15/06/2019
Ormai da mesi il dibattito politico locale si basa sulla contrapposizione tra la Lega, come partito dominante e gli altri partiti di destra e di sinistra che più o meno rischiano di essere inglobati oppure continuamente sconfitti da questa “valanga” verde che sembra essere inarrestabile.
Tuttavia, sia dal voto delle ultime elezioni provinciali, sia da quanto emerso dalle ultime elezioni Europee esiste, seppur non maggioritario, un nucleo autonomista facente riferimento al Partito Autonomista Trentino Tirolese. A livello comunale, poi, le ultime elezioni hanno chiaramente evidenziato come, dove viene presentata una proposta territoriale, alternativa alla destra e alla sinistra, gli elettori sono in grado di premiarla portandola alla vittoria. E questa proposta può incontrarsi con quella degli autonomisti che a più riprese si sono dichiarati blockfrei, cioè liberi da vincoli con partiti espressione di volontà centraliste e nazionali. L’idea di essere sopra le parti e con l’obiettivo dichiarato di avere come elemento distintivo la spinta a tutelare e difendere la specificità del territorio Trentino non deve essere vista come un limite, uno schermo difensivo, ma come l’opportunità per rimettere il territorio al centro del dibattito politico. In questo contesto un nuovo spazio potrebbe essere costruito con quelle forze politiche territoriali, proprio per il prioritario legame con il territorio nel suo complesso.
Questo progetto avrebbe la sua ragion d’essere soprattutto nella nostra terra dato che per il Trentino, molto più che per il Sudtirolo, appare necessaria una verifica sui fondamenti della propria identità: questo, infatti, è lo snodo politico prioritario, tenuto conto della progressiva omologazione dell’elettorato trentino agli andamenti del livello nazionale. In particolare, ora che esiste un collegamento politico fortissimo, quasi di soggezione, con il Veneto ed il governo romano. La sfida, quindi, è dettata dalla maggiore difficoltà nel difendere il nostro patrimonio territoriale e autonomistico. Solo a titolo d’esempio, questioni come la Valdastico, i grandi carnivori, ecc devono poter essere gestite facendo valere le prerogative autonomistiche dell’autogoverno, mettendo davanti l’interesse dei trentini. Certo, si deve evitare il rinchiudersi in un egoismo localistico che sarebbe fatale per la nostra terra, ma ancora peggiore e devastante sarebbe l’essere subordinati sul piano politico.
La partita a cui sarà chiamata la politica già nell’immediato sarà quella di rafforzare la capacità di autogoverno diretto e non eterodiretto. Ed è qui che il PATT deve far sentire ancora più forte la sua presenza e la sua voce. Come autonomisti essere sganciati in questo particolare momento dalle responsabilità e dai vincoli derivanti dalla partecipazione al governo della Provincia è l’occasione per interpretare i disagi della popolazione, che si trasformano in sfiducia e rancore verso le Istituzioni, e per riaffermare un ruolo di difesa dei meccanismi di rappresentanza. Su questo punto il PATT è chiamato a ritrovare lo slancio creativo nel proporre un nuovo modello politico che non veda nelle vecchie logiche di destra e sinistra la soluzione, ma che proponga un modello capace di raccogliere su di sé anche l’enorme fetta di elettorato che non esercita il diritto di voto, non sentendosi rappresentata. Perché su questo punto bisognerà focalizzare l’attenzione e lavorare per un maggiore coinvolgimento della società trentina.
La richiesta al Partito Autonomista, emersa da più parti, di una presa di posizione netta, di un posizionamento in vecchie logiche di destra e di sinistra appare quindi quanto mai strumentale. Un inutile “tirare per la giacchetta” gli autonomisti sperando in una loro indicazione che non farebbe alcun servizio al Trentino. Una scelta di campo priva di un minimo ragionamento politico rappresenterebbe in questo momento la riedizione del vecchio centrosinistra-autonomista da un lato e il rafforzamento della Lega dall’altro che “vampirizzerebbe” l’elettorato autonomista così come ha già fatto con le altre formazioni ad essa alleate.
