendo una consultazione costante con il Governo centrale per rappresentare agli organi preposti, puntualmente e in maniera precisa, le esigenze delle aziende.
Il mondo delle professioni: interlocutore di uno sviluppo intelligente e duraturo dei territori.
Le organizzazioni professionali rivestono un ruolo fondamentale nella crescita economica del Trentino. L’Università di Trento, ad esempio, individua nuove opportunità professionali in molti ambiti (pensiamo alla sostenibilità) a cui occorre dare risposta. Risulta quindi fondamentale dare voce al mondo delle professioni attraverso i suoi organi di rappresentanza perché possano dialogare su tavoli comuni per dare vita a una programmazione di intenti condivisa a più livelli. Il ruolo della Provincia di Trento non si può limitare all’ascolto sporadico delle organizzazioni e delle imprese, ma deve recepire e valorizzare in maniera concreta le istanze che dallo specifico settore vengono esposte. Vanno, quindi, attivati tavoli di lavoro snelli e operativi in cui gli Ordini e i Collegi degli ingegneri, architetti, geometri e periti, assieme alle altre realtà del territorio, possano confrontarsi direttamente per far convergere le proprie istanze al fine di individuare risposte e azioni concrete. Tavoli di lavoro in cui le realtà economiche possono condividere strategie di intenti di medio e lungo periodo. È di fondamentale importanza che le iniziative nascano dall’ascolto del territorio attraverso le imprese e le loro organizzazioni professionali e non vengano calate dall’alto alla ricerca di consenso a posteriori. Nello specifico settore dei lavori pubblici e dell’urbanistica, il ruolo delle organizzazioni professionali e degli ordini e collegi è di assoluta e fondamentale importanza per la crescita del territorio. Per favorire la disponibilità di lavoratori, si potrebbe introdurre la possibilità di una convenzione tra pubblico e privato per la realizzazione di alloggi aziendali. La garanzia di un alloggio decoroso è quasi sempre più importante del livello degli stipendi. La scuola e la stessa università devono essere più vicine al mondo delle imprese. Occorre favorire una forte e diretta interazione tra il mondo della formazione e il sistema produttivo per monitorare regolarmente le richieste dei profili mancanti e individuare percorsi innovativi e nuove figure professionali per adeguare il mercato del lavoro ad un mondo che continua a cambiare. Ciò vale anche per gli enti pubblici, che stentano a trovare figure professionali adeguate a rispondere alle sempre più complesse esigenze dei cittadini e che rischiano la paralisi amministrativa. Si deve tendere, con ogni mezzo disponibile, alla piena occupazione, favorendo l’inserimento nel mondo lavorativo degli iscritti nelle liste di disoccupazione e delle persone assistite dal pubblico. Non è pensabile che in un contesto in cui mancano lavoratori, vi siano persone che devono ricorrere all’assistenza pubblica per sopravvivere. Più lavoro e meno rendite non significa ridurre gli strumenti di sostentamento, bensì privilegiare quella giusta misura che porta ogni individuo a realizzarsi e non ad adagiarsi nella sterile assistenza.
Facilitare l’utilizzo dei lavoratori stagionali.
In una provincia a vocazione agricola e turistica come la nostra è fondamentale poter disporre di manodopera, anche stagionale, sicura e il più possibile qualificata. Attualmente il reperimento della manodopera necessaria, in particolare nel settore turistico, è estremamente difficoltoso e in molti casi le nostre strutture sono state costrette a ridurre il periodo di apertura e a fornire servizi ridotti. È evidente che scelte di questo tipo riducono la qualità e la competitività della nostra offerta turistica e mettono in seria difficoltà la tenuta dei bilanci aziendali. Per questo motivo occorre pensare a meccanismi speciali e a misure ad hoc che favoriscano l’arrivo di manodopera da altri paesi attraverso agevolazioni fiscali, semplificazioni burocratiche e servizi abitativi, sociali e sanitari adeguati. I nuovi voucher introdotti recentemente a livello nazionale, per tutti i settori sia del privato che del pubblico, per lavoratori sia dell’agricoltura e del turismo che dei servizi, purtroppo non risolvono il problema perché eccessivamente macchinosi e difficili da utilizzare. Occorre intervenire con forza sul Governo nazionale perché siano ripristinate le modalità di utilizzo dei vecchi voucher, che consentivano di reperire tempestivamente la manodopera e nello stesso tempo potevano rappresentare un’utile occasione di arrotondamento degli stipendi e delle pensioni delle famiglie. In agricoltura, inoltre, la raccolta della frutta e la vendemmia da sempre rappresentano un momento cruciale per la vita del Trentino: il momento in cui si valorizza un intero anno di lavoro, ma anche un’occasione di coesione sociale, che vede le persone e le famiglie aiutarsi vicendevolmente. Purtroppo, le leggi vigenti, seppure in un’ottica di legittima lotta al lavoro nero e al caporalato, mettono spesso in seria difficoltà i piccoli agricoltori che non possono avvalersi della volontaria collaborazione di amici e parenti. Con adeguati correttivi che garantiscano il controllo e la necessaria trasparenza per evitare situazioni di sfruttamento, vanno estese, per quanto possibile, le deroghe che consentono, per tempi limitati, la collaborazione volontaria.
Valorizzare i lavori socialmente utili.
La recente attribuzione alla Provincia delle competenze in materia di ammortizzatori sociali completa un quadro di attribuzioni in materia sociale già ampio e articolato. Si tratta di una ricca esperienza nata con la costituzione dellʼAgenzia del lavoro e con lʼattivazione di un piano di politica attiva del lavoro denominato “progettone”, una felice intuizione che permette di utilizzare per lavori socialmente utili i lavoratori e le lavoratrici espulse dai processi produttivi in età avanzata e prossime al pensionamento, i soggetti svantaggiati o in effettiva difficoltà e le categorie protette. Il progettone ha consentito in questi anni sia di far fronte all’emergenza lavorativa di persone in oggettiva difficoltà nel trovare un’occupazione, sia di portare avanti e concludere, raggiungendo buoni livelli di qualità e professionalità, interventi utili alla comunità. Una modalità innovativa, dignitosa, produttiva e non assistenziale, che concilia il lavoro con l’intervento sociale e che va mantenuta a favore di tutti coloro che, per motivi indipendenti dalla loro volontà, non sono più in grado di trovare un’occupazione che gli consenta di vivere e di maturare un trattamento pensionistico dignitoso. Le esperienze maturate e lʼattivazione delle nuove competenze costituiscono un’occasione preziosa per la riconsiderazione degli interventi alla luce della difficile fase occupazionale e della crescente riduzione di risorse pubbliche, sulla base delle seguenti priorità:
– prevedere una maggiore selettività degli interventi a tutela del reddito con adeguate verifiche sulle reali condizioni economiche dei beneficiari, garantendo una piena responsabilizzazione sui percorsi di reinserimento nel mondo del lavoro, con la possibilità di impegnare i beneficiari in progetti comunali di supporto ai sevizi pubblici;
– qualificare i servizi per lʼimpiego con una formazione professionale collegata alle richieste del mercato del lavoro e una particolare attenzione allo sviluppo delle competenze individuali;
– avviare la sperimentazione di forme nuove di solidarietà tra occupati e non occupati, tra garantiti e meno garantiti, sulla base delle esperienze già avviate in campo previdenziale e sanitario con la istituzione di appositi fondi territoriali. Su questi temi, è auspicabile il costante confronto tra le parti sociali al fine di individuare le soluzioni più idonee ad affrontare la sfida del cambiamento.
UN TRENTINO INNOVATIVO
Il settore della ricerca, con le sue interconnessioni con il mondo dell’impresa, assume un ruolo strategico per lo sviluppo del nostro territorio. Per valorizzarne pienamente le potenzialità e per favorire la valorizzazione dei risultati della ricerca è fondamentale costruire buone ed efficaci relazioni tra i diversi soggetti che operano nel settore e tra i comparti della formazione, dell’innovazione e dell’economia. Crediamo in un modello di innovazione che sia realmente Data-Driven e che si basi su una seria analisi dei dati e fatti oggettivi e delle nuove tendenze, che ricada fuori da gabbie ideologiche, soprattutto politiche, che si faccia ricerca di base anche su temi nuovi e sconosciuti e che, anche se di scarso interesse, al momento potrebbero rivelarsi importanti basi di partenza per nuove rivoluzionarie tecnologie. Questo passa attraverso un migliore finanziamento della ricerca, soprattutto quella di base, che deve essere la vera linfa dell’innovazione e del conseguente prestigio e sviluppo internazionale che essa puntualmente si porta. Dobbiamo puntare ad un trentino leader in ambito italiano ed europeo nel campo della ricerca. Si dovranno certamente valorizzare le numerose eccellenze che sono state create in questi anni, mettendo a fattor comune esperienze e buone pratiche. Al tempo stesso gli investimenti promossi, spesso in fasi di finanza pubblica espansiva, vanno governati, razionalizzati e coordinati maggiormente con gli investimenti privati. Vanno strutturati e sistematizzati maggiormente i collegamenti tra il mondo della ricerca e dell’impresa. Il sistema del trasferimento tecnologico dovrà essere meno frammentato e dovrà essere l’antenna nazionale sulle migliori tecnologie, incluse quelle di frontiera, e soprattutto sulla loro applicazione nei contesti tipici del tessuto produttivo nazionale.
UNA SCUOLA DI QUALITÀ E COMPETITIVA
Attualmente la scuola trentina è considerata tra le migliori del Paese, se non la migliore. Le prove INVALSI dimostrano annualmente come la qualità degli insegnamenti impartiti sia molto alta e, conseguentemente, anche il rendimento degli studenti. Mondo e società, oggi come ieri, sono in continuo mutamento, sollecitati da problematiche di vario genere, dalla salute, alle necessità lavorative dei genitori, alle richieste occupazionali dettate dal mondo del lavoro, alla necessità di essere aperti al mondo ma, allo stesso tempo, gelosi conservatori delle proprie radici culturali, troppo spesso dimenticate in nome di un livellamento storico e culturale che non tiene conto delle peculiarità delle singole aree. La necessità di un richiamo costante alle proprie radici è particolarmente importante in un territorio come il nostro a forte vocazione autonomista.
Le istituzioni che si occupano di progettare la scuola trentina del futuro dovrebbero essere, quindi, animate da tre principi fondamentali.
1) Flessibilità, accogliendo e cavalcando i mutamenti costanti che caratterizzano le esigenze della società umana, considerando il progresso tecnologico ma non dimenticando la storia che ci ha condotti fin qua. Senza di essa non esisterebbero né presente né futuro.
2) Rigore. È fondamentale che non solo il comparto docenti sia tenuto a rispettare le regole di convivenza e buona educazione e le normative imposte da ogni Istituto, ma anche le famiglie, prime beneficiarie.
3) Autonomia. La scuola trentina, in virtù dell’autonomia che gode nel settore dell’istruzione, dovrebbe sempre valutare con molta attenzione i provvedimenti nazionali, adattandoli alle esigenze peculiari del territorio, che differisce, inevitabilmente, da quello di altre regioni. La scuola è sicuramente al centro del dibattito politico nazionale e locale. Il Partito Autonomista Trentino Tirolese la pone al centro dell’attenzione, credendo fortemente nella centralità dell’investire su di essa non tanto “per le prossime elezioni”, ma piuttosto “per le prossime generazioni”. Anche per questo vanno evitati i colpi di mano unilaterali per adottare invece un metodo concertato in grado di individuare le soluzioni adeguate e trovare le giuste mediazioni tra amministrazione pubblica, operatori della scuola, studenti e famiglie. Solo così si potranno spingere tutte le parti in causa a mettersi in gioco per un unico obiettivo: la formazione delle future generazioni. In questo spirito risulta fondamentale potenziare con convinzione il progetto Trentino.
