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Simone Marchiori (PATT): Comuni, Comunità e Provincia: la vera riforma sarebbe avere coraggio!

11/11/2020

Testo dell’intervento del Segretario politico del PATT Simone Marchiori apparso sul quotidiano Il Trentino il giorno 10/11/2020

L’emergenza sanitaria legata al Covid19 rende arduo qualsiasi ragionamento sul futuro dell’Autonomia: inutile dire che le nostre vite, le vite di tutti in qualsiasi parte del pianeta – ah la globalizzazione ai tempi delle pandemie – sono cambiate e difficilmente torneranno quelle di prima. Tuttavia, proprio in virtù del nostro speciale sistema di autogoverno abbiamo la necessità e soprattutto il dovere di provare fin d’ora a ragionare sull’assetto istituzionale che dovrà guidare la fase di ripresa (se non addirittura rinascita) che, presto o tardi, dovrà arrivare.

Partendo da questo presupposto possiamo analizzare con maggiore oggettività quelli che sono i dati emersi dalle scorse elezioni comunali. Innanzitutto, le difficoltà riscontrate da molti candidati Sindaco a formare le liste o, peggio ancora, la difficoltà stessa di alcune comunità nel reperire persone disponibili a fare il Sindaco, rappresenta un problema che merita l’attenzione di tutte le forze politiche. Liste uniche, molte nemmeno complete, supportate, se non altro, da una buona partecipazione al voto: una specie di paradosso che forse trova una spiegazione nelle difficoltà burocratiche di gestire un’Amministrazione comunale, nelle calamità che si sono susseguite in questi anni (partendo da Vaia e arrivando al Coronavirus) e, non per ultimo, in una legge elettorale che in sostanza svilisce la funzione della minoranza e il ruolo del Consigliere comunale dando importanza solo al Sindaco che rischia, in questo modo, di trasformarsi in un uomo solo al comando o, peggio, di ritrovarsi uomo solo.  Ecco, questi sono i fattori, e a ben guardare ce n’è uno che per primo merita l’attenzione: la legge elettorale. Una legge che nel garantire la governabilità e il ruolo del Sindaco all’interno delle comunità è riuscita molto spesso ad affossare il Consiglio Comunale, togliendo quel minimo di dibattito che, anche nelle comunità più piccole, è l’anima della vita democratica, nonché il luogo che può aiutare a tenere accesa la fiammella della passione per il bene comune. Ecco qui, dopo qualche anno dall’entrata in vigore del sistema maggioritario, la causa principale delle difficoltà che hanno vissuto molte comunità nel reperire persone disposte a mettersi in gioco per compiere un’esperienza amministrativa. Non credo sia, come affermato da alcuni, una disaffezione delle persone alla politica, né tantomeno un minor ruolo dei partiti all’interno della vita delle comunità. Certo, alcuni partiti il loro ruolo l’hanno perso, o non hanno più il loro sistema di potere, ma credo che la funzione dei partiti che ancora ci sono, soprattutto di quelli come il PATT, in questo momento, possa essere proprio quella di aiutare le comunità a ritrovare la passione per l’impegno politico. A fianco delle liste civiche, che rappresentano un’esperienza molto spesso sana e positiva per i nostri comuni, ma allo stesso tempo portando uno sguardo che non è focalizzato ad un solo campanile, ma ad un territorio più ampio, provinciale\regionale, in cui il comune trentino si relaziona.

Ma non è abbastanza fermarsi a questa analisi: bisogna agire e proporre soluzioni. In tal senso un primo passo potrebbe essere quello di un ritorno al proporzionale, mettendo delle soglie di sbarramento serie e magari introducendo misure, come la sfiducia propositiva (cioè il meccanismo per il quale la sfiducia può essere presentata solo nel momento in cui c’è una nuova maggioranza che ha i numeri per guidare l’Amministrazione), in grado di evitare storture del sistema e instabilità.

Ma di pari passo va affrontato un altro tema caldo di questi mesi che giustamente il quotidiano Trentino ha sollevato: quello del ruolo delle Comunità di Valle.

