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Franco Panizza (PATT): Finalmente il Trentino ha preso coscienza della propria storia. Adesso integriamo i monumenti ai caduti

25/10/2019

La Prima Guerra Mondiale fu per il Trentino un momento drammatico, non solo per il numero di soldati mobilitati e per l’enorme numero di caduti (circa 12mila), ma anche perché, con l’entrata in guerra del Regno d’Italia nel 1915, le montagne trentine divennero teatro di aspri combattimenti, costringendo buona parte della popolazione rimasta, composta soprattutto da donne, anziani e bambini, ad abbandonare le loro case e a rifugiarsi nelle regioni interne dell’Impero.

            Finalmente, dopo anni di impegno da parte di tanti volontari e ricercatori appassionati, di associazioni volonterose, di iniziative promosse dalle nostre Istituzioni culminate nell’approvazione della legge sull’istituzione del Memoriale dei caduti e del Giorno del ricordo, promossa dagli autonomisti e significativamente approvata all’unanimità dal Consiglio Provinciale, oggi possiamo affermare che la profonda ingiustizia di una memoria per decenni negata è stata sanata. Le manifestazioni della scorsa settimana, con la presenza delle più importanti Autorità istituzionali, costituiscono la dimostrazione eloquente di quanto questa memoria sia stata recuperata anche ufficialmente.

            Tuttavia non possiamo fermarci qui. Occorre che quanto fatto in questi anni diventi  l’occasione per la nostra Regione di rimarcare non solo la sua storia diversa dal resto d’Italia, che costituisce il fondamento della nostra Autonomia speciale, ma soprattutto per rimarcare il successo della nostra esperienza autonomistica, per rivendicare la bontà di un modello di convivenza che dovrebbe essere di esempio per tutte quelle parti del mondo dove, ancora oggi purtroppo, le differenze linguistiche, culturali, religiose ed etniche portano a conflitti e troppo spesso a scontri feroci. Proprio in questi giorni è sotto i nostri occhi quanto sta accadendo in  Catalogna e soprattutto in Turchia con la persecuzione del popolo curdo.

            Ecco perché dobbiamo rivendicare la validità del nostro modello di convivenza, reso possibile da un’Autonomia completa e lungimirante, ed essere orgogliosi di essere riusciti a realizzare l’obiettivo del Centenario sintetizzato nelle parole “Dalla guerra alla pace”, costruendo, in quella stessa terra teatro di scontri feroci, passo dopo passo, tanti ponti di pace e di collaborazione che hanno rimosso i confini imposti dalla guerra e ci hanno portato ad un’Euregio sempre più forte e riconosciuta. La presenza alle manifestazioni in Trentino, assieme al Presidente Fugatti e ai Presidenti dei Consigli Provinciale e Regionale, anche del Capitano del Tirolo Platter e di un’autorevole rappresentanza del Land Tirol costituisce un’eloquente dimostrazione di questo passo avanti.

            Qualche anno fa, in veste di parlamentare dell’Assemblea della NATO, partecipai a Kiev alla Plenaria dell’Alleanza Atlantica in gran parte condizionata dallo scontro fortissimo tra l’Ucraina e la Russia dopo l’invasione della Crimea e delle Repubbliche del Donbass. In quell’occasione volli portare l’esempio del nostro modello autonomistico per rispettare gli impegni sottoscritti con gli Accordi di Minsk. Purtroppo mi sono trovato di fronte ad una platea di sordi, tanto la mia proposta scatenò la forte reazione dei vertici ucraini che invece invocavano una reazione durissima.

            Il giorno dopo feci tappa a Chinava in Repubblica Ceca, dove gli amici della Val di Ledro inauguravano, assieme ad importanti autorità ceche, un percorso-guida in ricordo dei loro profughi durante il primo conflitto mondiale. In quell’occasione (proprio in quei giorni era stato attribuito all’Unione Europea il Premio Nobel per la Pace) ho voluto rimarcare la differenza fra chi non rispetta le diverse identità e ricorre alla violenza pe imporre la propria e chi invece, come a Chinava, lavora per risolvere i conflitti, per creare accordi di collaborazione, per sanare le ferite delle guerre e costruire un’Europa di popoli liberi e responsabili. Proprio quello che nel nostro piccolo stiamo facendo nella nostra terra autonoma.

            Per quanto fatto, mi sento di ringraziare tutti coloro che hanno lavorato per questo risultato che ci rende un esempio per tutti. Un grazie anche alle Istituzioni di ieri e di oggi per la loro lungimiranza e un convinto invito a proseguire su questa strada per una sempre maggiore presa di coscienza, per alimentare il senso di appartenenza dei Trentini alla loro terra e alle vicende storiche che l’hanno caratterizzata. Puntiamo a coinvolgere maggiormente i giovani, le scuole e le istituzioni culturali perché solo seguendo questa strada sarà possibile creare una coscienza autonomistica più forte e aperta.

            Per questo, approfitto dell’occasione per un ulteriore appello. Una volta completato il Memoriale, sarebbe importante poter integrare e perfezionare i monumenti ai caduti sparsi in tutto il Trentino. Volenterosi, studiosi ed appassionati hanno recuperato molti nomi nuovi di caduti dimenticati ed è importante dare loro l’onore del ricordo e il conforto della preghiera. Inoltre, senza alterare il contesto storico dei monumenti, sarebbe un bel messaggio correggere quegli “errori storici” delle epigrafi, che, nati da una volontà nazionalistica, hanno per troppo tempo denigrato o ignorato quanti morirono per una causa diversa. Sarebbe un bel messaggio, un’operazione che renderebbe onore alla storia, il miglior modo per rendere giustizia ai nostri caduti. Così l’opera sarà veramente conclusa.