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Relazione del Segretario politico al Consiglio dell’11 ottobre

15/10/2022

Care amiche e cari amici,

Sono passate circa due settimane dalle elezioni politiche e, come sempre, è arrivato il momento dell’analisi dei dati, dei bilanci e delle prospettive future che aspettano il PATT.

Cercherò, in questo mio intervento, di non dilungarmi troppo sui singoli dati (che possiamo già definire positivi in ogni loro sfaccettatura), ma di dare, come mi compete, una lettura politica.

Lettura che, a differenza di quanto sostenuto da alcuni, non poteva che arrivare a bocce ferme. Chi, al nostro interno, si affrettava già nel pomeriggio del 26 settembre, con lo spoglio ancora in corso, a chiedere riunioni urgenti degli organi di Partito, dopo aver saltato tutti gli incontri precedenti in cui si decideva la linea del PATT, evidentemente era stato preso in contropiede da un risultato che non aveva contribuito a costruire e sul quale non aveva scommesso nulla.

Ma tornerò dopo sulle responsabilità dei singoli, ora è il momento dei numeri.

Prima di tutto va sgomberato il campo da alcuni errori metodologici che in questi giorni ho sentito perpetrare: i risultati del Senato, fino al 2018, non venivano presi in considerazione, se non per il numero degli eletti, in quanto si basavano su un corpo elettorale ristretto (gli aventi diritto al voto erano rappresentati dalla popolazione sopra i 25 anni, mentre alla Camera potevano votare tutti i maggiorenni). Ma da questa tornata elettorale, essendo stata tolta questa differenza, il corpo elettorale per eleggere entrambe le Camere è lo stesso e, quindi, i dati diventano assolutamente confrontabili.

La seconda nota metodologica prima di passare all’analisi del voto, riguarda il posizionamento del Partito: non si può, infatti, prendere come metro di giudizio il numero degli eletti in Trentino sotto il simbolo delle Stelle Alpine. E questo perchè nelle altre competizioni elettorali politiche eravamo in una coalizione nazionale e gli eletti sul collegio uninominale si ottenevano con il voto anche degli altri partiti, mentre quelli sul proporzionale sono sempre stati conquistati tramite i voti della SVP e il premio di maggioranza nazionale. Quello che ci interessa, semmai, è il dato complessivo dei voti presi nei vari collegi trentini dalla Stella Alpina.

Fatte queste dovute precisazioni, appare chiaro ed evidente come il PATT sia riuscito in questa competizione a ritagliarsi uno spazio politico importante, soprattutto in prospettiva futura: di fronte ad un calo di ben 10 punti percentuali dell’affluenza, infatti, alla Camera gli autonomisti sono riusciti non solo a mantenere i voti del 2018, ma anche ad incrementarli di qualche centinaio. Nello specifico siamo riusciti a crescere in quasi tutti i territori (in alcuni con incrementi sorprendenti che non si vedevano da anni) tranne che in tre (Valle di Sole, Valle di Fassa e Trento) dove comunque abbiamo difeso le posizioni storiche (e in uno di questi non abbiamo alcun tipo di radicamento). Al Senato, invece, è avvenuto il vero exploit con i nostri candidati che hanno aumentato di circa 10000 voti il risultato della Camera, raggiungendo o sfiorando in tutti i collegi la soglia del 10%.

Vale la pena soffermarsi brevemente su questo risultato in quanto si sono sentiti i commenti piú incredibili nei giorni scorsi: c’è chi ha perfino attribuito questo esito esclusivamente all’apporto di Progetto Trentino, affermando che i veri voti del PATT sarebbero quelli della Camera. Peccato che la candidata espressa da PT corresse proprio sulla Camera dei Deputati e non vi sarebbe stato alcun motivo per concentrare il proprio voto sull’altro ramo del Parlamento.

La differenza di voti, quindi, ha radici diverse. Progetto Trentino si è sicuramente speso senza riserve in questa campagna elettorale. Ma in politica non si può semplicemente sommare i voti. Bisogna andare a fondo dei meccanismi che spingono gli elettori ad esprimere una scelta piuttosto che un’altra.

L’alleanza fra SVP, PATT e PT sotto un simbolo storico e conosciuto come quello della Stella Alpina ha creato, nella mente dell’elettore, un riferimento riconoscibile a cui dare fiducia in un momento particolarmente complesso della storia repubblicana.