Ultimamente si è sentito parlare di commissariamento delle Comunità di Valle, ma dalla Provincia non è emersa ancora nessuna idea o proposta sul come, questi enti intermedi verranno modificati. Trovo assurdo che si arrivi al commissariamento senza avere la benché minima idea del futuro delle Comunità. Non che la cosa mi sorprenda, ma il silenzio di questa maggioranza lascia aperta la strada a due ipotesi: la prima è quella che vedrà fra qualche mese il rinnovo dell’incarico ai commissari e magari, poi, un ulteriore rinnovo e via di questo passo in attesa di tempi migliori. L’altra strada, forse più preoccupante, è che al termine del periodo di commissariamento si tiri fuori dal cilindro una riforma raffazzonata, senza alcuna visione. Questa ipotesi sarebbe disastrosa perché non solo farebbe perdere tempo prezioso ai territori, ma di fatto affosserebbe definitivamente l’ente intermedio che, dobbiamo dircelo, dopo la soppressione dei comprensori è già alla sua terza revisione senza che ciò sia riuscito a dargli una forma e una dimensione definitiva e stabile.

Ecco perché, proprio in una fase di cambiamento come quella che stiamo attraversando, invece di procrastinare le scelte, dobbiamo chiarirci le idee e diventare protagonisti del nostro futuro. Le Comunità di Valle sono davanti ad un bivio: possono essere trasformate in un mero gestore di competenze sovracomunali come rifiuti, mense scolastiche, una parte delle politiche sociali, ecc. e, quindi, essere amministrate da una conferenza dei sindaci, da una sommatoria di interessi particolari che rischiano di non avere una visione d’insieme (perché è chiaro che ogni sindaco deve rendere conto alla propria comunità e non di certo a quelle confinanti). Oppure possono diventare, stavolta per davvero, un ente intermedio in grado di dare una dimensione non solo sovracomunale, ma anche strategica ai nostri comuni, rafforzandoli in chiave di rapporti con la Provincia che non deve essere l’Ente presso cui bussare con il cappello in mano, ma la cabina di regia di un’autonomia diffusa, declinata in maniera originale nelle varie vallate e, di conseguenza, nei vari comuni.

Personalmente ritengo questa seconda strada l’unica possibile per riuscire a dimostrare ancora una volta che il sistema Trentino riesce a stare al passo con i tempi in maniera efficiente e, soprattutto, riesce a trarre dalle difficoltà gli stimoli giusti per ripartire al meglio. Certo, sono consapevole che questa strada è anche la più rischiosa: va evitata una sovrapposizione di ruoli che creerebbe confusione, burocrazia e lungaggini. Va evitato anche il depauperamento delle funzioni dei comuni: non sono loro a doversi spogliare di competenze, ma in caso deve essere la Provincia che devolve le funzioni strategiche per i territori in un’ottica di autonomia diffusa o, per usare una parola cara alla vecchia Lega Nord (ma forse messa in soffitta), di federalismo. Ci sono molte partite strategiche (non solo in campo economico, ma anche culturale, sportivo e così via) che possono rientrare in questo ragionamento e che possono essere gestite da un ente politico in cui proprio la politica può esprimersi (e, perché no, anche i partiti, con le loro idee e i loro principi fondanti possono proporre la loro visione attorno a temi strategici). E se ciò renderà necessario tornare a proporre il suffragio universale per eleggere le cariche all’interno delle Comunità, tanto meglio: potrebbe essere un’ulteriore scintilla in grado di far appassionare nuovamente i cittadini alla vita politica locale, facendo in modo che si mettano in gioco in prima persona perché parte di un sistema che li valorizza e ascolta la loro opinione.

In questo scenario resterebbe da sistemare il terzo livello istituzionale trentino: quello della Provincia. Qui potremmo dilungarci scrivendo altri 50 interventi prima di esaurire i punti di forza e quelli critici, ma certamente la prima cosa da fare sarebbe quella di modificare la legge elettorale in senso proporzionale, al pari dei comuni. Così da dare un nuovo equilibrio a un’aula altrimenti ingessata fra chi sta in maggioranza e alza solo la mano quando serve e chi dall’opposizione, anche volendo collaborare, sbatte nel muro di gomma della maggioranza e non gli resta che ritirarsi in buon ordine o cominciare a fare caos fine a sé stesso. Perché quello di cui necessita il Trentino non è mantenere per cinque anni la fotografia statica del momento del voto: la maggioranza farà la maggioranza come è giusto che sia, ma c’è estremo bisogno di mettere in circolazione le idee e le menti migliori, anche se queste appartengono alla minoranza.

La parola d’ordine, in conclusione, deve essere coraggio: di scegliere, di sperimentare, di prendere una direzione. E non avere paura di aprire un confronto rispettoso dei ruoli ma che serva sinceramente a raggiungere il bene del Trentino e di tutti i suoi abitanti.

Mostriamo il vero significato di essere Autonomi!

Trento, 5 novembre 2020

Simone Marchiori

Segretario politico PATT