Trilingue, dando la possibilità alle nuove generazioni di essere competitive sul piano internazionale.
Si tratta di una sfida importante, dato che per un progetto di tale portata sono necessarie prima di tutto risorse ed insegnanti bilingui. Ecco perché sono fondamentali la formazione dei docenti, i rinnovi contrattuali, l’adeguamento economico degli stipendi, guardando a Nord, verso Bolzano. In quest’ottica, la ripresa del progetto del trilinguismo è fondamentale, non solo come conoscenza di altre lingue, ma come visione europeista che ponga le basi per confrontarsi e collaborare con le istituzioni scolastiche, formative, universitarie e con i centri di ricerca dell’Euregio e dare valore al contesto euroregionale con la formazione didattica, non solo linguistica degli insegnanti. Ecco perché è necessario far capire l’importanza dell’apprendimento non solo della lingua inglese, ma anche del tedesco: i mercati a Nord del Trentino, infatti, economicamente sviluppati e trainanti, sono una risorsa da non trascurare per una terra come la nostra che da secoli è legata al mondo mitteleuropeo. Nella scuola trentina del futuro dovrebbe essere imposto lo studio non solo dell’inglese ma anche del tedesco in tutte le scuole di ogni ordine e grado, dall’avvicinamento durante la scuola dell’infanzia alla quinta superiore, dovrebbe essere aumentato il numero degli istituti sul territorio provinciale con offerta formativa bilingue, con la possibilità di ottenere le certificazioni linguistiche con un contributo provinciale per gli studenti fino ai 25 anni. Conoscere l’inglese, infatti, non rende sufficientemente competitivi. È necessario conoscere bene almeno un’altra lingua e, considerate le tradizioni e la storia del nostro territorio il tedesco risulta la scelta più naturale. A tal proposito sarebbe opportuno, in virtù dell’Euregio, estendere il bilinguismo anche al nostro territorio provinciale. Occorre poi individuare le risorse per l’adeguamento delle strutture, dei laboratori e per l’acquisto di attrezzature e di tecnologie che possano essere all’avanguardia. Agli studenti universitari si deve aumentare l’importo dell’assegno di studio. Serve poi trovare una strada trentina per l’abilitazione dei nuovi docenti, così da stabilizzare il personale docente in maniera più flessibile e senza dover essere necessariamente legati alle procedure statali. Una proposta concreta in tal senso potrebbe prevedere, attraverso una norma di attuazione, forme di abilitazione con validità provinciale, formando personale in loco e creando, quindi, una certa stabilità. In raccordo con l’Università degli Studi di Trento, si deve puntare a sviluppare percorsi formativi in grado di preparare personale docente attento ai bisogni educativi speciali. Un’ulteriore proposta è quella di sburocratizzare tutto il sistema, garantendo un apporto tecnologico che miri a ridurre la complessità e non ad aumentarla, lasciando così più tempo ai docenti-formatori da dedicare alla didattica anziché alla burocrazia. Vanno promosse la didattica e la valutazione per competenze, con strumenti e metodologie didattiche che mirino alla crescita personale e professionale dello studente, non al mero apprendimento di nozioni. Va incentivata la presenza dell’Università sul territorio, non solo in chiave Trento-centrica, ma favorendo e coinvolgendo anche le valli e i territori decentrati. Per continuare a considerare l’Università di Trento come un fiore all’occhiello dell’Autonomia è indispensabile garantirle adeguate risorse economiche e finanziarie. Va ripensata l’assegnazione degli alloggi dell’Opera Universitaria per favorire il bisogno e il merito. Va riservata una quota di alloggi agli studenti delle valli più disagiate o lontane, sia per la scuola superiore che per l’università, intervenendo anche sulle detrazioni delle spese degli alloggi tuttora previste solo per chi va a studiare fuori provincia. Fondamentale è, ancora, puntare con maggior decisione sull’inserimento della storia trentina e dell’autonomia in tutte le scuole di ogni ordine e grado: la normativa la prevede, i percorsi sono stati predisposti, ma non sempre vengono sviluppati appieno. Importanti sono anche l’insegnamento dell’educazione civica per la conoscenza delle istituzioni, a partire dal proprio Comune, nonché i percorsi e i momenti partecipativi per bambini e ragazzi utili a predisporre le nuove generazioni all’azione amministrativa e alla cittadinanza attiva. È importante promuovere percorsi e momenti partecipativi finalizzati a rendere i cittadini e le cittadine consapevoli di vivere in un territorio autonomo e dei risultati che l’Autonomia ci ha consentito di raggiungere, prospettando anche i rischi che si corrono se venisse meno. Da non sottovalutare nella scuola la necessità di un’efficace campagna di educazione all’uso dei social, perché, anziché un ricettacolo di offese e fake news, diventino un’opportunità per imparare, confrontarsi e avanzare proposte costruttive.
Ricerca e formazione continua.
Un territorio aperto e competitivo non può prescindere da un’offerta formativa di qualità, da forti investimenti nell’ambito della ricerca, da una stretta connessione tra istruzione, scuola e impresa e da politiche scolastiche innovative, in grado di offrire agli studenti importanti occasioni di crescita personale e collettiva. Fondamentale, risulta il rapporto delle scuole con le imprese come parte di uno stesso sistema, in modo da non slegare il mondo formativo da quello del lavoro, come accade nel sistema di apprendimento duale, e garantire l’aggiornamento e la formazione continua dei lavoratori. In questo circolo virtuoso devono entrare anche le associazioni di categoria, l’Agenzia del lavoro, le parti sociali, implementando una rete che sia a servizio dei nostri giovani e del nostro territorio. Una proposta concreta potrebbe essere quella di un ufficio provinciale che coordini i rapporti fra scuole e aziende, in modo da gestire in modo organico ed efficiente tutti i tirocini aziendali, sia in Trentino ma anche fuori provincia, oppure all’estero. Occorre concentrarsi sull’interazione della filiera scolastica (tra scuola professionale-istituto tecnico, Università, associazioni di categoria). Vanno valorizzati i percorsi professionali delle scuole per aumentare la consapevolezza del valore della professione artigiana e la sua percezione anche ai fini di una scelta da parte degli studenti, ad esempio seguendo il modello altoatesino sui percorsi dei maestri artigiani. Inoltre, va favorito l’inserimento di materie e laboratori applicativi con l’utilizzo di macchine a controllo numerico per sviluppare abilità che oggi un mercato integrato richiede e vanno incentivati i periodi di stage in aziende durante il percorso più estate già dal primo anno, vanno potenziati e ripensati gli istituti tecnici e gli istituti alberghieri per favorire sempre più l’incontro tra domanda e offerta del mercato del lavoro del territorio con percorsi ad hoc (nuovi indirizzi o rimodulazione degli indirizzi esistenti). Per favorire l’inserimento immediato nel contesto trentino (ad esempio per far fronte alla grande richiesta di tecnici meccatronici, elettricisti, meccanici), vanno potenziati i percorsi orientativi. In un mercato del lavoro che registra sempre più richieste esigenti ed articolate, va investito fortemente sull’Alta Formazione Professionale, con lo scopo di offrire ai diplomati nuove opportunità formative. Tali percorsi, da intendersi alla stregua di una realtà universitaria, devono essere in grado di collegare scuola e imprenditoria, creando realtà sostenibili dal punto di vista economico grazie anche all’intervento dei privati e, al contempo, perseguire finalità formative. Sempre più indispensabile, per tutte le realtà dell’Alta Formazione, sarà fare sistema anche per andare incontro alle nuove richieste del mercato del lavoro. In questo contesto andrebbe recuperato il progetto previsto a Villa Angiolina di Roncegno per integrare l’offerta dell’Istituto Alberghiero di Levico Terme con il biennio universitario dell’Alta Formazione destinato a formare figure manageriali nell’ambito dell’organizzazione e della gestione di strutture ricettive, in grado di inserirsi da subito nel tessuto ricettivo e turistico e rispondere così alle esigenze del mercato.
Una scuola su misura dell’utente.
La proposta di apertura in luglio delle scuole dell’infanzia ha scatenato la reazione negativa degli insegnanti e l’apprezzamento delle famiglie. Non potendo garantire l’universalità dell’offerta, affidandosi a privati o ai buoni di servizio, appare quanto mai necessario arrivare ad un compromesso in grado, da un lato, di recepire le esigenze degli insegnanti e, dall’altro i bisogni delle famiglie. Ridurre l’apertura estiva a tre settimane, aumentando gli stipendi per gli insegnanti potrebbe essere il giusto compromesso per garantire anche l’attività delle cooperative private che erogano servizi per la fascia 3-6 anni. Nell’alveo di questa impostazione va avviato un confronto per l’omogeneizzazione dei calendari scolastici delle scuole di ogni ordine e grado, così da mettere in relazione le esigenze formative, quelle delle famiglie e le politiche di conciliazione, sulla scorta di quanto già avviene in altri Paesi europei. A queste, si aggiungono altre proposte per il miglioramento dell’offerta scolastica trentina. Estensione del monte orario delle materie di ambito umanistico. Viviamo in un mondo dominato dalla tecnologia e dai saperi scientifici in generale, che devono continuare ad essere coltivati. Tuttavia, saper parlare e scrivere bene, essere padroni sicuri delle proprie radici è fondamentale per non diventare analfabeti funzionali e cittadini passivi. Sarebbe importante portare almeno a tre le ore di storia a settimana dalla primaria al quinto anno di superiori e rendere obbligatorio lo studio della geografia fino al termine del ciclo di studi, con moduli specifici relativi all’Euregio e alla storia dell’Autonomia. La scuola trentina del futuro dovrebbe garantire uno standard qualitativo elevato, in grado di competere con i migliori sistemi educativi europei. Certificazioni BES. Le certificazioni degli alunni BES dovrebbero essere effettuate solo ed esclusivamente dall’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS), in modo da avere un iter uguale per tutti e in modo che la Provincia possa avere sempre sotto-controllo il trend crescente degli studenti. Le certificazioni, inoltre, dovrebbero essere ripetute ogni anno per accertare se gli studenti hanno ancora bisogno dei mezzi dispensativi-compensativi. Rapporto tra scuola pubblica e paritaria. La scuola paritaria dovrebbe essere trattata con la stessa dignità della scuola pubblica. Decidere di far studiare il proprio figlio negli istituti privati è un diritto educativo del singolo che va rispettato. Il lavoro dei docenti delle paritarie, inoltre, è identico a quello dei colleghi della scuola statale: pertanto deve essere garantita pari opportunità e possibilità di poter prendere parte a eventuali concorsi non solo nazionali ma anche straordinari indetti dalla Provincia. Rapporto tra istituzioni e scuola. L’autorità competente dovrebbe sempre far sentire la propria presenza, visitando periodicamente scuole diverse della Provincia e ascoltando le osservazioni di presidi e insegnanti.