La ricerca, da parte del PATT, di nuovi schemi politici per il Trentino (e soprattutto per i trentini) non è, quindi, un’esigenza di visibilità del Partito, ma la consapevolezza che gli spazi in politica, anche se non si vedono, è possibile crearli. Anche perché l’area popolare, un tempo maggioritaria in Trentino, assieme a quella autonomista non possono essere relegate a semplice comparsa da diluire negli altri due schieramenti, ma devono avere la dignità di essere rappresentate in un progetto serio, coerente e vicino alle persone. Che poi possano esserci delle convergenze a destra o a sinistra è un passaggio che, all’occorrenza, andrà fatto in seguito sulla base di programmi e comunanza di vedute.
Ecco perché, subito dopo il Congresso di marzo avevo lanciato una proposta politica per le elezioni suppletive che andava a superare anche il discorso dei simboli dei vari partiti e aveva il coraggio di anteporre l’Autonomia su tutto. La creazione di un cartello in nome dell’Autonomia al di là dei simboli di partito poteva rappresentare il maggior numero di elettori, anche coloro che non si riconoscono nei singoli partiti: ci saremmo trovati di fronte ad una novità assoluta nel panorama politico trentino in grado di coniugare territorialità e apertura. Un progetto in grado di coinvolgere andando oltre le contrapposizioni ed i particolarismi. Un progetto che poteva svolgere una funzione propulsiva per una nuova stagione politica, in grado di mettere in campo quel laboratorio politico che per anni è stato uno dei motori della nostra specialità.
Ovviamente, passate le suppletive, l’orizzonte cambia e per le comunali del 2020 è necessario studiare un progetto leggermente diverso che abbia tuttavia le stesse finalità. In questa sfida il Partito Autonomista è pronto a impegnarsi, andando oltre la logica del blockfrei e soprattutto andando oltre le vecchie logiche che vedono nella destra e nella sinistra un obbligo di allineamento. Gli Autonomisti sono disposti a ragionare di politica e a proporre nuovi modelli che abbiano come punto centrale la declinazione originale della nostra specificità tenendo presente che parlando di elezioni comunali essa deve essere interpretata come vicinanza alle persone e alle singole comunità: è necessario elaborare una capacità politica in grado di confrontarsi positivamente con i crescenti condizionamenti esterni, lavorare sui temi, ascoltare le persone ed essere disposti a mettere da parte i particolarismi e soprattutto gli interessi espressione di una passiva omologazione ai partiti nazionali. Serve anche un cambio di passo, una generazione politica probabilmente deve mettersi di lato per aiutarne una nuova a entrare in campo, così da rendere i linguaggi politici e le idee per amministrare le nostre comunità più accattivanti. Non si tratta di rottamare qualcuno ma di evolvere, come si conviene a una terra autonoma che da secoli riesce a superare epoche e stravolgimenti economici, sociali e politici mantenendo intatto il proprio spirito.
In conclusione, il PATT non può, come vorrebbero molti cronisti in cerca di uno scoop, limitarsi a schierarsi da una parte o dall’altra. Il Partito Autonomista ha l’obbligo di sondare nuove strade con tutti coloro che credono nel primato della buona politica e nell’importanza dell’originalità del sistema autonomistico Trentino.
Non si tratta di un referendum a favore o contro PD e Lega, partiti con i quali comunque si dovrà continuare a ragionare nel rispetto del ruolo di ciascuno, ma di riunire chi ha una certa idea di Trentino. Ciò che succederà a quel punto farà parte del successivo passaggio che non può essere in alcun modo anticipato o affrettato. Ne va della credibilità stessa del progetto.
Trento, 11 giugno 2019
Simone Marchiori
Segretario politico PATT