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Michele Dallapiccola (PATT): è tempo di istituire un osservatorio zootecnico provinciale. Che ne pensa la giunta provinciale?

02/12/2020

Una proposta dirompente per il mondo l’allevamento? Certo: il comparto manifesta grave contrazione con sempre meno aziende impegnate. Che la politica ne prenda atto!

Prezzo del latte, modelli sociali di vita per l’allevatore difficili da “sposare”, una politica agricola comunitaria non perfettamente adatta al modello alpino, adombrano il loro futuro.

Sono ormai meno di 800 le aziende agricole zootecniche full time presenti sul territorio trentino. Pur rappresentando il solo 15% del miliardo di € che vale l’intera PLV agricola provinciale, coltivano a prato pascolo un’estensione di circa 110 mila ettari. Pensate che la superficie coltivata complessiva in Trentino, da tutta la frutticoltura e viticoltura messe assieme, vale circa 28mila ettari appena!

Oltre ad ottimo latte e relativi prodotti caseari, ancor più, coltivano il territorio in quota. E’ una fantastica immagine per il turismo. Col pieno convinto sostegno che di Paola Demagri ed Ugo Rossi, Michele Dallapiccola presenterà a nome del PATT una serie di proposte.

E’ TEMPO DI ISTITUIRE UN OSSERVATORIO ZOOTECNICO PROVINCIALE. CHE NE PENSA LA GIUNTA PROVINCIALE?

L’attualità della zootecnia trentina.

Prezzo del latte, direttive sullo spandimento liquami e relative autorizzazioni allo scarico di azoto in ambiente, una sempre più severa, quanto giustissima, tutela del benessere animale, carenza di prato e di pascoli. Sono queste le principali “Spade di Damocle” del Sistema Zootecnico trentino. Eppure, specie dal secondo dopoguerra, sono state attuate pesanti politiche di sostegno del comparto. Nonostante tutto, sono le aziende più strutturate ad essere sopravvissute, specie rispetto a quelle piccole.

Perché questo risultato? Perché alla fine, le dinamiche ha dimostrato di governarle più il mercato che i tentativi della politica ed ancor più di “Via delle Bettine”. Tanto più frustrata ne uscirà, quanto meno vorrà prendere atto che vi sono dei fenomeni che difficilmente si possono governare con regole e imposizioni. Intanto, la dimensione media dell’azienda in Trentino rimane – ahinoi – ancora saldamente governata dal prezzo del latte e da un altro più determinante fattore: il modello sociale di vita che attende l’imprenditore che decide di avventurarsi in bovinicoltura. Anche ai giorni nostri, come un tempo, allevare bestiame richiede una dedizione in termini di impegno che nessun altro lavoro in assoluto richiede. 365 giorni all’anno, 24h su 24h. Questa è la realtà di chi ha vacche in stalla.

Guardare il futuro partendo dal presente.

Partiamo dalla foto di ciò che siamo comparandola a ciò che vorremmo diventare. Non fa piacere allontanarsi da questa foto immaginaria e osservare la zootecnia trentina un po più da lontano. Si finirebbe per accorgersi che molti allevatori trentini si sono dovuti omologare al modello di stalla di pianura. Comprensibilmente. Io li capisco, e confermo che sono più che giustificati dalle condizioni di contesto. Se poi ci confrontiamo col vicino Alto Adige il confronto è ancor più impietoso. Con centomila animali, lassù, il patrimonio bovino è praticamente doppio rispetto al nostro. Ma a spaventare è la differenza tra il numero delle Partite Iva che lo gestiscono: 10 volte maggiore rispetto al nostro. Ma perché, allora, in Trentino le stalle negli anni son diventare sempre meno e sempre  più grandi?

Lo hanno dovuto fare per non soccombere, per poter competere col mercato. E ha contribuito anche qualche casualità. La più felice? Senz’altro la geniale intuizione ante-litteram che nel dopoguerra portò qualcuno ad emanciparsi dal sottosviluppo del proprio passato. Di lì, la Val di Non ed a macchia d’olio l’intero Trentino, sarebbero state convertite alla produzione di un formaggio di pianura per antonomasia. Ciò che oggi è il Trentingrana. Da allora è un vero e proprio bene rifugio dei bilanci dei nostri caseifici. E’ una Sotto-Dop del Grana Padano, prodotto con cura maniacale e regole più stringenti rispetto al presidio agroalimentare al quale appartiene.

Cosa sta facendo la politica

Da qualche anno, si sta cercando di invertire la tendenza. Probabilmente è tardi. Operare in maniera radicale non è più possibile. Insistere, almeno come sta facendo a parole l’attuale governo provinciale, porta alla certezza di risultati frustranti. Per la politica. Consapevoli di questo nelle regole della PAC che è ancora in corso, avevamo cercato di cambiare poco, pur di salvaguardare l’esistente. Lasciando comunque il più invariato possibile il sostegno alle aziende, indipendentemente dalla loro dimensione. Come novità ci eravamo concentrati ad aumentare gli incentivi sulle aziende medio-piccole. Ovviamente in proporzione al numero dei capi. Perché questa doppia attenzione? Perché ogni singola azienda zootecnica, grande o piccola che sia è custode in quota parte dei nostri prati e dunque dell’aspetto del nostro Trentino. Il paesaggio, quello che offriamo a 6 milioni di turisti all’anno (Covid permettendo) è legato al lavoro di pochissime famiglie. In diminuzione, pure.

Le aziende zootecniche full time gestite da professionisti, ormai sono rimaste alcune centinaia. E su queste circa 800 aziende l’età media, obiettivamente, è molto elevata. Quante ne rimarranno tra 10 anni di queste? A chi lavora con le vacche, che prospettive diamo? A sud i modelli sono a dir poco terrificanti. Pensate ad esempio, che in Lombardia si sta pensando a un impianto di polverizzazione del latte come elemento strategico per salvaguardare il latte di pianura ormai relegato a prodotti commodities in competizione con un’Europa sempre più ampia e sempre più competitiva.(!?)

Va individuata una precisa, specifica strada trentina per allevare. La pratica dell’allevamento deve rimanere diffusa nel contesto socio-ambientale, più compenetrata, più sostenibile. Con e per gli allevatori.

Solo così continuerà la biodiversità. Del bestiame allevato, del nostro ambiente montano e del paesaggio nelle valli.

Solo così potremmo ancora passeggiare in un Trentino di montagna coltivato e caratterizzato dal verde chiaro dei prati che si alterna in maniera netta al verde scuro dei boschi.

Solo così potremo beneficiare di una sana gita in Malga con la presenza del dolce bestiame che allieta la nostra visione e riempie (ottimo marketing) le nostre immagini sui social.

Ecco cosa ce ne potremmo fare di un Osservatorio permanente per la Zootecnia. Composto anche da figure legate al turismo, affinché queste partecipino al processo di cura del territorio che vendono. Un luogo istituzionale dove gli Allevatori tornino ad avere un ruolo chiave nella politica. Specie quella a loro dedicata.

Tutto ciò premesso il consiglio interroga la giunta provinciale per sapere

se condivida l’opportunità di istituire “l’organismo permanente di osservazione della zootecnia” citato in premessa

Trento, 30 Novembre 2020

 

Cons. Michele Dallapiccola

 

Cons. Paola Demagri

 

Cons. Ugo Rossi