E questo è risultato particolarmente visibile sulla scheda del Senato per un motivo ben preciso: alla Camera, infatti, grazie alla quota proporzionale, erano presenti, ben visibili, tutti i simboli dei vari partiti. Non è un caso, quindi, se lo spoglio di quelle schede ha restituito un risultato molto importante del cosiddetto terzo polo, che anche in Trentino si è posizionato in terza posizione, dopo FDI e PD. Terzo polo che, è bene ricordarlo, ha condotto in tutta Italia (tranne al Senato in Trentino) una campagna elettorale in solitaria, come forza alternativa dei due poli e, quindi, con un posizionamento simile a quello che abbiamo assunto noi del PATT.

Al Senato, invece, la scheda si faceva più confusa: le coalizioni erano costrette a comprimere i loro simboli all’interno di improbabili contenitori. Il Terzo polo è finito nell’Alleanza Democratica per l’Autonomia, a stretto contatto con Verdi e Sinistra Italiana che avevano causato la rottura con il PD. Stessa cosa dicasi per la destra. Non vi era quindi un progetto serio e riconoscibile. E in questa situazione la Stella Alpina è stata presa come “ancora di salvezza”. Ha intercettato i voti di quei cittadini che non volevano sottostare ad un bipolarismo non solo innaturale ma anche incapace, soprattutto a sinistra, di esprimere posizioni e programmi unitari per il governo del Paese. Ecco perché il GAP di voti fra Camera e Senato è omogeneo sull’intero territorio provinciale e non dipende dalle candidature che abbiamo messo in campo come autonomisti nei due rami del Parlamento. Una prova concreta? Si sommino i voti presi alla Camera dalle singole liste confluite poi al Senato nell’Alleanza democratica per l’Autonomia. Il risultato non coincide: i voti al Senato sono meno!

Un discorso a parte va fatto sulle candidature dei vari schieramenti e sugli eletti emersi dal voto: non si può, innanzitutto, dire che Campobase è stato il soggetto politico che ha determinato la vittoria del centrosinistra nel collegio di Trento.

Primo perché non era nè presente nè riconoscibile. Lo stesso Pietro Patton si è sempre definito al di fuori dei partiti.

Semmai il senatore Patton ha vinto nel collegio del capoluogo per una maggior forza del PD nella città, cosa che anche nel 2018 ci aveva portato a sfiorare la vittoria di Franco Panizza, poi sfumata per circa 3000 voti (anche a causa della presenza di LEU in contrapposizione a noi).

Patton, semmai, ha vinto in quanto candidato trasversale vicino anche ai moderati di centrodestra: non è un mistero che dovesse essere lui il candidato del centrodestra alle comunali di Trento del 2020. Candidatura sfumata per motivi diversi dalle ambizioni politiche del singolo. E’ chiaro, quindi, che la sua fortuna si è basata sull’essere in grado di parlare a mondi diversi, sull’essere per così dire fuori dallo schema classico. Infatti sulla Camera Sara Ferrari, emblema dell’establishment democratico, nonchè principale responsabile della vittoria del centrodestra alle provinciali del 2018 grazie al suo voto di sfiducia nei confronti del presidente della Provincia uscente, Ugo Rossi, non è riuscita nemmeno a sfiorarla la vittoria nel nuovo collegio del Trentino settentrionale.

Simile ma parzialmente diversa la vicenda del Collegio di Rovereto dove, la senatrice uscente Conzatti, dopo numerosi salti carpiati da uno schieramento all’altro, ha trovato casa con il centrosinistra. Il suo problema non è stato il PATT che ha schierato una propria candidatura: la nostra scelta ha reso potenzialmente contenibile un collegio altrimenti certo per la destra. I primi a non votare Conzatti sono stati gli esponenti di sinistra che non potevano fidarsi della lealtà alla coalizione della senatrice. A poco sono valse le sue rassicurazioni: il senso del Terzo Polo non era quello di uno schieramento aprioristico a sinistra e questo non solo ha disorientato gli elettori di Azione e Italia Viva che si sono trovati a fianco del PD, ma anche gli elettori di sinistra che non hanno ritenuto di poter dare fiducia a una persona, la Conzatti, della quale non possiamo che parlare bene per il suo impegno a Roma in Parlamento ma che, alla prova dei fatti, non si era certi se sarebbe rimasta nello stesso alveo valoriate e coalizionale in cui sarebbe stata eletta (nel 2018 andò a Roma con i voti della Lega di Salvini su proposta dell’onorevole Biancofiore). Lei quindi è stata vittima di se stessa e del fuoco amico interno alla coalizione che la sosteneva. Peraltro è ragionevole pensare che se il centrodestra avesse presentato candidature di più alto respiro avrebbe stravinto in tutti i collegi con margini ancora maggiori.