LA CULTURA, MOTORE DI CRESCITA
L’offerta culturale trentina è molto vasta ed articolata grazie sia ad un sistema pubblico strutturato e di grande valore, sia ad un’offerta del volontariato che nel corso degli anni si è ampliata sul territorio ed è cresciuta notevolmente in qualità. Un sistema che ha garantito la conservazione e la valorizzazione del nostro grande patrimonio identitario, storico, artistico ed architettonico, ma che ha dimostrato anche di sapersi aprire e realizzare investimenti strategici ed eccellenze di rilevanza mondiale. Partendo da questa favorevole situazione, è importante continuare a sostenere le reti culturali, a partire da quella dei musei, dei castelli e degli spettacoli, fino alle scuole musicali, al teatro, alla musica, al folk e alla rievocazione storica. Occorre inoltre promuovere la nascita di imprese culturali e creative solide, in grado di assorbire lavoratori qualificati, sostenere in maniera convinta l’articolato mondo del volontariato culturale, favorire lo sviluppo sul territorio di centri e poli culturali per un Trentino sempre più vivibile, riconoscibile, attrezzato, ricco di idee e proposte originali, capace di stare al passo con i tempi, attrattivo anche per gli ospiti. Un’attenzione particolare occorre riservarla al turismo culturale, perché, attraverso un’offerta esclusiva non replicabile altrove, consente di elevare la qualità delle proposte, di destagionalizzare l’offerta e di fidelizzare l’utente.
Coltivare la cultura dell’Autonomia.
Una conoscenza, quella della nostra storia e della nostra Autonomia, che dovrà essere garantita innanzitutto nelle scuole di ogni ordine e grado, attraverso programmi e piani di studio obbligatori, articolati e strutturati per ogni livello. Da anni il PATT rivendica la realizzazione, anche all’interno degli attuali spazi museali e valorizzando le risorse storico-scientifiche attive in Trentino, di un percorso espositivodidattico e di un Centro Studi sull’Autonomia, ad esempio all’interno dell’ampia Biblioteca sulle autonomie e le minoranze linguistiche della Regione a Trento. Uno spazio in grado di organizzare iniziative divulgative ed editoriali per spiegare, in modo moderno e innovativo, il nostro speciale ordinamento, per permettere una sua elaborazione culturale ma anche politica, sempre più al passo coi tempi, sempre più in grado di affrontare le sfide del futuro. Attorno alla Biblioteca dell’autonomia e delle minoranze linguistiche può essere sviluppata una rete di soggetti e istituzioni che si occupano di autonomia: studio e ricerca, conservazione delle fonti, attività di divulgazione e di comunicazione. Un Centro studi, quindi, in grado anche di fornire e divulgare, regolarmente e in maniera documentata, risultati e dati precisi ed incontrovertibili sul successo della nostra esperienza autonomistica. Per consentirci, così, di sfatare pregiudizi infondati, alimentati dalla disinformazione e dalle posizioni strumentali, che, come troppo spesso purtroppo accade, trovano terreno fertile nell’ignoranza giustificata dalla mancanza di un riferimento scientifico autorevole e accessibile a tutti. Di fondamentale importanza è poi implementare le iniziative legate al Giorno del ricordo dei caduti della Grande Guerra, completare l’Anagrafe dei Caduti e realizzare il Memoriale, promuovere, in particolare nelle scuole, l’educazione all’autonomia, valorizzando non solo la storia ma anche i valori che ne sono alla base e i vantaggi dell’essere provincia autonoma. Va verificata l’opportunità di individuare una nuova data per la Festa dell’Autonomia durante l’apertura delle scuole per coinvolgere anche gli alunni e gli studenti di ogni ordine e grado.
Le minoranze linguistiche: fondamento dell’Autonomia.
Gli Autonomisti e i Popolari hanno sempre attribuito un’importanza fondamentale alla presenza sul nostro territorio delle minoranze linguistiche ladine, retiche, mochene e cimbre, convinti come sono della loro peculiarità a livello storico, culturale, etnografico e identitario, ma anche per essere parte sostanziale delle motivazioni alla base della nostra Autonomia speciale. Per questo vanno tutelate e valorizzate a livello culturale, ma anche adottando progetti e misure efficaci per il loro sviluppo sociale ed economico e per il sostegno occupazionale in loco.
UNA SANITÀ SU MISURA DEL TRENTINO
Un territorio montano necessita di presìdi sanitari diffusi.
La sanità trentina è in sofferenza al pari del resto d’Italia. Criticità certamente acuite dalla pandemia che ha sconvolto il mondo, ma figlie soprattutto di uno scollamento fra esigenze del territorio montano e quelle di bilancio, in un continuo procrastinare il momento in cui si sarebbero dovuti recepire i grandi mutamenti del nostro territorio negli ultimi decenni, quali l’aumento della speranza di vita, il miglioramento delle condizioni sociali, l’invecchiamento della popolazione e l’espandersi di forme di disagio e fragilità che necessitano di un ulteriore arricchimento dell’organizzazione sanitaria, socio sanitaria e socio assistenziale, al fine di promuovere la tutela della salute e il benessere dei nostri cittadini. Ora è necessario correre, quindi, ai ripari. I presìdi sanitari territoriali (un esempio per tutti, la Casa di Comunità di Ala) devono tornare ad essere un riferimento solido per ogni comunità, obbiettivo raggiungibile convertendoli in contenitori di multiservizi. Occorre implementare l’aggregazione dei medici di medicina generale a ruolo unico (medici di base e guardie mediche) per migliorare la copertura tutte le 24 ore e l’intera settimana, attraverso il supporto anche dei punti intervento territoriale. Il Primiero va dotato di un presidio medico di primo intervento attivo H24 per coprire almeno le urgenze e le emergenze, anche di carattere ortopedico. ll tema della ristrutturazione degli ospedali esistenti o della costruzione di nuove strutture è vitale sia per le valli quanto per il capoluogo. Si possono evitare inutili contrapposizioni e costosissime lungaggini, che rischiano di ritardare o addirittura mandare in fumo i progetti, coinvolgendo e spiegando alla popolazione sia la visione di fondo che le esigenze del territorio e le soluzioni percorribili. Gli ospedali periferici si sono rivelati determinanti nella gestione della pandemia da Covid-19. Da una parte hanno rappresentato un modello di efficienza che ha messo in luce il prezioso patrimonio umano e di alta professionalità rappresentato dal personale sanitario del territorio ed ospedaliero e dal mondo del volontariato, ma, dall’altra, hanno evidenziato tutte le debolezze del nostro attuale sistema sanitario provinciale, per le quali vanno trovati urgentemente rimedi efficaci. Anche in campo sanitario una forte connessione delle città con le valli è determinante. La forza del Trentino sono l’unità del sistema e la diversità che si sanno integrare. La medicina generale (ex di base) va ripensata, favorendo aggregazioni funzionali (collegate in rete informatica), gruppi di medicina integrati (medici integrati da personale di studio, infermieristico, operatori sanitari, psicologi) anche in cooperative di servizi di supporto agli stessi medici di medicina generale (costituite da medici di base in maggioranza trentini), perché consentono un notevole risparmio di risorse sia in termini di gestione delle strutture, ma anche garantendo la prossimità del medico in ogni paese, soprattutto nelle valli, purché collegati per via telematica con l’hub di riferimento, con ambulatori in comodato d’uso gratuito comunali e aziendali, di prossimità per i bisogni soprattutto della popolazione fragile, non autosufficiente, non deambulabile autonomamente. Non ultimo, l’implementazione del necessario raccordo, tramite il trasporto pubblico o convenzionato con le associazioni di volontariato, nelle Case di Comunità del Distretto di riferimento o alle sedi di lavoro degli stessi medici convenzionati. Con riferimento ai medici di medicina generale a scelta oraria (ex guardie mediche), non possiamo pensare che la soluzione per alcune località sia un presidio aperto pochi giorni a settimana (il Tesino e Cembra insegnano), oppure che la sede di guardia di Mezzolombardo copra l’intera Rotaliana, la Paganella e tutta la Bassa Valle di Non fino a Taio. Al contrario, dalla Valle di Ledro al Tesino per l’appunto, dal Primiero all’Altopiano di Brentonico, dalla Paganella alla Vallarsa, da Vermiglio a Capriana si devono trovare le risorse secondo quanto previsto dal PNRR e dal DM 77. Gli accordi convenzionati con la Provincia di Trento prevedono già le visite domiciliari e le soluzioni per la popolazione in loco. Sarà necessario attivare i percorsi diagnostici terapeutici (PDTA) attraverso le reti professionali locali dei medici convenzionati, dei dirigenti medici e dei medici coordinatori di RSA di ogni terra alta del nostro Trentino, oltre che nelle città urbane. Vanno inoltre rafforzate, grazie alle risorse previste dal PNRR ma non solo, la sanità elettronica e le tecnologie applicate ai dispositivi medici, che dispongono in Trentino di un settore industriale a maggior tasso di innovazione. Come pure la televisita, il teleconsulto, la telecooperazione sanitaria, la telesalute, la teleassistenza, il telemonitoraggio; ma anche la tecnologia e il ricambio del parco macchine degli ospedali di valle per mantenere la sicurezza coniugata con la velocità delle risposte che ci chiedono i cittadini. Nonché il mantenimento capillare delle competenze avanzate e specialistiche degli infermieri e di tutte le altre professioni sanitarie e sociosanitarie, con aumento di ulteriori competenze delegabili a professionisti sanitari nel ciclo produttivo della tutela e promozione della salute, quale benessere biopsicosociale e non solo assenza di malattia. Non meno importante è la medicina veterinaria, soprattutto per quanto riguarda le valli e le pianure. Va infine risolto l’annoso problema della riduzione dei tempi di attesa per le visite specialistiche e la diagnostica strumentale, in particolare per i pazienti affetti da patologie gravi che necessitano di interventi tempestivi o per gli anziani che non possono disporre di mezzi di trasporto, attraverso codici RAO specifici e immediati nelle vicinanze del loro posto di residenza, o di collegamenti tra medici di famiglia e specialisti per teleconsulto istantaneo.
Rilanciare la medicina di territorio.
