19/11/2018
I confini nazionali non devono diventare confini d’informazione, né privare i cittadini delle zone di confine e le minoranze linguistiche di una preziosa risorsa culturale e linguistica.
“Se le minoranze che vivono nelle zone di confine fossero private della possibilità di accedere alle informazioni nella loro lingua madre, per il semplice fatto che vivono dalla parte sbagliata del confine, questo comporterebbe un deficit democratico”, ha sottolineato l’europarlamentare Herbert Dorfmann, esortando la Commissione europea a creare le condizioni necessarie per consentire alle minoranze linguistiche in tutta Europa di ricevere contenuti audiovisivi nella loro lingua madre, anche quando questo significa che il contenuto deve attraversare la frontiera. “I media hanno una funzione fondamentale nella diffusione di informazioni e contenuti oltre i confini”, ha dichiarato.
Il blocco transfrontaliero in grado di impedire ai contenuti trasmessi dall’altra parte del confine viene definito “geoblocking”: un sistema che limita l’accesso ai media a seconda del territorio in cui ci si trova, impedendo che audio e video vengano visualizzati al di fuori di una regione specifica.
Herbert Dorfmann nel suo intervento ha menzionato anche l’iniziativa dei cittadini europei “Minority SafePack”, che anche grazie al PATT ha raccolto oltre un milione di firme per promuovere e tutelare la diversità in Europa e che chiede la creazione di un quadro legislativo europeo per la protezione delle minoranze.
La proposta di Dorfmann è stata accettata dalla Commissione Europea, ma la non applicazione del geoblocking, già abolito all’interno dell’Unione Europea per gli acquisti online, sulle trasmissioni audiovisive dei paesi confinanti sarebbe un importante impulso per lo sviluppo linguistico anche del nostro territorio.
La possibilità infatti di ricevere trasmissioni in lingua tedesca non solo non deve essere in alcun modo limitata, ma anzi andrebbe, come richiesto più volte da esponenti del PATT, estesa a tutto il territorio della Provincia di Trento.
A proposito di minoranze linguistiche, durante la sessione plenaria di ottobre, il Parlamento europeo a Strasburgo ha votato una relazione relativa agli standard minimi per le minoranze nell’Unione europea, il cui relatore è il deputato slovacco József Nagy. Al fine di preparare la sua relazione, Nagy è stato anche in Sudtirolo, dove ha avuto l’occasione di studiare in particolare il sistema scolastico locale e la scuola trilingue nelle località ladine.
Nella relazione dell’eurodeputato slovacco il Parlamento ha chiesto che i criteri di Copenaghen, definiti venticinque anni fa, siano rispettati in tutta l’Unione. Questi prevedono che gli stati membri e i paesi candidati debbano rispettare determinati criteri politici e economici. Uno di questi sancisce che “una condizione per l’adesione è che il paese candidato abbia raggiunto una stabilità istituzionale in grado di garantire la democrazia, lo stato di diritto, la tutela dei diritti umani e il rispetto e la protezione delle minoranze”.
Istituiti nel 1993, i criteri di Copenaghen erano stati concepiti per impedire l’adesione all’Ue di paesi politicamente ed economicamente instabili. Ma József Nagy ha posto l’accento sul fatto che al momento non vi è alcuna garanzia che lega i paesi già membri a rispettare i suddetti criteri. Nagy ha fatto appello quindi all’introduzione di standard minimi europei, che dovrebbero essere tutelati con un’apposita direttiva. La sua relazione è stata adottata a larga maggioranza dal Parlamento europeo.