E a proposito dei margini di vittoria un ultimo aspetto è proprio questo: l’unica proposta avanzata dal PD al PATT per un accordo prima del voto riguardava la cosiddetta desistenza. In Valsugana avremmo candidato solo noi, mentre negli altri due collegi non avremmo presentato il simbolo. Posto sempre che in politica non valgono le somme algebriche, non si può non notare che in Valsugana se anche il PATT e il centrosinistra avessero unito le forze, comunque non si sarebbe battuta la Testor. Anzi, in Val di Fassa, dove la UAL ha sostenuto apertamente Sartori del CSX, la senatrice del CDX ha preso da un minimo del doppio fino a cinque volte i voti dello sfidante. Mentre noi autonomisti, pur non radicati in valle, abbiamo difeso le nostre posizioni, proprio perché eravamo l’unico baluardo fuori dagli schemi.

LO SCENARIO NAZIONALE E LE PROSPETTIVE PROVINCIALI

Da questa analisi del voto si deve partire per affrontare i mesi che ci separano da un altro appuntamento, quello delle provinciali. Fondamentale per tornare protagonisti al governo della nostra provincia.

Un primo sguardo va dato al livello nazionale che, seppur lontano, sappiamo bene che influenza anche la nostra realtà. La solida maggioranza del centrodestra, non è scevra da problemi interni: l’affermazione netta e incontestabile di FDI e di Giorgia Meloni, si scontra con una Lega in piena crisi, che lascia sul campo gran parte dei consensi e che rischia di essere superata da una rediviva Forza Italia, vera sorpresa di queste elezioni. Salvini è sempre più nell’occhio del ciclone con il Partito che, soprattutto al Nord chiede un ritorno alle origini, seppur ufficialmente quasi nessuno abbia chiesto la testa del leader. La Lega comunque è ad un bivio: o si appiattisce definitivamente a destra, diventando di fatto una costola di FDI, oppure si smarca e torna ad essere maggiormente territoriale, rischiando di indebolire l’azione del governo nazionale, ma rafforzando i governatori locali. Di certo va tenuto d’occhio il comportamento di quello che sarà il governo più a destra della storia repubblicana: le numerose retromarce fatte da Meloni, che adesso si presenta in una veste più moderata e meno intransigente, non devono farci abbassare la guardia, soprattutto a noi autonomisti che, di una nazione forte rischiamo di essere le principali vittime.

Nel centrosinistra, invece, la resa dei conti è generale. Le scelte del segretario del PD Letta sono state catastrofiche, con un risultato inferiore ad ogni aspettativa. Pensare di puntare sulla scelta di campo, quando in realtà non si è mai rappresentato un’alternativa credibile alla vittoria della Meloni è stata la prima mossa folle. Farlo senza un vero programma di governo, ma con delle alleanze che nelle stesse intenzioni di chi le ha sottoscritte non sarebbero mai servite per governare, quanto per rendere instabile il Parlamento ha reso il messaggio ancora più inviso. Opporre alle insostenibili misure economiche della destra, delle misure ideologiche che non toccano i cittadini in un momento di crisi è stato fatale. Ora nel campo progressista c’è chi invoca la deleteria ripresa del dialogo con il M5S, sempre più partito dell’ assistenzialismo e del meridione d’Italia. C’è chi chiede un rinnovamento dei quadri dirigenti, magari con l’elezione a Segretario di un amministratore apprezzato come Bonaccini. C’è chi vorrebbe rifondare direttamente il Partito o magari archiviarne l’esperienza. Di certo è ancora presto per capire come andrà a finire, anche se sembra lontana la capacità di intercettare il voto che si è spostato sul Terzo Polo, in cerca di una vera proposta riformista e lontana dalle ideologie di cui da anni è ostaggio il PD.

E a proposito di terzo polo, sarà interessante capire se il matrimonio fra Renzi e Calenda s’ha da fare realmente oppure no. Seppur inferiore alle aspettative, il risultato di questo piccolo schieramento rischia di essere un primo colpo di grazia al bipolarismo. I dialoghi che si susseguono fra esponenti di Azione, Italia Viva, Forza Italia e moderati della Lega, potrebbero portare ad una conformazione nuova? Possono aprire a scenari interessanti anche per chi, come noi autonomisti, non ci riconosciamo negli opposti estremismi?

E’ ancora presto per dirlo e, conoscendo la politica Italica, meglio andarci con i piedi di piombo.