Se gli ospedali devono diventare sempre più il luogo di cura degli acuti, la medicina dei territori, siano esse pianure o aree interne (126 Comuni su 166), oltre a trattare interamente le patologie croniche, dalla prevenzione alla cura medica, con le risorse anche del PNRR deve essere in grado di accogliere pure utenti di una certa complessità, ma con i necessari supporti tecnologici e clinici e con l’apporto integrato di unità complesse multiprofessionali. Le Case di Comunità, dove insisteranno tra l’altro le UCCP (Unità Complesse delle Cure Primarie)/Equipe multiprofessionali, devono essere il fulcro di una nuova presenza di giovani professionisti e di una nuova visione della medicina territoriale in grado di implementare i servizi sanitari, assistenziali e sociosanitari e creare sinergie virtuose fra professionisti, con le reti professionali locali, la formazione specifica valle per valle, i PDTA/PAI (Piani Assistenziali Individuali) per ogni cittadino che si ammali. Ma anche con la sede, al loro interno, sia delle associazioni di volontariato che si occupano di salute che della stessa componente comunale che già è presente anche nelle RSA. La prevenzione deve rimanere un ambito assolutamente prioritario, accanto al quale settori critici, come le cronicità, gli anziani con particolare riguardo alle demenze e alla salute mentale, ma anche nuove patologie giovanili e dell’adolescenza, come anoressia, cyberbullismo e ludopatie, devono trovare punti di raccordo programmatico e operativo più visibili e funzionali. La medicina territoriale va tutelata e migliorata. Risulta quanto mai necessario non perdere preziosi presìdi di prossimità e aziendale presenti su tutto il territorio provinciale, ma anzi ripensarli e potenziarli per espletare la propria funzione durante ogni fase della vita dei cittadini residenti. Le prospettive di vita ed il costo delle lungodegenze stanno portando sempre più gli anziani presso le loro abitazioni anche se talvolta in condizioni salutari problematiche. Presidi quali la medicina di base correttamente supportata anche da un punto di vista tecnico (dotazione di ecografi, ECG, spirometrie, spazi adeguati, ecc.) sull’intero territorio provinciale mai come oggi possono fare la differenza nel garantire e supportare la salute dei cittadini residenti, facendo da filtro al pronto soccorso per le vere acuzie. È necessario potenziare la medicina di base consentendo alla stessa di fare esami ematochimici, organizzando puntuale e periodica formazione ai medici di medicina generale a ruolo unico su tecniche mediche aggiornate e nuove terapie anche innovative. Ma anche deburocratizzandogli il lavoro, andando verso un’attività certificativa degli ausili medici che sia di competenza non più dei medici di base ma del personale infermieristico. Il medico a ciclo orario (ex guardia medica), specie nelle zone periferiche distanti da ospedali dovrebbe essere dotato di un ECG diagnostico, un ecografo portatile, un saturimetro o uno spirometro, con la possibilità di effettuare ambulatoriamente i più facili esami ematologici. Dovrebbe essere affiancato da un OSS presente nei turni diurni e durante le prime ore dei turni notturni (20-24). L’OSS in questione dovrebbe essere responsabile della manutenzione delle attrezzature di cui sopra e degli altri strumenti presenti in guardia. Il problema più urgente è dato dalla carenza di medici ed infermieri, ma ci possono essere delle misure immediatamente attuabili da intraprendere:
● eliminare e/o semplificare gran parte della burocrazia, cosicché ogni medico possa avere un numero maggiore di mutuati e dedicarsi a loro in via squisitamente clinica;
● incentivare i medici in pensione a poter mantenere un certo numero di assistiti, perché l’APSS è impossibilitata a trovare i giovani che si dedichino ai nostri cittadini in numero adeguato; incentivarli anche a formare come supervisori i giovani medici sul territorio oltre che negli ospedali, stimolarli a campagne di prevenzione quali la vaccinazione, ecc. in accompagnamento all’Azienda Sanitaria e alla Provincia;
● stesso sistema per gli infermieri in pensione.
Interventi in campo odontoiatrico.
In Trentino con la legge provinciale del 12/12/2007 “tutela della salute odontoiatrica” è stata modificata la precedente legge (31/08/1991) volta ad agevolare l’accesso alle cure odontoiatriche. L’attuale legge prevede quasi esclusivamente gli interventi in convenzione diretta con gli odontoiatri che si sono resi disponibili fin dall’inizio a questo tipo di convenzione. Va valutata la possibilità di permettere al paziente la libera scelta del professionista di fiducia che abbia dato l’adesione in forma indiretta, attivando specifici bonus economici, come accade in Alto Adige.
Il Nuovo Policlinico Universitario Provinciale e la rete degli ospedali.
Il Nuovo Policlinico, quello tuttora esistente a Trento, e gli altri ospedali anche di comunità (come, ad esempio, quelli di Mezzolombardo o di Ala) non sono realtà separate, ma i soggetti cardine di una rete integrata e complementare. Solo in questo modo possono essere valorizzate tutte le risorse disponibili locali e possiamo garantire il migliore equilibrio tra l’efficienza dell’intero sistema ospedaliero e universitario trentino e la cura dei pazienti nelle acuzie, nelle cure intermedie, nelle riabilitazioni, prima di rientrare al proprio domicilio o di essere ospitati negli Hospice per accompagnarli verso il fine di vita. Con il grande vantaggio di ottimizzare le risorse finanziarie, professionali e tecnologiche, rendendo nel contempo più forte la capacità di richiamo di professionisti di alto livello. Ma anche affiancando una rete domiciliare per coloro che vogliono stare vicini ai loro cari nelle fasi finali della loro vita. Un occhio di riguardo va tenuto per i territori particolarmente decentrati, come il Primiero, che devono poter contare almeno su un presidio di primo intervento medico per le urgenze/emergenze H24, nonché su una struttura di cure intermedie/hospice. Mentre in Tesino potrebbe essere pensato un punto di primo intervento territoriale, come anche in Valle di Ledro o sull’Altipiano di Lavarone.
Investire sulle tecnologie.
Nuove professioni stanno entrando nel settore sanitario e vengono creati nuovi posti di lavoro che fanno eco alle mutevoli sfide sanitarie e allo sviluppo tecnologico. Per tecnologie non si intendono solo le macchine e le attrezzature, ma anche la certificazione dell’hardware e/o del software come dispositivo medico idoneo alla tipologia di presentazioni che si intende effettuare attraverso i supporti informatici e i professionisti che ne consentono il funzionamento. Tale soluzione, infatti, creerà nuova occupazione, come quella dei web designer, di sviluppatori di software, di ingegneri sanitari, dei professionisti del marketing digitale, delle start-up aumentando anche il reddito aggregato e indirettamente guidando la domanda di lavoratori nel settore dei servizi come l’assistenza sanitaria e la formazione. Questo, insieme ad un indispensabile maggiore sforzo in ricerca, consentirà̀ non solo di rispondere meglio alle necessità dei cittadini utenti, maggiormente esposti nelle periferie e nelle valli, ma anche di garantire l’affidabilità delle prestazioni e la sicurezza dei dati per reggere meglio la concorrenza di altri territori e attirare le alte professionalità necessarie per tenere sempre in tensione positiva il nostro standard di prestazioni a livello provinciale.
La Cittadella della formazione.
Il positivo avvio della Facoltà di Medicina a Trento, la presenza del Polo delle professioni sanitarie sulla città di Trento, la Scuola di Medicina generale ed il Servizio Formazione dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari site in un unico luogo. Il problema contingente della mancanza di spazi adeguati sia per la Facoltà di Medicina che per il Polo delle professioni sanitarie troverà risposta in una localizzazione degna dell’importanza della formazione dei professionisti sanitari. In una cittadella della formazione universitaria, continua e professionale, con la creazione di un Hub for Educational Excellence in Health Care nella Provincia autonoma di Trento in rete con altri Paesi europei: un Polo provinciale di eccellenza professionale per un Polo ospedaliero e universitario trentino. Un luogo dove offrire formazione di eccellenza, dove promuovere la mobilità mista europea, l’apprendimento interregionale e la collaborazione tra operatori sanitari e studenti di altri Paesi. Nella Cittadella della formazione la multiprofessionalità e l’interdisciplinarità troveranno spazio di lavoro condiviso già in aula; perché non è solo un problema di spazio di mura per la Facoltà di Medicina, ma di conoscenza, rispetto e lavoro di equipe già da studenti, ossia per tutti i futuri professionisti sanitari. Con la possibilità, per gli specializzandi che usciranno dalla Scuola di Medicina di Trento, di lavorare, apprendendo, negli ospedali di valle, dove maggiormente si verifica, oggi, la difficoltà di reperire professionisti medici e infermieristici.
Garantire la massima qualità della classe dirigente ad ogni livello.
È lo snodo più critico che farà decollare o stagnare anche il migliore dei programmi politici. L’attenzione alla professionalità e alla conoscenza delle peculiarità del sistema trentino di chiunque avrà l’onere di ricoprire le più alte responsabilità di guida e di conduzione del sistema sanitario trentino dovrà essere altissima e legata solo al livello delle qualità gestionali, professionali e tecniche possedute.
Privato e privato sociale.
La nostra Provincia convive da sempre con la presenza di un’offerta sanitaria privata di qualità che integra il servizio pubblico. In questi ultimi anni il privato è aumentato ed ha continuato ad occupare spazi lasciati liberi dal pubblico. Il personale medico ed infermieristico spesso si rifugia nel privato, trovando qui quelle sicurezze di relazione vita-lavoro, di remunerazione, riposo notturno, festività risparmiate per stare in famiglia. Di pari passo scorgiamo nel pubblico una relazione con il personale insufficiente, mentre l’efficienza la si valuta solo in termini di budget e contenimento dei costi. Non si può pensare di coprire la carenza di personale coprendo i turni con gli straordinari programmati, pagati dagli stessi professionisti, o di introdurre una formulazione pericolosissima in merito alla pronta disponibilità in sedi diverse da quella vinta per concorso pubblico. Né, d’altro canto, è ipotizzabile vincolare le nuove agevolazioni previste dall’Ente pubblico per facilitare la conciliazione dei tempi famiglia-lavoro alla compatibilità organizzativa della stessa azienda, in difformità a quanto deciso dai DM 70 e 77 e dalla Comunità Europea stessa sulla riorganizzazione territoriale nella sanità. Va quindi definito il miglioramento delle condizioni lavorative di tutti i settori del pubblico, indennizzandoli laddove scelgono di lavorare nelle valli e nelle zone disagiate del Trentino. Ma anche fornendo servizi a disposizione dei professionisti, come asili nido, per quella percentuale di donne medico e del comparto che oggigiorno raggiunge oltre il 65 % dell’intera comunità sanitaria trentina; o alloggi aziendali laddove intendono fidelizzarsi al nostro territorio con le proprie famiglie. Data per scontata l’opportunità di coltivare un rapporto di qualificata sinergia tra pubblico e il privato, va precisato che ciò può avvenire solo senza che nulla venga tolto alle garanzie di un’appropriata qualità e quantità di servizi, ma, anzi, con l’obiettivo di allargare la platea degli utenti e la qualità delle prestazioni, in un quadro di sostenibilità finanziaria e sociale.
Medicina di genere specifica.
Un approccio di genere nella pratica clinica consente di promuovere l’appropriatezza e la personalizzazione delle cure, generando un circolo virtuoso con conseguenti risparmi per il Servizio Sanitario. L’erogazione di cure appropriate presuppone la centralità del paziente e la personalizzazione delle terapie, considerando, nella valutazione delle patologie e nella loro gestione, oltre al sesso biologico, anche parametri quali identità di genere, età, condizioni sociali ed economiche, ecc.
Meno burocrazia e più efficienza.
È urgente snellire le pratiche burocratiche. Oggigiorno l’attività professionale medica non si esaurisce nel curare e prescrivere le terapie dopo aver formulato una diagnosi, ma è in larga parte rivolta ad adempimenti burocratici (ad esempio, all’obbligo di certificazione a cui sono tenuti il medico convenzionato e tutti gli altri sanitari) e alla compilazione, oltre che della certificazione di diagnosi e cura, di diversi moduli aventi valore amministrativo che tolgono tempo prezioso alle altre attività proprie della medicina. Questi adempimenti dovrebbero essere razionalizzati e snelliti, o eliminati in toto ove possibile, oppure la loro compilazione essere attribuita ad altro soggetto o struttura. Solo per riportare un esempio, per la richiesta di un mese di sollievo in casa di riposo il medico deve compilare diversi moduli, quando per la certificazione dello stato di necessità e salute del paziente dovrebbe essere sufficiente l’invio di una mail. Altrettanto vale per le certificazioni INPS ed INAIL, dove è necessario il codice di accesso e la password nel sito dedicato e poi la compilazione dei moduli relativi con una notevole occupazione di tempo prezioso. Si potrebbe pensare ad un medico distrettuale dedicato a tali incombenze o, nel secondo caso, alla certificazione tramite medico specialistico INAIL. Il professionista medico e veterinario devono essere sollevati dalle modulistiche accessorie alla diagnostica, dove possibile, con l’eliminazione degli adempimenti burocratici superflui. D’altra parte, tutti i cittadini dovrebbero poter accedere alla propria cartella clinica (FSE), cartacea per chi non ha dimestichezza informatica (anziani), rendendo disponibili sportelli o totem dove possa essere possibile stamparla dietro inserimento della tessera sanitaria, così da poterla portare con sé per visite mediche e cure private; questo semplificherebbe il lavoro sanitario nel caso di ricovero, nel caso della sostituzione e di subentro del medico di assistenza di base. Non sempre i medici sostituti trovano le cartelle cliniche dei pazienti a disposizione e questo vale anche per il nuovo medico di base che intraprende un incarico o per un paziente che cambia il proprio medico.
