Per offrirti una migliore esperienza di navigazione, il sito utilizza dei cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.

Le due stelle alpine compiono 70 anni

25/07/2018

Domenica 25 luglio 1948 nel salone della Filarmonica in via Verdi, a Trento, prese il via quello che sarebbe stato l’ultimo congresso dell’ASAR, il grande movimento popolare autonomista che aveva avuto oltre 115.000 aderenti, nato subito dopo la guerra e protagonista della lotta dei trentini per l’autogoverno.
La situazione era drammatica: alle elezioni di aprile l’accordo politico fra ASAR e SVP (la “lista Edelweiss”) era stato duramente ostacolato dai partiti nazionali (DC e PCI innanzitutto) e dalla Chiesa trentina. Pochi giorni prima del congresso un senatore si era recato nell’abitazione roveretana del leader dell’ASAR, Valentino Chiocchetti, che di mestiere faceva l’insegnante, minacciando il suo trasferimento in Sardegna.
Remo Markt, anch’egli roveretano, che tanto si era speso perché i trentini tornassero ad avere potestà sull’energia idroelettrica, si vide revocata la cittadinanza italiana e dovette nascondersi per alcuni mesi in una clinica a Malcesine. Pochi mesi prima, a Mori, la polizia e l’esercito avevano presidiato un comizio molto partecipato degli autonomisti e avevano quindi arrestato il segretario del movimento, Remo Defant, a causa della presenza di una bandiera tirolese. Tutto questo (e molto altro) accadeva dentro un quadro democratico ancora molto precario e mentre l’Europa iniziava a dividersi in blocchi.
Di quello che accadde nell’ultimo congresso dell’ASAR è dato sapere poco. I resoconti stenografici non sono giunti a noi. Sappiamo che Chiocchetti, in seguito alle intimidazioni subite, aveva mandato un telegramma in cui prendeva congedo dal movimento. Lui che ne era stato il collante. Flaminio Piccoli gli scrisse il 24 luglio per elogiare la scelta fatta.
Era evidente che per l’ASAR si era vicini alla fine. Che fare? Alcune persone (tra gli altri Clara Marchetto di Pieve Tesino e Alfonso Manica di Pomarolo) presentarono a sorpresa, benché la questione fosse nell’aria da tempo, una mozione che prevedeva di formare un partito unico per tutta la Regione con la SVP, chiamandolo Partito del Popolo Tirolese Trentino. Il programma politico-sociale doveva essere comune ai due gruppi etnici.
Una parte del congresso, non accettando questa proposta, abbandonò la sala della Filarmonica (i dissidenti diedero vita a un secondo movimento politico, Autonomia Integrale, guidato da Remo Defant). Il 53% dei presenti si espresse a favore della nascita del PPTT.
Il Partito del Popolo Tirolese Trentino si presentò alle successive elezioni regionali, le prime, del novembre 1948, in un clima non molto diverso da quello che si era registrato alle nazionali di aprile. Clara Marchetto, eletta consigliere regionale, fu oggetto di una campagna persecutoria da parte della stampa locale, in particolare, da parte della rivista “Panorami” (legata a Flaminio Piccoli), al punto tale che fu estromessa dal Consiglio regionale e riparò all’estero.
Quarant’anni dopo, il 17 gennaio 1988, il PPTT, anche in seguito alle divisioni che avevano visto contrapposti alcuni suoi esponenti, trovò una sua rinascita nel PATT (Partito Autonomista Trentino Tirolese).

Impossibile riassumere in poche righe settant’anni di storia e soprattutto farlo, da esponenti e sostenitori di questo Partito, in modo esaustivo. Qui preme ricordare un anniversario importante. Per affermare, senza paura di essere smentiti, che questa storia è una storia importante, di cui siamo orgogliosi. Che va oltre il Partito e rappresenta molto di più.
Non tanto e non solo perché sono pochissimi i Partiti che in Italia (e in Europa) possono vantare una storia così lunga: sicuramente lo possono fare la SVP e l’Union Valdotaine, mentre i partiti attualmente presenti in Parlamento hanno nella migliore ipotesi solo qualche anno anagrafico di vita.
Al netto di una storia ricca di avvenimenti, di vicende, di lotta (pensiamo ad Enrico Pruner ed altri, negli anni Settanta) e di governo (a partire da Andreotti e oggi con il Presidente Rossi), al netto dei momenti complessi che talvolta hanno caratterizzato la vita interna del Partito (che non sono certo mancati in passato), di certo stiamo parlando di una realtà che non è solo politica, ma anche culturale e sociale, che si identifica nelle due stelle alpine, che rappresenta un punto di riferimento preciso e protagonista fondamentale nella società trentina.

Se oggi il PATT è una forza che assume incarichi e responsabilità importanti e rappresenta la società trentina anche al di fuori dei suoi confini, lo è anche grazie alle donne e agli uomini che nel tempo hanno prestato le loro gambe e le loro menti, accreditandolo come un punto di riferimento.
Lo diciamo sia per ringraziare le tante persone che oggi per ragioni anagrafiche non sono più tra noi, ma anche coloro i quali a vario titolo hanno ricoperto in passato incarichi dentro il Partito contribuendo a farlo crescere e maturare.
Lo diciamo anche per ricordare a noi stessi che per lunghi decenni essere autonomisti, in Trentino, significava trovarsi in una posizione difficile, antagonista rispetto allo strapotere della Democrazia Cristiana (senza dimenticare le relazioni difficili con il Partito Comunista Italiano). Di sicuro è sempre rimasto costante un rapporto forte con la SVP: questo è uno dei tratti fondamentali del progetto di entrambe le forze politiche, affiancate non solo nelle competizioni elettorali ma nelle relazioni in tutti questi settant’anni.
Di sicuro possiamo affermare che senza il PATT, pensiamo anche agli anni di lotta, oggi ci sarebbe un’Autonomia diversa, più povera. L’assenza di forze politiche locali, territoriali e autonomiste avrebbe sicuramente riservato un destino diverso, peggiore, alla nostra Autonomia. Questo va riconosciuto e deve essere ampiamente riconosciuto, nel momento in cui si ha la consapevolezza che c’è chi da settant’anni presidia valori che oggi tornano di moda, o addirittura proposti come innovazione, quali “territorialità”, “civismo”, “popolarismo”, “autonomismo”.
Il contesto del 1948 era profondamente diverso da quello di oggi. Il popolo trentino di allora aveva subito pesanti ferite a causa delle guerre e dei nazionalismi. L’esperienza dell’ASAR, di cui il PATT deve continuare a farsi interprete, rimane a distanza di tanto tempo un progetto assolutamente attuale, ovvero quello di riuscire a raccogliere dentro un movimento politico, in modo inclusivo, tutte quelle sensibilità, diverse ma complementari, che accomunano i trentini dentro la parola magica dell’Autonomia. Che è innanzitutto un grande sentimento.

Lorenzo Baratter, consigliere provinciale e regionale PATT
Lorenzo Conci, coordinatore PATT Vallagarina