A livello locale la situazione non è meno fluida. Nel campo del centrosinistra l’elezione di Patton è stata vissuta come una vittoria schiacciante ma non va confusa con le provinciali. Se non si cambia lo schema di gioco, se non si cambiano le persone e non si definiscono i confini a sinistra di quest’alleanza si rischia l’effetto Ferrari o Conzatti: cioè la sconfitta. Ed è poco rassicurante perfino la presenza di Campobase, tanto invocata da noi, quanto inconsistente e priva di slancio si è dimostrata in questi mesi, con tanti aderenti della prima ora che ne stanno lentamente prendendo le distanze, lontani da un atteggiamento che è quanto di più lontano da un movimento moderato e fuori dagli schemi.

Non se la passa meglio il centrodestra, alle prese con la prima vera crisi dalle elezioni del 2018. Stanno emergendo differenze e rivendicazioni tenute sopite troppo a lungo e viene messo in discussione perfino Fugatti. Non è chiaro nemmeno il perimetro della coalizione dato che Progetto Trentino ha preferito seguire noi del PATT che gli altri compagni di viaggio. E l’ha fatto senza remore né costrizioni, pronto a schierare perfino il Vicepresidente della Provincia.

Ecco, qui sta forse il punto più importante: che ruolo può avere il PATT in questa situazione? Intanto va detto che con queste elezioni politiche e il posizionamento che tutti insieme abbiamo deciso e seguito, siamo riusciti ad ottenere di più che quattro anni e mezzo di opposizione. Se, infatti, il centrodestra non è più così granitico è anche, forse soprattutto grazie a noi. Forse mai come ora possiamo essere l’ago della bilancia o, per meglio dire, l’ago della bussola che guiderà le scelte dei prossimi mesi e quelle del prossimo governo provinciale.

Ecco perché va rigettata al mittente la richiesta di chi ci chiede di schierarci subito. Gli autonomisti per antonomasia non possono essere la stampella di nessuno. Non possono nemmeno essere organici ad uno schieramento nazionale. Dobbiamo creare le condizioni migliori perchè davanti ad ogni ragionamento vengano messi gli interessi del Trentino, non quelli delle singole persone, magari con alle spalle anni di presenza sugli scranni di Piazza Dante. Non possiamo nemmeno ergerci a censori degli altri, senza fare i conti con le responsabilità di chi ha governato prima.

Il PATT, noi come Segreteria di Partito, abbiamo dimostrato con i fatti di non aver alcun accordo con alcun partito. Anzi, pur con solidi principi e valori, siamo aperti al dialogo, soprattutto con quelle forze moderate e territoriali che con noi condividono il rispetto e l’amore per il territorio. Ecco perchè in questo particolare momento è necessario serrare i ranghi e, come per le elezioni politiche, intraprendere un percorso politico unitario e condiviso. A differenza delle elezioni politiche e degli ultimi mesi, tuttavia, non è più tollerabile che si assista a membri del Partito che remano contro le decisioni prese dalla base, che non sostengono le scelte del Partito o che, ancora peggio, si permettono di produrre un profluvio di pensieri e scritti totalmente infondati che gettano discredito e incertezza nella nostra base. Chi afferma che nel partito non vi è stato coinvolgimento forse vorrebbe tornare a quando, ai tempi di Ugo Rossi, le decisioni venivano prese da una stretta cerchia per poi essere calate sulla base. Questo non è il nostro modo di fare. Da sempre, e in particolare modo alle elezioni politiche, le decisioni sono state prese dall’organo supremo del Partito, il Consiglio, in linea con quanto deliberato da Congresso. E queste decisioni sono state prese in trasparenza, all’unanimità o comunque con la stragrande maggioranza dei voti favorevoli dei membri.

Il periodo che ci aspetta è importante e delicato allo stesso tempo. Non possiamo permetterci passi falsi. Se vi è la volontà di affrontarlo con spirito costruttivo, c’è spazio per le idee e le proposte di tutti. Ma se l’obiettivo di qualcuno è quello di imporre la propria visione, mettendo al primo posto il destino dei singoli o scelte ideologiche che non ci appartengono non possiamo accettarlo. Non possiamo piegarci al ricatto di chi ci dice “se non fai come dico io me ne vado”. Non possiamo farlo per rispetto nei confronti dei nostri tesserati, della nostra storia e dei nostri ideali.