Nella medicina ospedaliera ridare la responsabilità dei reparti ai primari.
La rete ospedaliera pubblica deve essere ripensata con forte spinta verso la dipartimentalizzazione delle diverse attività e specialità con un ruolo centrale di coordinamento per lʼospedale di secondo livello (S. Chiara di Trento oggi, Nuovo Ospedale Trentino-FOUT domani): si deve, in sostanza, costituire una sorta di “ospedale unico provinciale”, organizzato in dipartimenti con articolazioni periferiche negli ospedali di valle. Il concetto cardine deve essere quello di garantire anche nelle strutture periferiche di valle prestazioni specialistiche di qualità. Tale qualità dipende anche e soprattutto dallʼesperienza e dalla casistica di ogni singolo operatore ed è direttamente proporzionale al numero di pazienti visitati e degli anni di lavoro e di apprendimento svolti in ambienti adeguati. Si deve sostituire alla mobilità dei pazienti quella dei medici specializzandi, specialisti e degli operatori sanitari, retribuiti ed indennizzati per la mobilità oltre i venti chilometri, con il miglior utilizzo delle tecnologie informatiche e la strumentazione tecnologica messa a disposizione con i sovvenzionamenti del PNRR per il Trentino (vedi centrale a Trento e refertazione ed esami in valle per lo screening delle mammografie) in modo da evitare ai cittadini la necessità di trasferimenti verso il capoluogo per avere una prestazione allʼaltezza delle aspettative.
In termini di proposta:
● negli ospedali periferici devono coesistere i medici residenti, con lʼobbligo di garantire i servizi previsti per lʼospedale di base, con consulenti provenienti a rotazione dal Nuovo Polo Universitario e Ospedaliero, in un continuo interscambio di esperienze e di informazioni a tutto vantaggio dellʼarricchimento degli operatori sanitari, degli specializzandi e dei formandi e dellʼadeguatezza della prestazione resa ai pazienti;
● si deve realizzare una piena collaborazione fra pubblico e privato nellʼerogazione dei servizi sanitari, che nella nostra organizzazione è di natura esclusivamente pubblica, sia quando erogata direttamente dallʼAzienda Sanitaria, sia quando prestata da strutture private accreditate;
● le strutture private possono garantire le prestazioni, in particolar modo specialistiche ambulatoriali, nelle zone a maggior densità abitativa (come il capoluogo), in modo da sgravare lʼospedale pubblico che potrebbe così consentire ai propri operatori quella mobilità a rotazione negli ospedali periferici cui ci si riferiva sopra. Si eviterebbe così anche il fenomeno della mobilità dei pazienti dal centro alla periferia per lʼesecuzione di indagini negli ospedali periferici che necessitano di spostamenti che provocano disagi, rischi di incremento del traffico automobilistico, ore di lavoro perse e permessi retribuiti per chi deve accompagnare anziani e assistiti non autosufficienti in valli periferiche rispetto al centro;
● va ulteriormente valorizzata lʼattività svolta dalle strutture accreditate nel campo della riabilitazione e della lungodegenza: tale funzione ha raggiunto livelli di prestazione elevati con le case di cura di Arco e di Pergine che fungono anche da polo dʼattrazione per pazienti extraregionali, contribuendo a ridurre il saldo passivo della mobilità interregionale che penalizza il bilancio sanitario provinciale. Per quanto riguarda la medicina territoriale si deve incentivare ulteriormente il lavoro di gruppo dei medici di medicina generale, favorendo anche unʼattività specialistica dei professionisti allʼinterno di poliambulatori dotati di strumenti diagnostici idonei per dare risposte alla maggior parte delle esigenze degli assistiti, senza dover ricorrere agli ospedali, da riservare solo alle patologie più gravi che richiedano inderogabilmente un ricovero. In tal senso, ci vengono incontro le cooperative dei medici di medicina generale che possono erogare servizi per i gruppi integrati e le aggregazioni funzionali territoriali.
Si dovrà favorire la partecipazione e l’inclusione dei professionisti della salute nelle scelte organizzative strategiche, invertendo la rotta di marginalità in cui sono stati posizionati dai vertici aziendali, che dovranno essere resi più autonomi sul piano tecnico dall’organo politico. Ma si dovrà anche valutare l’impatto dei Primari Universitari rispetto a quelli Ospedalieri clinici, specificando bene come andranno integrate le professionalità degli uni rispetto agli altri, che in Trentino sono la maggior parte, non lasciando indietro nessuno ed integrando compiti degli uni con quelli degli altri.
LO STATO SOCIALE: SFIDA DEL FUTURO
In una società destinata ad invecchiare in misura sempre maggiore, le politiche sociali sono quelle che fanno la differenza: per la qualità della vita e la coesione del sistema, innanzitutto, ma anche per la stabilità delle famiglie e la tenuta dei bilanci pubblici. Ciò vale in particolare per il Trentino, che ha sempre avuto nella solidarietà e nell’inclusione sociale uno dei suoi tratti caratterizzanti. A Trento ed in altre città esiste il grave problema dei senzatetto che aumentano ogni giorno. In accordo con i Comuni interessati, occorre predisporre bagni pubblici con docce che possano essere utilizzate dai senzatetto che lavorano e hanno bisogno dei servizi essenziali. I dormitori che vengono aperti solo per l’inverno potrebbero essere tenuti aperti tutto l’anno. La gestione non è semplice, perché servono regole ben studiate e stringenti per evitare un eccessivo afflusso da parte di altri territori. In un’ottica di risparmio e ottimizzazione delle risorse e di efficacia del sistema, sempre di più occorre agire in un’ottica integrata, che tenga conto di tutti i bisogni, che investa sulle misure preventive, che superi l’assistenzialismo, che responsabilizzi le istituzioni, il volontariato e gli utenti. In un sistema di welfare sussidiario e generativo come il nostro, non è pensabile che possa fare tutto l’ente pubblico: in questo senso sono importanti il prezioso contributo e le positive esperienze maturate dalla cooperazione e dal privato sociale, che devono essere finanziate e messe in grado di sostenersi economicamente e di mettere in campo nuovi progetti per venire incontro alle sempre più complesse esigenze emerse dalla comunità.
Il canone moderato.
Occorre investire ulteriormente nell’incentivare la proposta di canone moderato per recuperare edifici in disuso e ridurre quindi lo spreco di territorio per rispondere al bisogno di un alloggio di chi non può permettersi un canone di libero mercato o per favorire l’indipendenza abitativa dei giovani
Il cohousing e le residenze sociali.
Vanno incentivati i progetti di co-housing e residenze sociali rivolti alle persone che vivono da sole e non hanno capacità di reddito sufficiente per sostenere le spese (ad esempio i genitori separati); si tratta di un sistema di coabitazione, anche tra giovani ed anziani, che porta ad accrescere la socialità e il senso di comunità.
Gli anziani.
Occorre mettere in campo ogni strumento perché le persone anziane possano rimanere, per quanto possibile, nel loro ambiente di vita. Servono misure innovative affinché gli anziani autosufficienti possano condividere l’abitazione attraverso edifici ristrutturati in parziale autosufficienza (ad esempio con la badante di condominio). Tale servizio, già sperimentato in altre realtà, sta dando ottimi risultati in termini di risparmio economico ma anche di cura della persona H24. Un modello nuovo dello stare insieme per migliorare la vita delle persone non autosufficienti e delle famiglie che non possono permettersi una collaboratrice domestica. A tale scopo, occorre predisporre un apposito sportello per sostenere le famiglie negli iter burocratici. Ma vanno anche promosse strutture ad hoc a pagamento, anche private, per chi è in grado economicamente di sostenere scelte autonome per l’ultimo periodo di vita. Le A.P.S.P. (Aziende Provinciali per i Servizi alla Persona, le case di riposo) rappresentano un presidio sul territorio che garantisce assistenza a chi non è più in grado di rimanere nella sua residenza abituale. Venute meno le lungodegenze per anziani negli ospedali, sono l’unica soluzione per chi non può permettersi una valida assistenza domestica. Sono strutture che non si limitano più alla sola assistenza, ma che stanno gradualmente evolvendo in luoghi dove le competenze sanitarie diventano sempre più importanti, se non indispensabili. In questa prospettiva, vanno finanziati i necessari investimenti (strutturali, professionali e umani) per metterle in condizione di ospitare e assistere, in maniera adeguata, chi non può più vivere da solo. Non possiamo aspettare oltre nel dare piena attuazione allo Sportello Argento. La sburocratizzazione passa anche da qui: attraverso la rete dei vari enti che si occupano delle problematiche e dei servizi agli anziani, così da avere una chiara visione dei bisogni e dati aggiornati.
I servizi di comunità e la cura del disagio psichico.
Le Case di Comunità devono vedere implementati i servizi a favore delle famiglie e delle persone con disagio psichico e malattie psichiatriche, patologie sempre più presenti e ancora poco sostenute. Il Covid-19 ha portato alla luce molteplici disagi di famiglie che, a causa della perdita del lavoro, non sono in grado di riacquistare la propria serenità e scaricano le difficoltà su tutti gli altri componenti.
La disabilità.
Una società evoluta come la nostra non può lasciare indietro nessuno. Per questo vanno sostenute tutte le pregevoli e positive iniziative messe in campo, in particolare dal volontariato, per superare i limiti dei diversamente abili, favorirne l’autonomia e l’inclusione sociale e scolastica, promuoverne la professionalizzazione e l’inserimento lavorativo, anche usufruendo delle norme di tutela. Il ventaglio sempre più complesso delle casistiche richiede l’attivazione di uno sportello unico in grado di gestire tutte le richieste e di trovare le combinazioni più appropriate per ogni specifica situazione. Sarebbe una soluzione non costosa e di facile realizzazione. Servono strutture specializzate, stabili e attrezzate per il “Dopo di noi”, per affrontare correttamente la vita delle persone diversamente abili o affette da patologie complesse (come l’autismo), perché quelle operanti in Trentino, in carico al volontariato e alla cooperazione sociale che meritoriamente fanno quel che possono, non sono sufficienti. Occorre formare gli operatori, in particolare per le scuole, utilizzando anche la preziosa esperienza maturata dalle realtà che si occupano sul campo di disabilità. Le famiglie vanno aiutate anche finanziariamente (tenuto conto dell’ICEF) per poter sostenere i costi delle strutture di accoglienza. Infine, manca ancora, in particolare nell’autismo ma non solo, la visione del “Dopo di noi” ed occorre che l’Azienda Sanitaria si attrezzi per curare la riabilitazione in modo multidisciplinare e stabile, attraverso strutture che rispettino le linee guida UE.
Nuove forme di assistenza.
Lʼincremento continuo della durata media della vita della popolazione produce un conseguente aumento delle situazioni di disabilità e di non autosufficienza delle persone anziane che ricorrono sempre più al ricovero definitivo nelle Residenze Sanitarie Assistite: queste ultime sono in costante incremento numerico, ma sono insufficienti a rispondere a una domanda che sta esplodendo. Occorre fare ogni sforzo per aumentare lʼassistenza domiciliare anche per gli anziani che vivono soli, realizzando unʼadeguata integrazione fra lʼassistenza pubblica, a carico dei servizi socio-assistenziali, e iniziative di volontariato e di privato sociale: anche per il finanziamento di tali attività un ruolo importante potrebbe essere svolto dal mondo della cooperazione. Nel quadro dei processi di invecchiamento della popolazione e di mutamento delle strutture familiari, le politiche di long term care (LTC) sono divenute cruciali e lo saranno sempre di più. Nonostante la rilevanza che il bisogno di cura delle persone disabili e non autosufficienti assume, anche la Provincia di Trento sconta un notevole ritardo nell’attuare processi di riforma e di investimento in queste politiche, scaricando per gran parte la cura sul “fai da te” delle famiglie che devono ricorrere all’assistenza familiare prestata spesso da persone con scarse competenze e irregolari. Dobbiamo cambiare rotta e farlo velocemente, perché le persone disabili e non autosufficienti richiedono cure personalizzate e servizi dedicati, investendo sull’assistenza domiciliare e sulle strutture intermedie tra la famiglia e la residenzialità, che sono poche e non in grado di prendere in carico chi ne ha bisogno, né di assicurare periodi di sollievo e di cura con l’urgenza necessaria. Occorre assicurare un sostegno più elevato a chi ne ha bisogno, con una forma di co-payment graduato in base al reddito familiare, a copertura dell’ammontare della spesa effettivamente sostenuta. Non si devono mai lasciare le famiglie sole ad orientarsi nel labirinto delle norme, che devono essere semplificate e rese tra di loro omogenee.
La previdenza integrativa e la non autosufficienza.
In un’ottica di valorizzazione delle competenze regionali previste dallo Statuto, va ulteriormente rafforzato il sistema della previdenza complementare, da un lato consolidando e potenziando le iniziative già introdotte dalla Regione e dalle due Province a sostegno di alcune fasce della popolazione, dall’altro lato continuando a valorizzare l’importante ruolo svolto dalla società Pensplan Centrum S.p.a. Vanno inoltre rafforzate le iniziative volte a promuovere l’alfabetizzazione finanziaria dei cittadini (educazione finanziaria), in continuità con quanto svolto negli ultimi anni dalla medesima società Pensplan Centrum sulla base della nuova disciplina regionale introdotta nel 2018. Tali attività, considerata la situazione attuale e le prospettive previdenziali delle nuove generazioni, dovranno essere rivolte soprattutto ai giovani, ma anche alle altre categorie di popolazione. Infine, per quanto riguarda il finanziamento del sistema sanitario provinciale si dovrà pensare a forme integrative anche attraverso coperture assicurative private obbligatorie. In Trentino, il mondo della cooperazione potrebbe rappresentare una risorsa formidabile in questo senso, anche grazie alla sua capillare penetrazione territoriale, realizzando un vero sistema assicurativo sanitario, sul modello di quelli che stanno prendendo piede in Europa, in particolare in Germania e Olanda. In materia di sanità integrativa, all’interno della quale rientra anche la non autosufficienza, va promosso lo sviluppo di un sistema di livello regionale, analogamente a quanto fatto per la previdenza complementare. Ciò, anche in un’ottica di valorizzazione della dimensione regionale. Risulta infatti necessario, considerate le sempre più scarse risorse pubbliche, promuovere lo sviluppo di un modello regionale che tenga conto dei livelli essenziali delle prestazioni già garantite dal sistema pubblico, favorendo la crescita di fondi territoriali
Investire sull’associazionismo
È uno dei settori più importanti e caratterizzanti del tessuto sociale trentino e che, in questi anni, sta attraversando un momento difficile. Per questo va messo nelle condizioni di continuare a operare al meglio, sia attraverso la sburocratizzazione delle pratiche, che tramite l’informatizzazione e la semplificazione delle procedure, che tramite sportelli territoriali ad hoc. Per l’associazionismo ed il volontariato vanno studiati provvedimenti ed incentivi su misura, che permettano ad un tempo di usufruire di tutti i benefici fiscali previsti e, dall’altra, di godere, per le piccole realtà prive di struttura che altrimenti rischiano di scomparire, di esenzioni e agevolazioni speciali. Per far fronte alle nuove gravose operazioni, soprattutto telematiche, imposte dal nuovo Codice del Terzo Settore (che ha introdotto il R.U.N.T.S., Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) e che stanno mettendo in seria difficoltà e demotivando le piccole realtà associative (come, ad esempio, i Circoli degli anziani e dei pensionati), la Provincia deve mettere gratuitamente a disposizione operatori formati e disponibili. Le piccole associazioni, che non ricevono contributi pubblici e che raccolgono il maggior numero di volontari portando un prezioso valore aggiunto al territorio e alle sue istituzioni, hanno grande difficoltà nel trovare sedi. In collaborazione con i Comuni e le Comunità di valle, potrebbe essere poco costoso e molto utile mettere a loro disposizione locali e magazzini sfitti, esonerando i proprietari dall’IMIS e garantendo la manutenzione e la valorizzazione degli immobili da parte dei volontari. Al fine di avvicinare i nostri giovani ai valori del nostro territorio e consentire loro di potersi esprimere e crescere al meglio, è importante che l’associazionismo venga riconosciuto nei nostri istituti scolastici come un valore aggiunto. Sarebbe, inoltre, importante creare un portale ove raccogliere tutte le associazioni esistenti, suddivise per categorie e per aree geografiche, in modo da consentire un facile reperimento da parte delle persone che vogliono svolgere un’attività e trovare in maniera rapida un’associazione che risponda a tale esigenza, oltre a consentire tra le stesse associazioni un facile reperimento di contatti per creare sinergie reciproche.
Le politiche di coesione sociale: terra di confine non significa terra di nessuno.
Il territorio trentino è da sempre crocevia di culture e etnie diverse. Negli ultimi decenni in particolare, il Trentino vede la forte presenza di gruppi etnici provenienti sia dall’Est Europa che dal Nord Africa e non sempre l’incontro fra culture così diverse è stato privo di disagi e di problematiche. Essere comunità includente e solidale significa anche e soprattutto rispetto delle regole, efficace lotta alla delinquenza, presidio costante e implementazione dei servizi dedicati alla popolazione straniera. Va rafforzata la presenza di mediatori culturali e di operatori nella gestione dell’immigrazione presso gli enti locali, per permettere una più snella e veloce procedura di controllo e misure di assistenza più efficaci, al fine di aumentare la sicurezza da un lato e la capacità di accoglienza sostenibile dall’altro.
POLITICHE PER LE FAMIGLIE
La famiglia è l’elemento vitale di una comunità e concorre a far crescere nel tessuto sociale quei valori che la contraddistinguono: solidarietà, reciprocità, sussidiarietà e legami di prossimità tra le generazioni. La famiglia è matrice di crescita economica e sociale e motore insostituibile della comunità. Proprio perché il Trentino vuole essere sempre più un territorio accogliente e attrattivo per le famiglie e per i soggetti che interagiscono con esse, capace di offrire servizi e opportunità rispondenti alle aspettative dei nuclei familiari residenti e non, deve rafforzare il rapporto tra le politiche di sviluppo economico e le politiche familiari in un’ottica di coesione sociale. La crisi congiunturale ha messo in discussione gli assetti delle politiche fino ad oggi attivate anche nel nostro Trentino. Non resta dunque che immaginare nuove visioni, abbandonare gli schemi classici per trovare la giusta direzione e provare a rispondere ai bisogni di una comunità. Rivolgersi al territorio sia per superare la logica assistenziale, che demanda al sistema la soddisfazione dei bisogni di tutela, delle domande di protezione e di garanzie sociali, sia al contempo per oltrepassare il bilanciamento welfare aziendale/welfare sociale ed essere propulsori di una compartecipazione della società civile: economica, profit e non profit. La politica deve essere lo strumento che propone la direzione da percorrere per dare risposte ai nuovi rischi sociali e alle diverse domande orientate all’incremento della qualità della vita. È indispensabile dunque pensare ad un welfare orientato all’innovazione sociale, fatto di reti inedite tra pubblico e privato nell’individuazione di nuove politiche, di servizi e prodotti, oltre che potenziale bacino di azioni, opportunità e reti. Ecco allora che si parla di welfare sussidiario, composto da associazionismo familiare, autoorganizzazione delle famiglie, alleanze locali e consulte familiari, di welfare generativo (per ridurre al minimo le aree di disagio) come quello dei distretti sociali, dei distretti famiglia, dei distretti per l’economia solidale, di welfare community o 2° welfare che vede gli attori (istituzioni, territorio, famiglie, aziende) agire con nuovi ruoli e nuove funzioni nel più ampio contesto socio-economico in un’ottica di sviluppo sostenibile della comunità. La nuova frontiera del welfare in Trentino chiama tutti gli attori in campo (istituzioni, territorio, famiglie, aziende) a pensare a strategie di sviluppo di comunità e di reti comunitarie per affrontare una vasta gamma di problemi sociali: da quelli della sicurezza urbana, della marginalità e del disagio sociale, alla cura domiciliare degli anziani, al sostegno alle famiglie e ai servizi di conciliazione. La comunità locale assume così un ruolo sempre più significativo e trasversale per le politiche sociali e familiari. È un lavoro di squadra che valorizza il protagonismo e la specificità di ogni attore, generando il valore fondato sulla relazione, mirato alla costruzione di un bene condiviso e basato su una co-progettazione per mettere a sistema le risorse di un territorio e creare alleanze locali dando vita a politiche territoriali integrate, politiche territoriali aziendali, politiche territoriali familiari, reti di servizi interaziendali e partenariati di innovazione sociale, politiche aziendali familiari e reti di solidarietà familiare. Le politiche di benessere sono politiche locali per lo sviluppo economico. Creare le condizioni per realizzare i progetti di vita vuol dire riconoscere che incremento della natalità e sviluppo economico sono un binomio indivisibile. La cosiddetta denatalità è un problema estremamente rilevante oggi che impone l’introduzione di misure volte a sovvertire tale tendenza. Rafforzando l’offerta di asili pubblici e ampliando i sussidi per i genitori, la Svezia è riuscita per ben due volte a rilanciare il proprio tasso di fecondità dagli anni 90 ad oggi. Studi hanno dimostrato come determinante sia risultato innanzitutto la qualità della spesa: misure per offrire asili nido a prezzi sovvenzionati e misure che sostengono il reddito dei genitori sembrano più efficaci rispetto a bonus e altri benefici relativi alla nascita del figlio. In secondo luogo, si è visto come assumano rilievo le aspettative sulla stabilità delle misure introdotte: sostegni alla natalità che siano ritenuti duraturi nel tempo possono avere un impatto più forte nel medio-lungo termine. Dagli studi condotti è inoltre emersa l’efficacia di slegare le politiche di sovvenzione-cura per l’infanzia da limiti reddituali. Pensando al Trentino, le misure devono essere rivolte in primo luogo a favorire la nascita del primo figlio. Interroghiamoci sul perché molte famiglie non hanno oggi figli.