Chi vuole costruire il PATT del futuro e portare gli autonomisti ad essere protagonisti deve accettare alcuni punti imprescindibili:

  • l’obiettivo principale e il focus della nostra azione politica sono il Trentino, il suo sistema di autogoverno e il benessere dei suoi abitanti. Le scelte che andremo a fare dovranno essere dettate solamente da questi punti cardine, non di certo dai capricci o dalle imposizioni di alcuni. Men che meno potranno seguire scelte ideologiche che non ci appartengono.
  • Come stabilito dal Congresso il PATT favorisce e incoraggia il confronto con TUTTE le forze moderate, territoriali, autonomiste, popolari e civiche della Provincia di Trento. Non abbiamo finora MAI escluso il dialogo con qualcuno ma, semmai, sono stati alcuni di questi movimenti a rifiutare di confrontarsi dimostrando di non credere nel nostro progetto. Siamo disponibili a incontrare chiunque risponda a queste caratteristiche ma non chiuderemo mai la porta solo per compiacere qualche esponente di Partito e fare il gioco di quelli nazionali. Come annunciato al Congresso abbiamo avviato un tavolo territoriale che deve continuare a lavorare, visto anche il clima di incertezza che caratterizza le coalizioni nazionali. Più sarà forte questo raggruppamento, più potrà misurarsi alla pari con i partiti nazionali. In questo frangente non va interrotta l’esperienza positiva con Progetto Trentino che ha dimostrato di credere nel percorso avviato.
  • Nel ribadire l’inesistenza di qualsivoglia accordo con altri partiti, a maggior ragione se nazionali, si ribadisce il paletto posto nei confronti di Fratelli d’Italia. A loro spetta la responsabilità di guidare il governo dello Stato e, ovviamente, ci si dovrà confrontare sui temi riguardanti l’Autonomia per salvaguardare con ogni mezzo il nostro autogoverno, le nostre prerogative ed aumentare le nostre competenze. Ma le visioni rimangono alternative e inconciliabili. Allo stesso modo siamo alternativi anche alla visione populista del M5S e di quei partiti di sinistra estrema che propagandano una visione miope e antiquata della nostra realtà, che sono ideologicamente contro ad ogni forma di sviluppo e limitano la possibilità di vivere in montagna. Va ribadito, inoltre, che chi nel PATT è transitato e di sua spontanea volontà se ne è andato non potrà trovare spazio in movimenti o partiti che vorranno stringere alleanze con il PATT.
  • Sempre a riguardo di alleanze, resta imprescindibile quella con la SVP: vero elemento distintivo del nostro partito e baluardo dell’autonomia regionale. La SVP è rappresentata dal suo Segretario e qualsivoglia misura, sia interna che esterna, messa in campo per dividere o spaccare l’alleanza va rigettata e condannata in quanto lesiva di una collaborazione strategica. La SVP con i suoi rappresentanti nel Parlamento si impegna a tutelare anche gli interessi del Trentino e, con i rappresentanti del PATT parteciperà alle consultazioni per il nuovo governo e alle scelte future in tema di autonomia.
  • Si ribadisce, per l’ennesima, volta che gli unici titolati ad uscire sulla stampa o sui social sono gli esponenti della segreteria politica, salvo diversa delega. Ogni altra uscita, anche a titolo personale, soprattutto se operata con il chiaro intento di dividere o spaccare il Partito sarà censurata e l’autore sarà immediatamente segnalato agli organi di garanzia. Anche in vista delle trattative che dovranno necessariamente essere avviate in vista degli appuntamenti elettorali, gli unici titolati a intavolare incontri, confronti e discussioni sono gli organi di Partito, eletti dal Congresso all’unanimità pochi mesi fa.
  • In linea con il Congresso, il Partito deciderà il proprio posizionamento. Ma lo farà nei modi e nei tempi richiesti dalla situazione contingente. Ciò che valeva al 4 di aprile appare evidente che non sia adeguato alla situazione attuale. Non tenerne conto significa vivere fuori dalla realtà. Quel che è certo è che, come recitava la tesi congressuale approvata all’unanimità ad aprile, che costituisce l’impalcatura del posizionamento del Partito per il prossimo biennio, il PATT sarà chiamato a costruire DA PROTAGONISTA un progetto NUOVO, coerente e vicino alle persone. E se non vi sarà spazio per gli estremismi, lo stesso si può dire per chi, anche in passato, da una posizione privilegiata, ha contribuito alla disfatta della coalizione di cui facevamo parte.

Siamo sulla strada giusta per essere dei veri autonomisti, al servizio del territorio e della nostra gente. Non dobbiamo avere nè paura ma neanche fretta di decidere. Dobbiamo farlo coerentemente con la nostra storia e seguendo la nostra vocazione. Ecco perchè su questa relazione chiedo il voto del Consiglio, in modo che, se approvata, resti come prova del percorso intrapreso e come guida per seguire quanto stabilito al Congresso.

Trento – San Michele all’Adige, 11 ottobre 2022