Quattro sono le piste di lavoro individuate e percorribili:
– alleanze locali: Distretti sociali, Distretti famiglia, Distretti per l’economia solidale;
– protagonismo familiare e valore della territorialità, riconoscendo nel Forum delle Associazioni Familiari l’interlocutore primario per concertare azioni concrete che puntano a rendere la famiglia più consapevole del proprio ruolo all’interno della società;
– welfare generativo per incentivare progetti di vita familiare dei giovani prevedendo:
● interventi strutturali sulle coppie che hanno progetti di vita a partire dalle agevolazioni sulla prima casa (superando il problema della bancabilità tramite l’attivazione di garanzie fidi, ad esempio per l’acquisto della prima casa e slegato da età, perché la misura statale
esclude i soggetti con età inferiore ai 36 anni);
● aumento del Bonus terzo figlio e per il primo ed il secondo figlio va prevista l’integrazione provinciale per l’aumento dell’assegno statale a tutti i nati a prescindere dal reddito, prevedendo un tetto per percepire la misura;
● per quanto riguarda i servizi di cura per l’infanzia, va collegato il servizio del percorso nascita (ostetriche sul territorio) con i servizi di sostegno al post nascita che possano aiutare e sostenere i genitori in un periodo molto delicato ed accompagnarli nell’assolvimento del loro compito, dalla cura del neonato con figure professionali adeguate e formate, alle incombenze domestiche, dal supporto pedagogico alla rete tra neo genitori. L’obiettivo è l’asilo nido per tutti: vanno raccolte le preiscrizioni a partire dal sesto mese di gravidanza e confermate entro un mese dalla nascita per consentire una corretta programmazione;
– corsie privilegiate per le donne vittima di violenza, azioni di emergenza tramite l’Agenzia del Lavoro e inserimenti lavorativi nelle cooperative sociali, inserimenti lavorativi nelle cooperative sociali di tipo B. Per raggiungere questi obiettivi è necessaria la revisione della normativa provinciale perché ampli la platea di occupabili e offra opportunità di lavoro a persone in situazione di fragilità temporanea (ad esempio per problemi familiari, donne oggetto di violenza, problemi sociali post Covid, ecc);
– alloggi agevolati per i genitori separati, sostegno alla maternità, incentivi pubblici alle imprese con l’obiettivo di parificare i diritti delle donne che lavorano nel pubblico e nel privato;
– politiche del buon rientro: verifica su cambio mansione delle donne rientrate al lavoro dopo 1 anno; trasferimento e segnalazione del caso se positivo ad Assessorato competente e consigliera parità;
– azione di promozione dello sportello informativo per le famiglie, ripristinando lo Sportello Famiglia in seno all’Agenzia per la Coesione Sociale con la gestione affidata all’associazionismo familiare.
I GIOVANI AL CENTRO DELL’ATTENZIONE
Oggi più che mai, occorre ascoltare i giovani, perché si sono attrezzati, hanno studiato, imparato le lingue ed hanno in mano il futuro del Trentino. Ai giovani va garantita stabilità lavorativa, possibilità di carriera e di un’abitazione a prezzi accettabili e se possibile agevolati. Dobbiamo puntare l’attenzione sulla meritocrazia, sulla possibilità che possano trovare un’occupazione stabile nei nostri territori e mantenere le proprie capacità e i propri talenti professionali dentro la nostra comunità. Va riconosciuto il merito dei singoli, anche nella pubblica amministrazione; occorre investire sui giovani per permettere loro di poter crescere, finanziando concretamente i progetti di vita di chi desidera farsi una famiglia e acquistare la prima casa (obiettivo ormai quasi impossibile) e sostenendo la natalità con azioni nuove, incisive e strutturali. Per parlare di politiche giovanili anzitutto bisogna analizzare quali sono le problematiche di base e gli effetti evidenti visibili. Attualmente un giovane che risiede in Trentino, terminato il suo ciclo di studi, spesso si trova ad affrontare oneri abitativi elevati, stipendi che difficilmente consentono una vera autonomia e spesso con un divario in negativo importante rispetto ad altre realtà al di fuori della Provincia, oltre a problemi di un’offerta di impieghi non in grado di sfruttare le potenzialità della persona. Tutto ciò si traduce con giovani dipendenti dalle famiglie, giovani che vivono sulla soglia della povertà, giovani che emigrano fuori Provincia, spopolamento delle nostre valli, perdita di Pil e di entrate per la Provincia autonoma, oltre che di risorse in grado di creare sviluppo e portare avanti i valori e le tradizioni del nostro territorio. Gli effetti tangibili sono di estrema gravità, sia culturale, che sociologica, che economica, oltre che affettiva, vedendo tanti giovani allontanarsi dalle proprie famiglie, per motivazioni economiche e di legittima ambizione personale nel sentirsi realizzati. Come constatato, buona parte delle motivazioni sono di natura economica; ossia il tessuto economico trentino dovrebbe rispondere in maniera diversa all’offerta lavorativa proveniente dalle nostre scuole ed università, sia in termini di remunerazione, sia in termini di opportunità lavorative. Concentrandoci sul lato meramente economico, di stile di vita e di autonomia dell’individuo, per una famiglia media le due voci che hanno il maggior peso sul costo della vita sono la casa (in senso ampio, inclusi anche i costi accessori inerenti ad essa) ed i trasporti. Affrontiamo questi due temi singolarmente per il momento, partendo da quello abitativo. Per quanto riguarda la nostra Provincia, è evidente che gli spazi per costruire sono limitati e per questo motivo all’aumentare della popolazione per forza di cose si va a creare una richiesta crescente e pressante di abitazioni, ma, data l’offerta limitata, il costo della stessa andrà a crescere. Tenendo fermo e legittimo il diritto alla proprietà privata, è evidente, seguendo il modello viennese o scandinavo, la necessità di poter usufruire di alloggi a canone moderato da parte di ITEA per giovani lavoratori, al fine di dare l’opportunità a tanti giovani lavoratori residenti nella nostra Provincia di poter iniziare questo primo passo verso l’indipendenza ad un costo commisurato al proprio reddito. Nel concreto, ITEA dovrebbe proporre una serie di immobili rivolti a lavoratori, residenti in provincia di Trento, under 35, per una durata massima di 5 anni, a canone agevolato commisurato al reddito e comunque l’affitto non dovrebbe essere inferiore al costo di ammortamento dell’unità immobiliare stessa, per garantire anche una sostenibilità del welfare. Il costo dei trasporti è un altro aspetto estremamente importante. Con i crescenti costi dell’energia in generale e delle materie prime, l’autovettura per molti è una necessità lavorativa ed incide in maniera estremamente importante sul reddito medio. Incentivare la mobilità pubblica, la mobilità condivisa e multimodale consentirebbe una riduzione del traffico sulle strade, una riduzione delle emissioni e consentirebbe a molti di poter risparmiare su questa importante voce di costo. In particolare, la grossa difficoltà della mobilità pubblica, che la rende spesso non attrattiva, è la lentezza sulle lunghe tratte, la carenza di tratte frequenti in altri percorsi e la carenza in determinate fasce orarie. Un esempio pratico è quello della ferroviaria della Valsugana. La mobilità ferroviaria andrebbe integrata con una viabilità secondaria che collega i paesi limitrofi alle stazioni HUB principali: ampliando i parcheggi per le vetture utilizzate per gli spostamenti (magari incentivando il carsharing o car pooling), creando depositi sicuri per bici ed incrementando le tratte di bus che vanno a collegare in maniera capillare le stazioni principali. Questo modo di ragionare può essere implementato in molte delle nostre realtà e consentirebbe notevoli risparmi per i cittadini, minori emissioni, minor consumo di risorse, un’aria più salubre e minor traffico. Impostare le condizioni per una mobilità di questo tipo consentirebbe sempre più, anche a chi è sprovvisto di patente, giovani ed anziani, di avere maggiore libertà di movimento e costituirebbe anche un biglietto da visita importante della nostra Provincia in termini turistici per i servizi e la sensibilità ambientale. Sarebbe estremamente importante anche incrementare gli orari del servizio pubblico, specialmente nelle ore notturne dei giorni festivi, al fine di incentivare una guida responsabile, dando una vera alternativa all’autovettura per uscire la sera. Una buona mobilità pubblica senza dubbio costa, ma costa comunque molto meno di un’autovettura privata. Una buona mobilità pubblica, quando c’è, viene utilizzata. Queste prime due proposte vertono in buona parte sul trovare soluzioni per ridurre il costo medio della vita, mantenendo alto il livello del servizio proposto, consentendo ai giovani di risparmiare e migliorare il loro stile di vita, rendendo così anche più attrattivo lo stipendio e quindi rimanere sul territorio di nascita. Negli ultimi tre anni, in tutto il mondo occidentale è notevolmente incrementato il numero di dipendenti, soprattutto giovani, che lasciano liberamente il proprio posto di lavoro. È il risultato di un cambiamento epocale, anche dell’atteggiamento verso il lavoro di una quota importante della popolazione. Siamo sempre stati infatti abituati a valutare il lavoro dipendente in termini di tempo, di presenza sul luogo di lavoro. Con la sperimentazione dello smart working di massa, a seguito della pandemia, è, seppur in forma semplificata, emerso un nuovo paradigma fondato sui risultati e non più sul tempo. Troppo spesso invece, anche nella pubblica amministrazione, modi, tempi, organizzazione del lavoro risultano poco attrattivi, in particolare per i più giovani. Dobbiamo promuovere una cultura del lavoro inclusiva e flessibile, capace di accogliere le sfide e le esigenze delle nuove generazioni. Occorre quindi, continuare ad investire in strutture che consentano di lavorare in remoto, specialmente nelle valli che hanno più problemi di spopolamento, perché può rappresentare un’occasione incredibile per attrarre o mantenere persone qualificate a lavorare direttamente da posti che non potrebbero mai ospitare grandi imprese o offrire posti di lavoro altamente qualificati in determinati settori. Un altro intervento essenziale sarebbe introdurre le politiche di radicale taglio del cuneo fiscale, specialmente alle professioni inerenti la ricerca e l’innovazione, e consentire alle stesse di poter operare ed applicare la loro ricerca sul nostro territorio. Tutti i paesi sviluppati puntano alla ricerca, perché essere una terra fertile ed accogliente per imprese e ricercatori è essenziale per poter garantire un futuro al nostro territorio. Minijob e Lavori per studenti: opportunità anche per le imprese. Nell’intento di fornire ai giovani un ambiente più stimolante ed economicamente vantaggioso per crescere accademicamente e professionalmente, può essere utile volgere lo sguardo oltre confine alla ricerca di best-practices da imitare. Sempre di più il mondo universitario europeo si sta orientando verso una metodologia di studio meno nozionistica e più pratica, che sappia realmente incrociare domanda e offerta del mercato del lavoro. Si tratta di far muovere i primi passi ai giovani e agli studenti nel mondo del lavoro in modo graduale e soprattutto senza farli rinunciare allo studio, attraverso la creazione di un framework di nuovi contratti lavorativi su misura, che hanno orari ridotti, retribuzioni adeguate e un basso carico fiscale per il datore di lavoro, rendendone l’insieme conveniente sia per il potenziale lavoratore che per il richiedente la manodopera. Si potrebbe seguire l’esempio della Germania, che già da quasi 20 anni ha introdotto con successo il Minijob e il Lavoro per studenti. Le due formule differiscono lievemente per le modalità, ma entrambe permettono annualmente a migliaia di studenti di fruire di entrate autonome per sostenere i loro studi. Il Minijob si articola in una sorta di part-time con caratteristiche fisse (fra cui un monte ore settimanale fisso di 10-12 ore e una retribuzione oraria minima attorno ai 10 € orari) che contribuisce a cubare un’entrata mensile netta attorno ai 500 €. Il vantaggio, rispetto ad un tradizionale part-time, sta nel fatto che, se utilizzato da studenti a tempo pieno, il datore di lavoro non è tenuto a versare i contributi sociali e altre tasse che gravano sull’importo della retribuzione. Se si rientra al di sotto di una certa soglia massima, l’entrata del lavoratore è completamente detassata. Questa modalità, indirizzata generalmente a lavori con bassa qualificazione, permette anche l’emersione di contratti non regolari, in quanto parimenti conveniente. La seconda formula è specificamente pensata per studenti, per introdurli nel mercato del lavoro in un campo qualificato che corrisponda alle Skills che stanno sviluppando nel loro percorso di studi. La modalità presenta tutta una serie di vantaggi fiscali per il datore di lavoro, seppur minori del Minijob. Infatti, si è tenuti al pagamento, seppur in quota ridotta, di oneri assicurativi e contributi previdenziali, e viene permesso ad aziende specializzate di assumere laureandi con contratti ad orari ridotti (per un massimo di 20 ore a settimana durante il periodo di lezione, mantenendo lo status di studente), la cui retribuzione oraria può arrivare anche sopra i 12 €. Offre allo studente il vantaggio specifico di applicare le proprie conoscenze alla pratica e di avere un piede già in un’azienda che potrebbe offrire un lavoro dopo la laurea. Questo tipo di occupazione più specializzata mantiene generalmente guadagni migliori di quelli del Minijob e crea formule di orario che possono permettere ad ogni studente di proseguire agevolmente con il suo percorso di studi. Grazie alla nostra Autonomia, una fattiva collaborazione tra università e mercato del lavoro a favore di formule simili a questa potrebbe innescare un meccanismo virtuoso dagli effetti benefici: un’emersione del lavoro nero, una maggiore partecipazione giovanile al mercato del lavoro, una manodopera più qualificata e adatta alle richieste delle aziende e studenti più indipendenti nelle loro scelte di vita. Sono tutti indicatori che, in Trentino come a livello nazionale, ci vedono arrancare rispetto al resto d’Europa e che dobbiamo puntare a sovvertire per creare un modello di società innovativo, concorrenziale e pronto a raccogliere le sfide di un mondo che cambia.
LA VALORIZZAZIONE DELLA DONNA
Il ruolo della donna nella nostra comunità diventa sempre più importante. Sulle parità di genere siamo ancora distanti da una vera uguaglianza. Gli stipendi delle donne sono ancora più bassi rispetto agli uomini; gli avanzamenti di carriera sempre più faticosi; la maternità è considerata ancora un limite anziché una prerogativa da valorizzare e il rientro al lavoro dopo una nascita, sia nel pubblico che nel privato, rimane ancora un percorso ad ostacoli. Oltre a rafforzare le politiche di conciliazione famiglia-lavoro e mettere in campo servizi e misure concrete ed efficaci per azzerare gli scompensi e favorire la crescita professionale e l’imprenditoria femminile, occorre puntare ad un’evoluzione culturale, ad un vero e proprio cambio di mentalità.
LO SPORT: PREVENZIONE, SALUTE, SOCIALITÀ
In una società sempre più stressata e dai ritmi frenetici lo sport rappresenta un efficace strumento di prevenzione sociale e sanitaria, oltre che una straordinaria occasione per educare, in particolare i più giovani, a comportamenti responsabili, a vivere in comunità e a rispettarne le regole. Il Trentino è terra di sport per eccellenza: per la grande tipologia di discipline praticate, per la qualità delle strutture e infrastrutture disponibili, per l’estesa capacità ricettiva. E rappresenta anche un forte volano turistico, che deve essere coltivato con cura e sempre nuove attrattive. Accanto al sostegno ai grandi eventi internazionali, va garantito una grande attenzione e un forte sostegno alle innumerevoli realtà benemerite del volontariato, vere colonne portanti in termini di vivaio sportivo e di eccellenza agonistica, ma anche di capacità organizzativa.
IL DIRITTO ALLA SICUREZZA
La sicurezza è un diritto di tutti i cittadini che deve essere garantito a maggior ragione da una Provincia autonoma come la nostra. Anche se si tratta di una competenza eminentemente nazionale, la Provincia deve percorrere ogni iniziativa praticabile, anche a livello legislativo, perché si possa intervenire con la polizia locale almeno nei confronti della piccola delinquenza e dei reati minori, che rappresentano la realtà più diffusa, capillare e quindi pericolosa per il rischio di degradare nella vera e propria criminalità. Il Trentino dispone di uno dei sistemi di protezione civile più efficienti al mondo, che va sostenuto in ogni modo per prevenire le calamità e garantire il presidio diretto del territorio, la sicurezza dei cittadini, la tempestività degli interventi. Il bisogno di legalità e sicurezza è uno dei fondamenti del vivere civile. Legalità e sicurezza costituiscono una cornice entro la quale si svolge l’attività delle imprese e trova spazio l’operosità di una comunità. La loro assenza è di pregiudizio al corretto svolgimento delle attività economiche e della libertà di imprese e cittadini. Su questi temi vi è una grande sensibilità nella società e la richiesta che legalità e sicurezza vadano tutelate e rafforzate. Va accresciuta la cultura della legalità. Nel mondo dell’economia vanno contrastati fenomeni di illegalità che minano il principio della concorrenza. È convinzione comune che gli strumenti di controllo del territorio e gli stessi strumenti legislativi e amministrativi vadano potenziati e in taluni casi modificati per consentire un’attività più incisiva delle forze dell’ordine e della Magistratura. Di pari passo vanno date risposte al disagio sociale per evitare che sia luogo di reclutamento ed affermazione della criminalità.
Come azioni, si propongono:
– rafforzamento delle politiche di contrasto della criminalità e presidio del territorio;
– revisione degli strumenti legislativi e amministrativi per il contrasto della microcriminalità;
– contrasto alla contraffazione e all’abusivismo in tutti i settori dell’economia (dal commercio al turismo).
GLI EMIGRATI: RISORSA PER IL TRENTINO
Quando parliamo di emigrazione pensiamo al passato, ai nostri amici e parenti che si sono dovuti trasferire all’estero in cerca di una vita migliore. Ora si parla di nuova mobilità, di turismo delle radici, di nuove opportunità di lavoro per i nostri giovani, ma anche per le imprese trentine. L’emigrazione esiste ancora e prende il nome di nuova mobilità. Molti nostri giovani abbandonano la nostra terra in cerca di nuove esperienze o di opportunità di carriera. Completati gli studi e maturata un’utile esperienza, a volte rientrano, ma più spesso trovano all’estero situazioni lavorative più appaganti. I nostri emigrati all’estero, la cui partenza sia avvenuta in passato o al giorno d’oggi, rappresentano i nostri migliori ambasciatori, sia per far conoscere e promuovere le nostre eccellenze e il Made in Trentino, sia per mettere in contatto – direttamente tramite i nostri emigrati o i loro discendenti – la nostra terra con altre realtà del mondo delle imprese, della formazione e della ricerca, sia per promuovere il turismo di ritorno, di chi vuole conoscere la terra dei loro avi e ripercorrere la loro avventura in tempi lontani. Per tenere vivi e rafforzare questi rapporti, è fondamentale continuare a sostenere e finanziare le due Associazioni storiche, la Trentini nel Mondo e l’Unione delle Famiglie Trentine all’Estero, che da oltre cinquant’anni si occupano di emigrazione con una rete capillare in molti paesi nel mondo e che possono costituire dei validi partner nel realizzare i progetti nel campo della storia, della cultura, della formazione e dello sviluppo che interessano il Trentino. All’interno dei progetti euregionali, va studiata meglio e divulgata la storia dell’emigrazione che, nella seconda metà del 1800, portò centinaia di famiglie a varcare l’oceano, dirigendosi verso le Americhe, l’Australia ed altri paesi europei. L’iniziativa “Emigrazione tirolese nel mondo: una “Piccola Europa” si propone di recuperare un capitolo di storia che ha visto coinvolte tutte le popolazioni residenti nel territorio dell’attuale Euroregione. Si ritiene possa essere particolarmente motivante, anche perché consente di (ri)creare importati legami e collegamenti con le comunità dei nostri discendenti all’estero, dal punto di vista culturale, accademico ed economico. Fra le iniziative realizzabili, l’organizzazione di alcuni simposi a tema con l’allestimento di una specifica mostra itinerante sul territorio euroregionale; il coinvolgimento della galassia scolastica per agevolare la possibilità, da parte dei figli dei nostri emigrati nel mondo, di frequentare l’anno scolastico corrispondente alla quarta classe superiore in un istituto euregionale analogo a quello del paese di origine, con l’obiettivo di promuovere in modo progressivo un successivo accesso all’alta formazione da parte degli studenti i cui ascendenti erano originari della nostra terra. Ed ancora un’attenzione diretta e specifica alla realtà tirolese-brasiliana emigrata nello Stato di Santa Catarina, collaborando, con le Comunità di Rio dos Cedros, Rodeio, Timbò, Pomerode ed altre, per implementare il percorso di “turismo di ritorno”, lento e sostenibile, su un tracciato ciclopedonale già esistente in loco e chiamato “Circuito do Vale Europeu Catarinense”, che può essere reso, simbolicamente in parte anche “nostro”, attraverso la realizzazione di un nuovo percorso a tema dedicato all’emigrazione dal territorio euroregionale, da integrare nel circuito con segnaletica ad hoc, mappatura GPS e promozione turistica attraverso un sito dedicato e collegato a quello dell’Euregio, nella sezione dedicata ai “Cammini” ed ai percorsi ciclopedonali. L’iniziativa ha lo scopo di concretizzare un fattivo rapporto istituzionale fra questa “Piccola Europa” presente all’estero, con l’altrettanto “Piccola Europa” rappresentata dal nostro GECT Euregio in Europa.
SEMPLIFICARE PER ESSERE EFFICACI
Non è più procrastinabile la necessità di ridurre le norme e alleggerire la burocrazia che imbriglia, perché ogni passaggio è un disservizio. Occorre mettere in campo procedure e bandi per dare risposte a urgenze, prevedere nei Comuni specifici fondi ed interventi diretti per eventi imprevedibili, evitando di passare per bandi: solo così si danno risposte immediate al territorio e si sostiene l’autogoverno dei Comuni. Nei rapporti del cittadino con la Pubblica Amministrazione occorre semplificare norme e cambiare i moduli di accesso agli atti; serve un passaggio culturale e un cambiamento di mentalità perché la Pubblica Amministrazione sia vista dal cittadino e dalle realtà associative e imprenditoriali come un alleato utile e affidabile.
CONCLUSIONI
Il particolare momento storico che stiamo vivendo impone a tutti un surplus di riflessione e la necessità di essere concreti, coerenti ed efficaci: uno sforzo che vede gli Autonomisti e i Popolari da sempre impegnati a mettere al centro della loro azione politica le persone, le istanze e le esigenze del territorio. La politica per noi è innanzitutto spirito di servizio, con lo scopo di mettersi a disposizione in modo volontario per contribuire alla costruzione di una buona proposta per il nostro Trentino. L’autonomismo e il popolarismo rappresentano una lunga e gloriosa esperienza, un processo partecipativo attivo e responsabile, che si esercita dal basso e promuove il protagonismo dei cittadini e dei territori. Sono la declinazione più vera ed efficace del principio di sussidiarietà. In questo spirito e con profonda fiducia, mettiamo a disposizione della coalizione che si candida a guidare la nostra Autonomia il nostro contributo di esperienza praticata sul campo, di proposte concrete e realizzabili, di idee innovative e di visioni per il futuro.